“Il Mediterraneo com’era una volta” recitava lo spot che la Croazia aveva prodotto per convincere anche noi italiani a passare le vacanze lì. Ora, sarà la crisi economica o le pressioni delle compagnie petrolifere, la Croazia decide che il Mediterraneo può rischiare di non essere come una volta. Infatti pare si stia accordando per attivare nuove piattaforme per l’estrazione di petrolio e gas. Un’opzione che in Italia finora è stata scongiurata grazie alle battaglie ambientaliste ma che ora vede davanti ai suoi occhi realizzarsi la seconda beffa.
La decisione croata mostra palesemente le debolezze delle decisioni nazionali per quanto riguarda l’ambiente, la tutela dei mari e delle coste. L’Unione Europea, a cui la Croazia ha aderito da poco, non può solo delegare agli stati nazionali le decisioni per territori che uniscono più stati, soprattutto se le decisioni di uno Stato possono provocare danni ad un altro, proprio come sarebbe in questo caso.
Le multinazionali petrolifere non vedono l’ora di accedere all’Adriatico, un mare poco profondo e poco pericoloso, nel bel mezzo dell’Europa. La Croazia sta diventando in questo momento l’ariete per queste corporation, la conferma è il tentativo in Italia di convincere i cittadini che è arrivato il momento di trivellare anche le nostre acque. È l’ex presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi che spinge, con un editoriale su Il Messaggero, in questo senso. “Mi rendo evidentemente conto che tra le mille ragioni ve ne sono parecchie che debbono essere prese seriamente in considerazione perché la sicurezza e la protezione dell’ambiente sono per tutti una priorità. Il principio di precauzione ha la precedenza su tutto” afferma Prodi nell’editoriale. Sembra che 4 anni siano bastati per far dimenticare il disastro accadauto nel Golfo del Messico alla piattaforma Deepwater Horizon, con morti, feriti e la distruzione degli ecosistemi (con danni valutati in miliardi di euro) in un mare ben più aperto dell’Adriatico.
L’ex “premier” parla di depositi di gas ma anche di petrolio tra la Sicilia e Malta, affermando che ci vorrebbe qualche anno prima di veder prodotti i primi barili di greggio. Il petrolio inquina sia per l’uso che per l’estrazione e ormai è energia fossile simbolo del passato ma si vuole assumere il rischio di rovinare un mare di un territorio che vive del connubio mare/turismo per avere in futuro qualche quota di oro nero da vendere o tenere in riserva.
Il direttore dell’Huffington Post Italia, Lucia Annunziata, ha deciso di contattare Prodi per qualche domanda sul suo editoriale e le sue posizioni. A questo punto è utile far sapere ai lettori delle informazioni che possono non aver influito sulle posizioni di Prodi e sull’intervista della Annunziata ma almeno il cittadino ne è consapevole e si può fare un’idea più articolata della situazione.
Di cosa sto parlando?
Da presidente del Consiglio Prodi abbia proposto nel 1997 l’onoreficienza del Gran Cordone per il discusso presidente kazako Nazarbayev. Nel 2000 l’Eni partecipa allo sfruttamento di un giacimento in Kazakhistan. Il Fatto Quotidiano, riportando notize da Spiegel, afferma che l’ex premier italiano abbia ricevuto un lauto stipendio da Nazarbayev, come altri ex leader politici europei come Blair e Schroeder.
Huffington Post Italia ha tra gli sponsor proprio l’Eni (fonte New York Times) e il suo direttore Lucia Annunziata ha diretto per quattro anni la rivista Oil, trimestrale sul mondo del petrolio, del gas e dell’energia del gruppo Eni.
Un’informazione ben oliata, verrebbe da dire, per spingerci ad accettare che il futuro del mare Adriatico non può che essere quello delle trivelle anziché rilanciare le energie rinnovabili, il risparmio energetico e il turismo, settore ormai in pasto a chi vuol cementificare senza investimenti su innovazione e cultura. Una spinta che arriva a un mese dalle nomine delle società partecipate dello Stato, che vede in Eni i nomi di Emma Marcegaglia per la presidenza e Claudio Descalzi come amministratore delegato, con una carriera ultratrentennale in Eni.