Sono deluso. Matteo Renzi è cambiato, parla del nulla. Risponde in maniera vaga e con formule vecchie; non propone soluzioni precise; è contro, ma anche a favore; e poi ha l’aria di chi non ha dubbi di vincere le primarie. Prima non era così. Aveva soluzioni chiare a problemi complessi. Risposte precise a domande generiche. Era figo, prima, Renzi.
Forse le vincerà (le primarie). Forse. Ma questo Renzi è un ritorno alla vecchia politica, non a quell’innovazione che solo un anno fa caratterizzava la sua azione. Lui (Renzi) dice che una sua leadership nel Pd rafforzi il governo di Enrico Letta. Questa, e lo dico col massimo rispetto, è una cavolata. Letta e Renzi sono due prime punte incompatibili. O gioca uno o gioca l’altro. Uno predilige il gioco di squadra. L’altro punta più sull’estro del singolo giocatore. Moduli entrambi rispettabili, per carità.
Ieri a Bari e oggi da Lucia Annunziata, Renzi non dice niente di memorabile. A guardarlo in faccia si ha l’impressione che abbia perso l’aria da sognatore. Peccato! Non c’é nessun nuovo cammino che inizia: la strada é tracciata. Il nuovo Matteo è un leader del compromesso. Un leader logorato da una sintesi impossibile: quella del PD e nel PD. Non uguale al segretario uscente Epifani, ma nemmeno troppo diverso. Il Renzi di adesso è troppo distante da quel politico che alla fine delle scorse primarie diceva piangendo che ne era valsa la pena.
Il nuovo Matteo parla come l’onorevole Renzi. È un capo, ma non un leader. Un dirigente di partito che preferisce il compromesso al cambiamento e al coraggio. Un dirigente a capo di un correntismo debole orientato a minare la stabilità di larghe intese sempre più solide. Tra l’altro, ma questa é la mia opinione, un Renzi di compromesso rischierebbe non solo di perdere le primarie interne per la presidenza del consiglio (che comunque si faranno), ma anche contro un candidato – forse candidata – forte del PdL. Eh sì: che credibilità avrebbe, per l’elettorato tendenzialmente conservatore, il rappresentante unico delle varie anime del Pd? Nessuna.
Non ci siamo, Matteo. Non ci siamo sui contenuti. Non ci siamo sulla forma.