Ogni buon satirico, o imitatore che sia, dovrebbe ricordare l’ammonimento di Christian Vulpius che nella sua modestia letteraria era riuscito però a comprendere che “Il satirico è un uomo la cui vita non è al sicuro, perché aiuta a mostrare la verità.”
La vita del satirico, ai tempi della tv e di internet, è messa oggi a repentaglio, e per fortuna, con quella forma di confino virtuale costituita dall’ostracismo televisivo o multimediale.
E di tutori del comune senso del pudore odierno se ne trovano molti, troppi. Personalmente credevamo che i vertici delle istituzioni avessero ben altre faccende in cui affaccendarsi, ma la moderna censura pare non riposare mai, ed è sempre prodiga di opere o rappresentazioni da mettere all’indice.
Da ultima, infatti, merita menzione l’attuale Presidente della Camera, Laura Boldrini, che si è presa la briga, udite udite, di dichiarare che la satira contro il Ministro Boschi (uso il neutro, perchè in italiano così si dovrebbe fare) è sessista.
Bene, quindi ricapitoliamo: la satira contro la Boschi che ne evidenzia l’avvenenza, a danno della competenza, non è ammessa.
Per parte nostra avevamo appreso, ancora in tenera età, che non dovrebbe ritenersi ammissibile lo scherzo che faccia leva su difetti fisici del destinatario. Ma la satira, si dovrebbe sapere, da sempre si nutre anche di questo.
Applicando la regola Boldrini, però, i divieti dovrebbero, per coerenza, esser ulteriormente estesi: vietato, quindi, al satiro prendere di mira la palese stupidità dell’imitato (a proposito: l’on. Razzi dovrebbe essere quindi salvaguardato dalla satira intelligentista). L’intelligenza, come la bellezza, sono attributi sui quali il governo spetta a madre natura, e quindi non sarebbe giusto e corretto sfruttare questi a detrimento dei meno dotati.
Non vi sarebbe spazio, poi, per la satira che prenda di mira la disonestà del ritratto: in virtù del principio di non colpevolezza il satiro dovrebbe quantomeno attendere la definitività della condanna (e quindi con la giustizia italiana stiamo freschi, ed i satiri stanno zitti).
Infine, non si potrebbe ritrarre in modo satireggiante l’orientamento politico: per una vignetta su D’Alema Forattini venne citato in giudizio e rimosso da Repubblica. Quanto qualche anno dopo l’allora Presidente del Consiglio Berlusconi spiccò una querela contro l’Unità, lo stesso D’Alema tuonò: è un segnale di regime, intollerabile che un Primo Ministro quereli un giornale. Peccato che D’Alema avesse chiesto il risarcimento del danno – che vale come una querela – a Forattini proprio mentre baffo d’acciaio occupava Palazzo Chigi. Stranezze dei principi morali.
Morale della favola: la satira dovrebbe essere vietata. Punto.
Perchè, ad esplicitare la logica sottesa al ragionamento della Boldrini, non vi potrebbe essere satira se non vi è parità di condizioni tra il ritratto ed il satiro. Ma siccome noi vecchi individualisti eccepiamo che tal presupposto è impossibile, perchè l’umana specie, cara Presidente, non è fatta con lo stampo, ma è composta da individui, ognuno diverso, unico, nel bene e nel male, va da sè che le condizioni che Ella pretende sono condizioni inesigibili.
Si sa, noi ragioniamo alla vecchia. Per il moderno progressismo della Boldrini, invece, il sol dell’avvenire porta con sè il buio della satira.
Tra qualche anno oltre alle mimose per l’8 marzo i Presidenti della Camera distribuiranno ai pochi satiri forse non ancora estinti o convertiti ad altre meno sediziose attività, matite colorate in ricordo del tempo in cui si poteva almeno dileggiare, e criticare, liberamente il potere.