La sfida al conservatorismo passa dal Senato

C'è una sorta di grande confusione che aleggia attorno alla tanto decantata riforma del Senato. Innanzitutto si sta parlando di “abolizione”, quando neppure nei programmi di Matteo Renzi non c'è qu...

C’è una sorta di grande confusione che aleggia attorno alla tanto decantata riforma del Senato. Innanzitutto si sta parlando di “abolizione”, quando neppure nei programmi di Matteo Renzi non c’è questa possibilità. Forse ad alcuni giornalisti e titolisti dei quotidiani e siti web più importanti una breve rinfrescata di lingua italiana farebbe piuttosto bene, in quanto grammaticalmente la parola abolizione significa proprio soppressione.

In questi giorni capiremo meglio che cosa il presidente del Consiglio e il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi intendono presentare nel disegno di legge di riforma costituzionale, anche se una prima bozza la si può già intuire. Superamento del bicameralismo perfetto, azzeramento indennità, trasformazione di Palazzo Madama da Camera elettiva a Camera delle Autonomie, con i sindaci e presidenti di Regione a discutere, senza percepire alcun stipendi, delle questioni territoriali. Naturalmente, come nella migliore tradizione italiana, c’è già chi alza già i primi paletti del conservatorismo, nonostante le carte non siano ancora state svelate.

E’ il caso del presidente del Senato Pietro Grasso, che ha prima parlato  in un’intervista a Repubblica, e poi ieri al programma “In Mezz’ora” di Lucia Annunziata. Per l’ex procuratore nazionale antimafia il Senato deve rimanere anche come camera elettiva, con un sistema proporzionale in una votazione congiunta, ovvero il voto per il consiglio regionale parallelo a quello di Palazzo Madama. Inoltre, sempre secondo Grasso, “se si tagliasse il 30% del numero dei parlamentari si risparmierebbe molto di più”.

Ora, non so che conti abbia fatto il presidente del Senato, ma basta già solo un veloce calcolo numerico per avere più di un dubbio su quest’ultima osservazione. Su un totale di 950 parlamentari (630 deputati, 315 senatori eletti e 5 senatori a vita), il 30% sarebbe inferiore al totale dei presenti a Palazzo Madama, senza contare che in proporzione il Senato è anche più costoso della Camera.

Il vero tema sarà poi le questioni sulle quali il nuovo Senato potrà legiferare, ma il punto di partenza da cui iniziare per intraprendere una vera riforma costituzionale è già molto traballante.

Il presidente del Senato si ricordi che uno dei tanti motivi dell’impasse italiana è stato proprio il bicameralismo perfetto, accentuato notevolmente in materia costituzionale con ben due approvazioni per ogni Camera. Si ricordi, inoltre, che in questo momento vanno dati segnali importanti, di fiducia alla gente stanca della classe politica.

 La trasformazione del Senato incrocia due obiettivi: iniziare una vera spending review anche del ceto politico e rendere meno burocratica ed eccessivamente pesante la macchina decisionale. Per cui avanti tutta presidente Renzi.

Lorenzo Pelliconi

@LorenzPellico

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