“La parità di genere sta nella Costituzione e nel Dna del Pd. (…) Noi donne del Pd non arretremo. (…) Mi chiedo come farà il Pd a presentarsi agli elettori nel giorno della Festa della donna dopo aver ceduto a questo ricatto di Berlusconi. (…) La parità di genere sarebbe un modo per correggere almeno in parte le liste bloccate, temperando il potere di scelta nelle mani dei partiti”.
Questi sono alcuni passaggi dell’intervista rilasciata a La Stampa da Rosy Bindi. Non faccio il processo alle intenzioni. Mi limiterò soltanto a dire che la Bindi pur di fare un dispetto a Renzi voterebbe con Berlusconi (altro che “aver ceduto a questo ricatto”).
Vorrei invece sottolineare, al netto dell’espressione “non arretreremo” (che, ammettiamolo, fa molto Inti Illimani), una questione di merito. Ma crede davvero la Bindi che col 50% di donne nelle liste si avrebbe de facto una parziale correzione del diktat dei partiti nella scelta dei candidati da presentare agli elettori? E chi le sceglie le donne “bloccate”, Topo Gigio? E poi, se il Pd ha davvero nel Dna la parità di genere di cosa si preoccupa, la Bindi? Vorrà dire che alle primarie vincerà il 50% delle donne. Non una di meno, ma neanche una di più”