Le foto con celebrità come Berlusconi, ai tempi dei social network, ma anche prima, sono feticci da mettere su Facebook (oggi) o in cornice (ieri). La maggior parte di questi scatti non sono destinati a lasciare una testimonianza nella storia, ma a raccontare le storie di chi vuole arricchire la propria immagine di senso, visibilità e importanza. Presenti inclusi, naturalmente.
Accostare la propria immagine a quella di un’autorità ci fa apparire (e sentire) più importanti. Pensate alla pletora di personaggi che, dopo il privilegio di un incontro con il Papa, mette in bella vista dietro la propria scrivania un’immagine incorniciata di quel momento. Pensate al tipo di sensazioni che provoca l’immagine del Capo dello Stato dietro la scrivania di tenenti, marescialli e colonelli. Oppure, semplicemente, pensate ai simboli religiosi e a come caratterizzano l’ambiente in cui sono presenti. E’ così: i simboli definiscono l’ambiente. Da sempre.
Tralasciando la sociologia e simbologia spiccia, un dato è incontrovertibile: Berlusconi fa foto con chiunque, da sempre. Vuoi per narcisismo. Vuoi per utilità. Narcisismo perché questo è il vero motore che muove il Cavaliere e su cui Berlusconi ha costruito un impero dell’immagine. Utilità perché nessuno, meglio di lui, conosce a fondo i meccanismi della comunicazione e sa quanto il passaparola (la forma di pubblicità più potente) si alimenti di queste piccole storie o scatti.
Prediamo un episodio recente. Qualche settimana fa, Berlusconi, si è recato con la sua compagna e altre persone presso il ristorante Baghetto di Roma. Dopo il dolce ordina un amaro. Prima di farselo servire, però, chiede al ristoratore la “cortesia” di scattarsi alcune foto con i clienti presenti nel ristorante. E allora via agli scatti. Quello con la supporter 19enne per cui Silvio è una sorta di divinità. Clic. Il tifoso della Juventus che ironizza sul Milan, ma che comunque non si vuole far sfuggire una foto con il Cavaliere. Clic. Qualche adolescente che vuole far vedere la foto agli amici e condividerla sui social network. Clic. E poi, naturalmente, adulti, adulatori, e ristoratori. Clic.
Foto da cornice, ieri; foto su Facebook, oggi. E’ storia. Chi segue Berlusconi o qualsivoglia leader sa bene quanto le fotografie siano all’ordine del giorno. Una domanda, però, è d’obbligo: secondo voi, il Cavaliere, di quante – tra quelle persone – si ricorda? Di quante, tra quelle persone, può dirsi amico? Probabilmente di nessuna, ma questo non conta.
Quel che conta è la foto tra Bruce Gordon e Silvio Berlusconi. Foto che serviva al presidente di Paramount per presentarsi agli investitori. A lui, non a Berlusconi. Naturalmente quella non era l’unica foto di Gordon con personaggi famosi, ma poco importa: una foto con il Cavaliere è una prova sufficiente a dimostrarne la colpevolezza. E poco importa che ad usarla per farsi bello agli investitori non sia il cavaliere, ma l’americano.
Facciamo un’ipotesi per assurdo. Il sottoscritto, un giorno, si mette d’accordo con un dirigente di una società di Berlusconi e trova il modo di truffare Berlusconi. Poi, dopo qualche anno, in un’indagine su tutt’altra cosa viene fuori che il sottoscritto ha truffato una società del gruppo Mediaset ed ha inviato i soldi su un fondo estero. A quel punto il giornalista, che fa il suo mestiere, ma che ne sa sempre una più del diavolo, ha un’intuizione che si trasforma subito in tesi accusatoria: non è il sottoscritto che vuole fregare Berlusconi, ma è Berlusconi che vuole fregare lo Stato. E allora via alla ricerca di prove e smanettando un po’ su Google viene fuori una foto del sottoscritto con l’ex premier. E allora ecco dimostrato il teorema: il sottoscritto è un prestanome di Berlusconi che risulta essere il vero evasore.
Berlusconi, pur prendendo atto della foto con il sottoscritto, ha due reazioni: fa mente locale e cerca di ricordarsi dove mi ha conosciuto; dopo averci pensato non si ricorda affatto. Naturalmente il mio ego ne resterebbe offeso, tuttavia ci sta che Berlusconi non si ricordi di uno con cui ha fatto solo una foto.
Il sottoscritto, ovviamente, non è il presidente di Paramount, ma son convinto che le tante foto che Berlusconi ha scattato in giro per l’Italia e per il mondo non possano dimostrare alcunché. Son convinto che se qualcuno facesse vedere all’ex premier la foto che feci con lui una decina di anni fa (trenta chili in più e un po’ di serietà in meno), non avrebbe la benché minima idea del mio nome, cognome e della mia professione. Son convinto che nello scrivere di Berlusconi ci siano eccessi di buonafede e di malafede. E poi, scusate una cosa, ma è mai possibile che con tutto quel movimento che c’era lì sotto, nonostante indagini, telefonate e testimonianze, non sia emersa una foto che mostri questo famoso bunga bunga?
Scusate se passo da un argomento ad un altro, ma non si possono usare due pesi e due misure. Se nel caso Paramount, le foto, dimostrano che Berlusconi mente, perché, nel caso Ruby, l’assenza di foto, non dovrebbe dimostrare che Berlusconi ha ragione? Soprattutto considerato il fatto che i bunga bunga furono tanti e che Berlusconi non fece mai sequestrare il cellulare alle proprie ospiti.
Ad ogni modo, caro Presidente, con tutto che politicamente, su molte cose, non sono assolutamente d’accordo con Lei, spero di poterla incontrare e collaborare ai suoi progetti presenti e futuri. In fondo, per chi come me fa comunicazione politica e aziendale, lei è guru e paraguru indiscusso. Ah sì: visto che la foto con lei già ce l’ho, non è che mi potrebbe scrivere una lettera di referenze da pubblicare su Linkedin?
Cordialmente,
Vito Kahlun