Ci mancava ‘o presepe. Dopo la conquista dei media – televisione su tutti – i cuochi hanno preso possesso pure del simbolo natalizio. L’ennesima legittimazione del peso sociale e del potere conquistati dai “signori dei fornelli” che si sono guadagnati un posto al sole – anzi, sotto la cometa – al pari dei calciatori, dei politici e degli attori. Così tra pastori e Re Magi, i protagonisti della cucina italiana sono stati trasformati in statuine di terracotta da Marco Ferrigno, uno dei maestri di un’arte che sotto il Vesuvio raggiunge il livello massimo. Il “Presepe degli chef” è stato scoperto nell’antico cortile dell’Hotel Bellini nel cuore storico di Napoli, in occasione del lancio del portale corteseway.it: l’idea è dell’imprenditore Maurizio Cortese, food writer per passione, che ha puntato su uno scenario della Napoli settecentesca.
In mezzo a un tripudio di materie prime (italian food?), compaiono in primis Don Alfonso Iaccarino – che ha tagliato il nastro dell’opera – e il figlio Ernesto. Ovvio giocavano in casa. Poi Antonino Cannavacciuolo, Ciccio Sultano, Enrico Crippa, Andrea Berton, Massimo Bottura, Carlo Cracco, Massimiliano Alajmo e tanti altri. Alcuni perfetti nella riproduzione, altri obiettivamente meno. Detto che da un terrazzino, i critici Enzo Vizzari e Stefano Bonilli discutono amabilmente, il tocco geniale di Ferrigno è dato dal cane di Iaccarino che fa pipì sulle scarpe rosse del buon Gianfranco Vissani, reo di aver “offeso” il Meridione affermando che il pomodoro è incompatibile con l’alta cucina. A dire il vero, pure Gualtiero Marchesi lo ha ripetuto più volte ma nel presepe ha le scarpe perfette. Rispetto per l’età o la carriera?