“Ladri di biciclette”. L’Italia di ieri e di oggiItaliani. La difficoltà nel rivedersi dopo 100 anni.

  “Lutto nazionale?!? Qua siamo ben oltre il ridicolo!!! Non mi risulta fosse un barcone di italiani!! [..]Il lutto nazionale mi auguro che sia per i 150 marocchi che si sono stati salvati e i 239...

“Lutto nazionale?!? Qua siamo ben oltre il ridicolo!!! Non mi risulta fosse un barcone di italiani!! [..]Il lutto nazionale mi auguro che sia per i 150 marocchi che si sono stati salvati e i 239 che non si sa che fine abbiano fatto!!”

Utente Facebook, 4 ottobre 2013

La difficoltà degli italiani di guardarsi allo specchio e di cercar di ricordare che cent’anni fa erano i nostri nonni a prendere d’assalto i vapori mercantili pur di scappare dal nostro Paese per tentare di sopravvivere. La difficoltà di accettare sé stessi e gli altri.

Un’italia sempre più intollerante e indifferente che oggi, a pochi mesi dalla fine di questo infausto 2013, è stata teatro dell’ennesima tragedia del mare. L’ennesima disgrazia già da tempo annunciata che di drammatico ancora una volta dimostra l’insofferenza e l’ipocrisia della maggior parte degli italiani. L’insofferenza dei mille e più “stati” di Facebook inneggianti all’odio e al razzismo o l’ipocrisia di chi soltanto per un giorno si è dimostrato a favore della cittadinanza e della salvaguardia dei diritti umani.

In queste ore di lutto nazionale e di sgomento per i 111 morti e 300 dispersi di Lampedusa nessuno si è risparmiato. Dai quotidiani più agguerriti ai più disonorevoli Onorevoli, dalla generazione “Hello Kitty” ai giovani studenti, tutti hanno utilizzato il già citato Social network per diffondere il proprio credo in merito, superficiale o profondo che fosse.
Ma le centinaia di discussioni nate nelle varie bacheche sono servite solamente, come si suol, dire a “dare fiato alle trombe”, quanto basta per poter affermare in un secondo tempo “io ho preso posizione”. Tutto a scapito di quelle migliaia di migranti (ne sono sbarcati ventunmila dal gennaio scorso) colpevoli soltanto di aver rincorso il sogno di una vita migliore, descritto il più delle volte in modo così ammaliante dalle nostre pubblicità occidentali.

Eppure lo siamo stati anche noi; ebbene si, siamo stati migranti. Abbiamo percorso centinaia di chilometri attraverso oceani e catene montuose, abbiamo dato vita a veri e propri quartieri italiani nelle più grandi città dell’epoca da New York a Shanghai. Siamo riusciti a creare quel trampolino di lancio che ci ha portato negli anni a lanciare il nostro più grande ed efficace slogan pubblicitario, il “made in Italy”. Siamo fuggiti non certo da guerre civili ma da nemici altrettanto pericolosi come fame, pellagra e malaria; abbiamo lottato contro l’indifferenza e gli stereotipi che ci dipingevano TUTTI come banditi, “pigia uva” e contrabbandieri e siamo riusciti a ricavarci quello spazio vitale che ogni persona al mondo dovrebbe avere di diritto.

Brasile, Svizzera, Argentina, Francia, Germania, Ecuador, Stati Uniti e tanti altri Paesi del mondo intero sono state le nostre mete. Ovunque nel mondo si può respirare un po’ di italianità, quell’aria di casa che solamente un vero italiano può riconoscere e apprezzare veramente.
Perché allora prendersela con un barcone di migranti? Perché accusarli di volerci portare via il lavoro e di volerci depredare delle nostre ricchezze quando siamo noi stessi i primi che quotidianamente e reciprocamente ci impegniamo per imbrogliarci?
Perché la via dell’odio e dell’ignoranza sono sempre le più facili e perché per un popolo che non si è mai saputo riconoscere unito riesce ancor più difficilmente ad accettare il diverso e più debole. Le soluzioni sarebbero tante, a cominciare dall’aiuto più consistente dell’Europa ma a causa delle nostre divisioni interne riusciamo a trasformare una semplice richiesta d’aiuto in una mera contesa legislativa dove il più forte è quello che riesce a scaricare la responsabilità sull’altro per primo.

E così Lampedusa e i cittadini siciliani diventano protagonisti di quelle immani tragedie che vengono consumate a poche miglia dalle spiagge dove le vere protagoniste sono tintarella e granatina. Diventano protagonisti così di veri atti di eroismo e solidarietà umana, di lacrime e sudore versati al chiaro di luna con il mare in tempesta.
Quello stesso mare che è la fortuna d’Italia sin dai tempi più antichi, quel mare che purtroppo non risparmia niente e nessuno, donne e bambini, migranti e bagnanti.
E noi siamo qui a discutere su delle inutili pagine di sproloqui e insensata voglia di aprire bocca se è giusto seppellirli o affondarli, lasciarli annegare o sparargli in spiaggia.

Questo non è il Bel Paese. Questa è purtroppo l’Italia del 2013.

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