La scenografia è sempre la stessa, la gigantografia dell’aula parlamentare vista dall’alto; gli attori i soliti politicanti che affliggono l’Italia già da decenni; mentre il copione cambia di volta in volta in base agli interessi partitocratici del momento.
Oggi F-35 sì, domani no; oggi Imu sì, domani no; oggi fiducia sì, domani no.
Prendiamo ad esempio questa intervista fatta a Capezzone; o meglio, l’auto-intervista che si è fatto Capezzone. Già perché ormai è come alla fine delle partite di calcio: i giocatori sanno che prima di andare negli spogliatoi potranno rilasciare una dichiarazione ai microfoni dei cronisti che penderanno letteralmente dalle loro labbra.
Ma i calciatori non vedono l’ora che il giornalista li liberi per andarsi a riposare, sbiascicano un “giocato bene” e si vanno a fare la doccia. Mentre i nostri politici sono degli animali da palcoscenico, degli artisti, dei performer.
Il fuori onda integrale ripreso dal Fatto Quotidiano: http://bit.ly/1fZHQZC
Guardiamo l’esemplare Capezzone: si prepara, chiede alla troupe se sia pronta. Tutto pronto. Si riempie d’aria i polmoni, assume lo sguardo rapace per sembrare più credibile e parte con la solita solfa.
E poi ancora: altro microfono, altra intervista; altro giro, altra corsa. Si volta, prende fiato manco dovesse andare 200 metri sott’acqua in apnea e guarda il cameraman attendendo trepidante il suo ok.
Arriva l’ok: motore, ciak e vai con la seconda intervista.
Ma non passano neanche 10 secondi che squilla un cellulare. Mannaggia, tutto da rifare. Nessun problema per il nostro divo. Fa la faccia un po’ scocciata ma poi sorride e con una lieve inflessione romanesca che lo fa sembrare quasi umano chiede: “E qual è il problema?”
I membri della troupe tornano al loro posto, dalla regia arriva l’ok. Capezzone cambia faccia, torna serio, reimposta la voce e riparte con la tiritera.
Più impacciata la povera Laura Castelli che purtroppo dimostra la leggerezza del suo curriculum da attrice.
E’ appena arrivata a Montecitorio e sta facendo ancora la gavetta, è all’avanspettacolo. Non ha neanche un copione, improvvisa senza neanche un canovaccio, neanche uno slogan.
E poi non sa stare nei tempi: il giornalista si lamenta, l’intervista è durata 20 secondi, ben 5 in più del massimo consentito per il rancido “panino” quotidiano del TG della sera.
Il regista vorrebbe rifarla. La Castelli è spiazzata, non è abituata a ripetere come un robot le stesse cose dette un attimo prima. Un po’ imbarazzata lo guarda e chiede conferma che vada bene ridirle. Sì, certo, sempre le stesse; però più velocemente, sia mai che qualcuno abbia il tempo di capire cosa sta succedendo in questo Paese. E allora si va in scena di nuovo: secondo ciak, seconda intervista da 15 secondi netti.
Forse è proprio arrivato il momento di tirare giù il sipario…sul palcoscenico dell’informazione.
THE END