«È impossibile non fare uso di doping e arrivare nei primi 10 al Giro d’Italia». A dirlo è stato Danilo Di Luca, un ex corridore ciclista che di Giri ne ha corsi 10, vincendo nel 2007, arrivando 4° nel 2005 e 8° nel 2008. E che 2 volte è stato squalificato da quella gara: nel 2009, quando si era piazzato 2°, e nel 2013 (fonte Wikipedia).
Insomma, un esperto della materia. Tanto esperto che nel 2007 ha scontato una squalifica di 3 mesi perché aveva rapporti professionali con Carlo Santuccione, medico inibito dalla professione perché implicato in vicende di doping. Poi nel 2009 ha subito un’altra squalifica, stavolta di 15 mesi, per uso di Cera (un farmaco per anemici che aumenta l’ossigenazione del sangue) al Giro. Poi nel 2013 è stato di nuovo trovato positivo al doping, e stavolta radiato a vita perché recidivo.
Lo scorso 22 gennaio, Di Luca è apparso in televisione, in un servizio de Le Iene su Italia 1. E lì non ha risparmiato accuse – anche a se stesso, perché se è vero che non si arriva nei primi 10 al Giro senza doparsi, allora lui lo ha fatto in almeno altre 3 occasioni senza che i controllori lo beccassero.
Un’altra cosa che ha detto è che non soltanto i primi 10 della classifica, ma anche quasi tutti gli altri, cioè il 90% dei partecipanti, si dopa. L’intervistatore delle Iene ha tirato quasi un sospiro di sollievo, perché almeno un 10% di corridori sono in regola. Di Luca lo ha smontato, dicendo che a quel 10% «non interessa in quel periodo il Giro d’Italia, prepara altre gare e quindi non fa uso di doping»… così non corre il rischio di farsi beccare inutilmente.
Queste dichiarazioni le ha riportate, tra gli altri, Luca Gialanella su la Gazzetta dello Sport del 22 gennaio, in una pagina in cui c’era anche un’intervista fatta da Claudio Ghisalberti a Vincenzo Nibali, uno che nei primi 10 al Giro ci è arrivato 3 volte vincendo nel 2013 (qui la pagina della Wikipedia). Nibali è stato evidentemente scosso dalla notizia e ha detto di Di Luca: «Mi viene solo da pensare male, che è diventato un po’ cerebroleso».
La preoccupazione della rosea è grande, perché fa parte della stessa azienda che organizza il Giro oltre a diverse altre corse di prestigio. Se il ciclismo perde di credibilità a causa del doping, c’è tutto un sistema economico oltre che sportivo e culturale che rischia il collasso.
Un sistema che, peraltro, di Di Luca ha tentato di liberarsi – radiandolo a vita. Anche se è quasi ovvio che una persona che nel doping ha creduto nel corso della sua vita professionale, facendone uso almeno 2 volte, abbia la tendenza a giustificarne l’uso per tutti. Anche convincendosi che il doping non è come una droga «perché non si è dipendenti» (altra cosa detta da Di Luca alle Iene) e che «fatto in maniera corretta non fa male all’organismo».
Proprio tutto un altro modo, distorto e truffaldino, di vedere le cose.