Se guardiamo ai fatti, ad oggi, Renzi è il miglior alleato del Governo Letta e del PD. Ecco, appunto, guardiamo ai fatti. Governare, in Italia, vuol dire scendere a compromessi con i partiti medio-piccoli della coalizione, lasciando, talvolta, che siano proprio questi a determinare in quale direzione deve andare il governo.
Qualche esempio? Nel 2010, la Lega, vista la debolezza del Pdl a dettare al governo quale fosse l’azione da perseguire, è il vero traino dell’ultimo Governo Berlusconi. “É la prima volta nella storia repubblicana che il partito di maggioranza relativa non ha il Ministero dell’Interno”, dichiara un irritato La Russa alla direzione nazionale del Pdl di quell’anno. Sempre in quella stessa direzione afferma: “non credo che questo governo sia a trazione leghista, anche se a volte in termini di comunicazione può apparire così”. Sappiamo benissimo, riguardando a quel periodo, che l’ultimo governo Berlusconi fu un governo marcatamente a trazione leghista. Non solo in termini di comunicazione, ma questo meriterebbe un altro approfondimento.
Un esempio ancora più fresco? Quello del Governo Letta. Prima che Forza Italia uscisse dalla maggioranza di governo sappiamo benissimo quanto, il partito di Silvio Berlusconi, influenzò l’azione di governo. E’ facilmente dimostrabile che di quel periodo, ciò che gli italiani ricordano meglio, fu l’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Fino al 27 novembre quando venne ratificata (per così dire) la decadenza di Berlusconi e del sostegno di Forza Italia al governo.
Nel frattempo Angelino Alfano fa di testa sua e, con la solita compiacenza della stampa vicina al centrosinistra, si stacca da Berlusconi. Renzi, invece, da lì a poco avrebbe vinto le primarie.
C’è un problema: senza Berlusconi al Governo Letta manca una trazione forte. Angelino non ha il carisma per porre veti o influenzare rimarcabilmente sull’azione del governo. Matteo ancora non ha vinto le primarie e non ha ancora tutto il partito dalla sua. Enrico, invece, sa che puntare troppo sulla propria leadership, in Italia, è rischioso. La sua premiership, nello stile, è decisamente più pacata di quelle a cui siamo stati abituati negli ultimi anni. Anche il ruolo del premier, almeno per come è stato comunicato, non è più quello del comandante supremo che tutto decide, ma del leader attento alla voce di tutti, risolutivo e di poche parole.
Poi arriva Renzi. Anche lui leader, ma di stampo carismatico. Tralasciando letture, riletture, analisi ed editoriali, con l’arrivo di Renzi – per la prima volta negli ultimi 20 anni – abbiamo un governo che ha per trazione il suo partito di maggioranza. Mai, nella Seconda Repubblica, un Governo aveva avuto come baricentro della sua azione – almeno da un punto di vista comunicativo – il partito di maggioranza relativa.
Tutto, di fatto, ruota intorno a Renzi e dunque al Pd. E’ il sindaco fiorentino che, dalla posizione di forza di chi si finge forza di lotta (per così dire) e di governo, può mediare le decisioni che di fatto passeranno come risposte del Pd. E’ con Renzi che la partita del Governo Letta diventa davvero adrenalinica. L’attuale governo, di fatto, non gioca più la partita di chi cerca un minimo comune denominatore con i propri alleati, ma si siede al tavolo da poker sapendo di essere il chip leader. Un chip leader che può permettersi di bluffare, di rischiare, di vincere o di perdere. Un chip leader che, comunque sia, ora può giocarsi le sue carte.
La si può pensare come si vuole, ma di fatto Renzi è il miglior alleato del Pd e del Governo. Se le cose vanno bene il trionfo sarà del neosegretario e del partito democratico. Se le cose andranno male perché qualcun altro – non Renzi – staccherà la spina al Governo, il Pd potrà presentarsi alle urne con la credibilità di un segretario non accondiscendente verso il governo che ha fatto di tutto – senza eventualmente riuscirci – per cambiare il sistema.
Guardiamo ai fatti. Facciamo un po’ di future scenario planning: in questo momento, comunque vada, vince il Pd.
@vitokappa