Nuovi dettagli del cosiddetto “Italicum” sembrano via via emergere. E se è vero, come è vero, che una legge elettorale la si giudica proprio dai dettagli, occorerà conoscerli tutti, fino in fondo, prima di poter esprimere un giudizio complessivo e definitivo sul modello finora proposto.
In attesa dell’avvio dell’iter parlamentare, vi è ormai la certezza che il nuovo modello consista in un sistema proporzionale con riparto dei seggi a livello nazionale ed assegnazione degli stessi a livello di piccol(issim)e circoscrizioni di livello (sub)provinciale, attraverso un sistema di liste bloccate cortissime, con un premio di maggioranza da assegnare alla lista (o coalizione) più votata che abbia ottenuto almeno il 35% dei voti, con ricorso ad eventuale ballottaggio tra le prime due liste nel caso questo non avvenga.
Un’ottima legge elettorale, dunque, in quanto sembrerebbe garantire comunque una maggioranza certa, bipolarizzando la contesa per il governo del paese, come si confà ad una moderna democrazia maggioritaria occidentale, una democrazia competitiva e dell’alternanza. La possibilità per il cittadino di scegliere il governo “nelle urne” sembra inoltre accompagnarsi ad un rinnovato potere di scelta dei propri rappresentanti, grazie al sistema di assegnazione dei seggi tramite liste corte: pochissimi nomi, direttamente stampati sulla scheda a fianco del simbolo di lista, ben individuabili e riconoscibili. Insomma, non è l’optimum rappresentato dai collegi uninominali, ma è un sensibile miglioramento sia rispetto alle vergognose liste lunghissime del Porcellum sia ai numerosi e pericolosi svantaggi insiti nel voto di preferenza (rimando a questo mio breve articolo per un’idea).
Tuttavia, mantenendo l’attenzione proprio sui dettagli, nel marasma mediatico di internet, televisione e giornali non sono riuscito a comprenderne tre, che ritengo siano di fondamentale importanza.
Primo, la questione delle pluricandidature. Le liste del Porcellum erano pessime non solo per la loro lunghezza, ma anche per la possibilità di candidarsi in ognuna di esse, di presentarsi cioè in ogni circoscrizione. In caso di plurielezione dunque, ciascun candidato poteva scegliere dove risultare eletto, determinando così, con un complicato gioco di opzioni, gli eletti delle altre circoscrizioni. Le liste dell’Italicum, come detto, sono cortissime, ma nel caso fosse prevista la possibilità di pluricandidarsi, i leader nazionali potrebbero comunque sfruttarla, e questo non sarebbe affatto un bel segnale di rinnovamento.
Secondo, il destino dei voti dei partiti coalizionati che rimangono sotto soglia. La soglia prevista per l’ottenimento dei seggi per i partiti in coalizione è del 5%. Se però, nel caso un partito non la raggiunga, i suoi voti venissero comunque calcolati nel totale di coalizione per il raggiungimento del premio (come era nel Porcellum), allora le coalizioni rischierebbero di trasformarsi in contenitori extra-large, eterogenei e frammentati, con numerosi partitini arricchiti dal proprio potere di ricatto. Meglio dunque sarebbe scontare i voti dei partiti sotto soglia.
Terzo, la cosiddetta clausola “salva-Lega”. E’ evidente che chi pronuncia tale espressione allude ad un meccanismo che premia in qualche modo il risultato di una lista in ambito locale (un certo numero di circoscrizioni, ad esempio) a discapito di quello a livello nazionale; ma quale sarà, in concreto, questo meccanismo?
Se qualcuno conosce già questi dettagli (il testo dovrebbe essere depositato a breve) è certamente in grado di formulare un giudizio complessivo più fondato sul modello proposto dal segretario del PD, sul cosiddetto Italicum.
Perchè, voglio ribadirlo, una buona legge elettorale la si giudica soprattutto dai dettagli.
Twitter: @FrancescoPigno