Nonostante gli allarmi per le presunte svolte autoritarie, la riforma costituzionale approvata dal consiglio dei Ministri e sottoposta al dibattito parlamentare appare complessivamente efficace ed equilibrata per diversi motivi:
· rafforza il Parlamento perché concentra in una sola Camera l’approvazione delle leggi e il voto di fiducia, limita l’abuso dei decreti legge da parte del Governo, favorisce la semplificazione delle procedure legislative;
· rafforza l’Esecutivo perché potrà basarsi su una maggioranza certa (quella che emergerà dalla Camera) e potrà pretendere dalla Camera un iter rapido per i provvedimenti di iniziativa governativa;
· trasforma il Senato in una Camera delle Regioni integrando la rappresentanza generale con quella territoriale con un maggior peso per le istanze di Regioni e Comuni nell’architettura statale;
· ridimensiona la superfetazione del ceto politico grazie alla non elettività e al divieto di indennità per i membri del Senato e all’abolizione delle Province ed elimina rendite di posizione corporative ed enti inutili con l’abolizione del Cnel;
· fa chiarezza sulle competenze di Stato e Regioni con una distinzione più precisa tra legislazione esclusiva statale e residuale delle Regioni, evitando le sovrapposizioni di ruolo e i conflitti presso la Corte costituzionale.
C’è qualcosa che può essere migliorato nel disegno di legge costituzionale? Certamente sì, purché non vengano stravolti i paletti indicati dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Si può fare ancora parecchio, per esempio, sotto il profilo della partecipazione dei cittadini, forse il contrappeso più rilevante al rischio di abusi da parte dei poteri pubblici.
La seguente lista di integrazioni costituzionali è il frutto di anni di dibattiti nel mondo delle organizzazioni civiche ed emerge dalle esperienze di partecipazione diretta di almeno tre decenni.
· Eliminazione del quorum per la valutazione dell’esito del referendum abrogativo (art.75 Cost.). Com’è noto la legge prevede un procedimento già molto articolato per la raccolta di firme dei cittadini con controlli su firme dei proponenti e oggetto del Referendum da parte della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale. Sarebbe opportuno rendere valida la celebrazione del referendum senza riferimenti a quorum al fine di valorizzare la partecipazione dei cittadini che hanno aderito alla consultazione, specie in un momento storico in cui i tassi di astensione dal voto sono in aumento ma non vengono comunque sanzionati in caso di elezioni;
· Istituzione di referendum propositivo. Negli ultimi anni è emersa l’esigenza da parte dei cittadini di essere interpellati su quesiti non meramente abrogativi. D’altra parte, l’esperienza dei referendum costituzionali del 2001 e del 2006 ha avuto risultati molto interessanti. In tal caso, ovviamente occorrerebbe formulare una serie di norme a garanzia dei principi costituzionali, dei diritti fondamentali e della correttezza del procedimento.
· Petizione popolare sul modello europeo (art.50). L’istituto è già previsto dalla Costituzione, ma l’uso è limitato a causa della scarsa considerazione da sempre data allo strumento da parte del Parlamento. La petizione dovrebbe essere depositata presso una commissione parlamentare esplicitamente competente con l’obbligo di avviare un iter certo di approfondimento fatto di: indagine preliminare, offerta di informazioni, deferire la petizione ad altre commissioni del Parlamento con richiesta di informazioni o di ulteriori azioni, elaborazione e presentazione di una relazione completa al Parlamento da sottoporre a votazione in Aula o al Governo come strumento di sindacato ispettivo, pubblicazione finale di osservazioni e raccomandazioni, risposta adeguata al firmatario della petizione.
· Obbligo di risposta in caso proposta di legge di iniziativa popolare (art.71 Cost.). Benché siano già previste dalla Carta fondamentale, rarissimamente il Parlamento ha approvato leggi di iniziativa popolare. Per questo motivo sarebbe opportuno prevedere una forma di garanzia per l’iniziativa adottata dai cittadini attraverso un obbligo di risposta in tempi brevi e certi (per esempio, entro 12 mesi dal deposito del progetto di legge) da parte della Camera con l’eventuale illustrazione dei motivi che hanno portato alla mancata approvazione del provvedimento;
· Difensore civico eletto dai cittadini tra i propri rappresentanti. Com’è noto in Italia la difesa civica è molto debole, nonostante i tentativi di imitazione di altri ordinamenti. Il difensore civico è istituto interno alla PA e, soprattutto, è selezionato con criteri compensativi nell’ambito del ceto politico e burocratico. Per motivi economici è stato soppresso di recente l’istituto a livello comunale, mentre esiste un coordinamento dei difensori civici regionali presso la Conferenza delle assemblee legislative. Sarebbe utile, viceversa, costituzionalizzare questa figura per affermarne indipendenza e centralità nella tutela di diritti e libertà personali dei cittadini dagli abusi eventualmente compiuti dal governo nello svolgimento delle sue mansioni. Una figura di garanzia che ha l’onere di vigilare sull’operato del governo e sul funzionamento della pubblica amministrazione, a condizione però che sia eletta direttamente dai cittadini all’interno di una rosa di candidati qualificati e provenienti da esperienze nell’ambito di organizzazioni dei cittadini.
· Valutazione delle politiche pubbliche e dell’impatto delle leggi. Si tratta di una competenza esplicitamente attribuita al nuovo Senato dal ddl costituzionale del Governo. Servirebbe, in generale, un maggiore approfondimento di questa prerogativa con una particolare attenzione ai processi in atto in ambito regionale (Progetto Capire). Ai fini di un maggiore peso dei cittadini, poi, potrebbe essere utile immaginare procedure esplicite e formali per il coinvolgimento diretto delle organizzazioni dei cittadini nei lavori del Senato.
· Senato delle Autonomie e articolo 118 u.c. della Costituzione. Per completare il funzionamento della nuova architettura costituzionale – per garantire efficienza, efficacia e accountability delle istituzioni della Repubblica ai diversi livelli indicati dall’art. 118 – il nuovo Senato delle Autonomie potrebbe diventare il luogo per la verifica dell’attuazione dell’articolo 118 ultimo comma attraverso attività di analisi e di rendicontazione periodica.
Ovviamente, questa è una prima lista che potrebbe essere ulteriormente arricchita. Piuttosto che su ingiustificati allarmi di ‘deriva autoritaria’ sarebbe bene che il dibattito sui contrappesi e sulle garanzie si concentrasse però su proposte concrete come queste. Solo da integrazioni di questo tipo può emergere un rafforzamento del ruolo dei cittadini nelle Istituzioni riformate.