LIBRI LETTI TELEFILM VISTI FILM
Una vita da Lettore- Nick Hornby Dexter La Morte ti fa Bella
Senza Passato – Jess Walters The Bridge
Recentemente per nutrire questa rubrica sto leggendo e analizzando molto. E questo pensare aiuta a stimolare le celluline grigie (come direbbe il Poirot della Christie) per voi. Ecco cosa ho partorito qualche tempo fa per voi
In Una Vita da Lettore (The complete polysyllabic spree, 2006) di Nick Hornby (cui mi ispiro per la Forma, più che per la Sostanza di questa rubrica) ho trovato un’analisi impietosa e umoristica della letteratura britannica e americana (ma non solo). Si tratta di una raccolta degli articoli scritti per la rivista The Believer e precede l’analogo Sono tutte storie (More Baths, Less Talking, 2012), ed io ci naufrago letteralmente dentro, credetemi, è una summa filologica e didascalica della letteratura e, conseguentemente della società contemporanea. Dei miti della letteratura e degli autori sconosciuti, tutti sotto la lente e la penna impietosa e falsamente bonaria di Hornby.
All’interno di Vita da lettoreho trovato riferimenti ad autori stranieri molto interessanti, da Patterson a Harrys Rober senza dimenticare l’onnipresente Dickens (da segnalare l’analisi di David Copperfield pg 75), indimenticabile!
E fra gli autori segnalati da Hornby ho trovato questo autore noir Jess Walter col suoSenza Passato. L’ho cercato in libreria ed ordinato anche in versione tascabile (costerà più inviarlo alla mia libreria che comprarlo in un supermercato, trovandolo per errore). In Senza passato un ex malavitoso entra nel programma di protezione testimoni, e finisce a dirigere un bar notturno frequentato da papponi e prostitute. Continua anche a commettere piccoli reati, non riuscendo a convivere col suo passato oscuro. In realtà l’uomo vorrebbe cambiare vita, decidere addirittura per quale presidente americano votare (un po’ una metafora sul “quale uomo diventerò” una volta cancellato quello che ho sempre conosciuto), ma il passato torna, eccome se torna e la disillusione sul proprio Io oscuro torna sempre a galla. Mirabile la prosa veloce e secca, incisiva in terza persona, impietosa con la realtà americana urbana più degradata degli anni 80. Un tuffo in una narrazione senza fronzoli che si apre all’introspezione del protagonista, perfettamente oscuro e a tratti confuso su ciò che era, ciò che ancora è.
Non è un caso che leggendo il breve testo di Senza Passato, pubblicato nel libro di Nick Hornby, non abbia potuto non notare le analogie del protagonista di Walter con il nostro Dexter telefilmico.
Ed è forse per questo che la fissa di avere questo libro è diventato un piccolo punto fermo di queste settimane.
Dexter è arrivato alla Settima stagione, e che dire, c’era da tirare a lucido una serie che volge alla conclusione (l’ottava, attualmente su Sky è l’ultima stagione). Nella settima stagione che sto attualmente vedendo) il nostro Dex ritorna alle performance delle prime due stagioni. Oscuro, impietoso, schiavo del suo passeggero oscuro come il protagonista di Jess Walter.
Dexter Morgan non ha paura della mafia russa a cui ha fatto “uno sgarbo”, teme di più le invettive della sorella che ora “sa tutto” e che gli chiederà di “do what you do”, ovvero l’omicidio di Hanna Mc Kay, la femme fatale della stagione, di cui però Dex è innamorato. Addirittura si parla di “Chemistry” in Dexter, per definire l’Amore, quasi fosse una reazione fra fattori “che una volta messi insieme non possono separarsi”. Una citazione che ben riassume la tensione psicologica di Dex con gli esseri umani, a tratti repulsiva (con la sorella) o attrattiva, e per questa pericolosa, con la inadatta Hanna, avvelenatrice per interesse, ammaliante come una pianta velenosa. Nell’ottava stagione in onda attualmente su Sky, Dex è sotto l’occhio vigile di una dottoressa che conosce il vero lato oscuro di Dexter, in quanto contribuì a mantenerlo in vita e sotto controllo: si tratta della dottoressa Vogel, una straordinaria Charlotte Rampling. anch’essa oscura e inquetante, in grado di nascondere segreti dolorosi come quelli di Dexter, e pronta a tutto per far valere la tesi che gli omicidi possono essere “guidati”, che il nostro lato oscuro può essere imbrigliato e corretto. Ma è possibile davvero imbrigliare un lato oscuro? E cosa succede se a mantenere un lato oscuro è proprio una donna?
Se parliamo di donne inquietanti non possiamo non analizzare la protagonista di The Bridge, capolavoro estivo di Fox Crime, da poco passato sui canali Crime di Sky.
In The Bridge si racconta con una fotografia inquietante e simbolica i delitti “senza nome” che avvengono fra Messico e America, quella zona di passaggio, ben rappresentato da un ponte che collega le due nazioni e da cui passano clandestinamente e non, puttane in cerca di redenzione,malavitosi,spacciatori,emarginati, perseguitati. Trama secca, quasi esangue come nei migliori Crime. Ben scritto, ottimamente recitato e terribilmente REALE tanto è legato alla reale cronaca nera americana.
Diane Kruger (“Troy” e “Bastardi senza gloria”) interpreta Sonya Cross detective americana fredda e distaccata, incapace di mostrare alcuna forma di affettività per gli altri (forse perché scossa dalla morte violenta di una sorella).Dedita solo al lavoro, come Dexter, Sonya Cross di The Bridge è maniacalmente attaccata alle regole, e si troverà a collaborare con un Detective messicano Marco Ruiss (tutto lavoro e famiglia, scarsamente rispettoso delle regole MA NON per questo DISONESTO) su alcuni casi di morte violenta di giovani donne messicane, schiave della tratta di esseri umani che si svolge proprio al confine tra Texas e Messico. Si intrecciano così le vicende dei poveri emarginati messicani e quelle dei due protagonisti fra cui non c’è alcuna attrazione (così si evitano i cliché alla Bones) . I due rappresentano piuttosto un giusto confronto fra modelli opposti di legalità e visione del mondo.
Sonya Cross è così una sorta di Dexter “dei buoni”, petulante e dedita alla sua Missione (il Lavoro). Un’anima incapace di provare quella Chimica di cui parla Dexter, in quanto repellente ad ogni forma di contatto ed empatia.
Dunque, tutti abbiamo un Passeggero oscuro: c’è chi lo regola come Dexter, chi ci convive come Sonya di The Bridge e chi ci ride su.
Ne “La Morte ti fa bella”, capolavoro di Zemechis del 92, recentemente rivisto, ci si impunta sul nodo Bellezza=Ossessione, ma sullo sfondo c’è un perfido risvolto ironico sul Passeggero oscuro delle due protagoniste, Madeline Ashton ed Helen Sharp (interpretate da Merly Streep e Goldie Hawnn) che danno forma agli istinti più bassi di una donna, a quel Bisogno di amore, che nasconde anche bisogno di Acclamazione e Riconoscimento, sostenuto da una necessaria Perfezione a tutti i costi, che porta al necessario Calpestio del maschio, per la sopravvivenza e l’affermazione del proprio Io. Il cambio di aspetto, la tensione verso l’eterna giovinezza non è che un emersione di un Io inappagato, non troppo dissimile a quello di Dexter (che si sfoga col sangue delle vittime) e che nel caso delle due Signore, si risolve nella ricerca della Bellezza sempiterna. Si tratta di un’altra Ossessione come quella di Dex per il sangue. E questa oscura Perversione buca sempre lo schermo. Zemechis ci ride su, ma a pensarci c’è una certa tensione distruttiva nella Apparenza: per essa si uccide, o si muore (senza morire mai) piuttosto. E l’ossessione per l’Apparenza è proprio il feticcio del Passeggero oscuro delle due protagoniste, che le porterà alla dannazione, come per Dexter l’ossessione per la Morte.