Il rischio ‘grande coalizione’ c’e’. Parliamo delle elezioni europee in arrivo, e di un rischio che ‘Giovine Europa Now’ ha gia’ anticipato (‘Grande coalizione…dimenticata dai politologi?, 26 Aprile 2014, http://www.linkiesta.it/blogs/giovine-europa-now/grande-coalizionediment…), considerandolo un aspetto chiave della politica (e quindi della politologia) europea di oggi. Anche i numeri – quelli dei sondaggi – sembrano confermarlo. Ogni futura grande coalizione e’ collegata ad altri due aspetti, altrettanto preoccupanti: l’astensionismo (che potrebbe diventare il ‘primo partito’) e l’euroscetticismo che, insieme alle correnti eurocritiche, a destra come a sinistra, potrebbe ottenere un ottimo risultato. I cittadini europei sono stanchi e delusi, e dunque o non votano o votano forze di rottura, anche quando la rottura e’ poi piu’ retorica che reale. Vediamo i principali problemi uno per uno.
Gli ultimi polls sono del 16 maggio, e confermano un trend iniziato a febbraio e assai difficile da invertire; nessun partito da solo raggiungerebbe il 30% di voti e seggi. I Popolari di Juncker (EPP, 36.5% alle elezioni 2009), hanno ottenuto al massimo il 29.6% in un poll del 16 Aprile. I Socialisti di Schulz (PES, 25% cinque anni fa), sarebbero accreditati al massimo di un 30.1% (10, 17 e 24 marzo). I Liberali di Verhofstadt, piu’ che fare da ‘ago della bilancia’, devono stare attenti a difendere l’11.4% raccolto nel 2009; molto probabilmente non ce la faranno. A destra non restano che i Conservatori (ECR), perlopiu’ euroscettici inglesi, cechi, e polacchi. A sinistra, verdi e soprattutto la Sinistra Unita (EUL) potrebbero andare bene (anche piu’ del 7% per questi ultimi), ma qui siamo gia’ in area euro critica (o euroscettica, per i verdi scandinavi). Insomma, se la matematica non e’ proprio un’opinione, un’alleanza stabile non e’ affatto in vista, ne’ a destra ne’ a sinistra. E allora?
E allora, grande coalizione. Schulz e Juncker appassionatamente insieme, magari anche con Verhofstadt. Ora, gia’ questi nomi non dicono molto ai cittadini europei, vuoi per ragioni di anagrafe politica (Juncker e Verhofstadt), vuoi perche’ poco conosciuti (Schulz non ha mai avuto ruoli importanti, prima di diventare presidente dell’Europarlamento). I cittadini europei inoltre vogliono risposte concrete, non trame bizantine (non ce ne voglia il ben piu’ efficiente impero di Bisanzio!) da corridoio, o alchimie che in fondo nasconderebbero l’ombra della Grosse Koalition tedesca. E basta con la retorica del Sud Europa! Ci rendiamo conto che in Svezia e Finlandia la disoccupazione e’ stimata tra 8 e 9 per cento? Quanto all’Eire, ‘modello’ di recupero secondo le agenzie di rating, a Marzo 2014 il tasso di senza lavoro sarebbe 11.8%. Poi c’e’ la success story polacca, dove (dati Economist) i senza lavoro sarebbero 13-14%. Aspettiamo il turno della Germania allora…
Le grandi coalizioni tendono a uccidere lo spirito di competizione che anima una democrazia dinamica, oltre al problema di accountability gia’ ricordato. Aumentano poi i rischi di collusione, spartizione delle cariche, burocratizzazione. E’ importante tenere bene a mente tutto cio’, anche perche’ i media tendono a presentare le elezioni europee in termini nazionali, della serie Renzi contro Grillo contro Berlusconi, un aspetto che naturalmente trascura il fatto che in un’epoca globale ben poco puo’ essere risolto dai singoli Stati, a meno che si chiamino USA o Cina (e in fondo neppure li’).
Una ‘grande coalizione’ potrebbe anche essere causa ed effetto di un altro rischio preoccupante, quello di un elevato astensionismo. ‘Causa’ perche’ i cittadini disillusi (specie in Europa del Sud) potrebbero sempre piu’ percepire l’inutilita’ del voto. ‘Effetto’ perche’ a pagare di piu’, in caso di elevato astensionismo, sarebbero i partiti tradizionali, che non hanno saputo rinnovarsi e in fondo fare i conti con l’eta’ globale. Secondo dati francesi (si veda Le Monde Diplomatique di maggio), l’astensionismo e’ piu’ elevato tra giovani, disoccupati e precari. Cio’ e’ comprensibile, ma anche tragico. Chi piu’ ne avrebbe bisogno, meno si fa sentire. Ad esempio, alle municipali francesi del 2008 (gia’ un po’ lontano nel tempo), meno delle meta’ degli studenti ha votato. Ma non dovrebbero essere una forza di avanguardia? Sono numeri disturbanti, a dire poco.
Occorre pero’ capire piu’ a fondo perche’ i cittadini europei potrebbero astenersi in gran numero. Si sentono delusi dalla politica in generale o dalla UE in particolare? Quest’ultimo aspetto ha piu’ senso in paesi (Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Cipro, in parte Italia) colpiti dal cosiddetto rigorismo europeo. Resta vero pero’ che in questa tornata non mancano certo forze euroscettiche (o direttamente antieuropee) ed eurocritiche, ossia alla ricerca di un’Europa migliore. Perche’ dunque astenersi? Non si crede piu’ nel progetto europeo in quanto tale?
In effetti, di anti Europa ce n’e’ gran copia. In Regno Unito, il rumoroso UK Independence Party di Nigel Farage, che chiede l’uscita di Londra dall’UE, potrebbe addirittura vincere le elezioni. Lo stesso vale per l’ancora piu’ reazionario Front National di Marine Le Pen in Francia, che e’ piu’ concentrato su politiche anti Euro e anti immigrazione, e promette ‘Stato sociale’ (per i francesi bianchi?). Grecia e Ungheria potrebbero persino mandare a Bruxelles forze piu’ o meno neonaziste – Alba Dorata e Jobbik. Altri gruppi pero’, da Grillo alla sinistra di Tsipras, propongono un’Europa ‘diversa’, piu’ critica e focalizzata su diritti e aspetti sociali; un’Europa che prenda le distanze dal neoliberismo pro-USA di oggi. Forze politiche a parte, questo e’ un punto importante. Vale la pena buttare via un progetto europeo che in fondo e’ nato con obiettivi politici di pace e democrazia, prima ancora che di sviluppo economico – men che meno nella forma selvaggia del neo liberismo di oggi? Come si comporteranno i cittadini europei? Questa volta, chi e’ contro il progetto europeo ha strumenti per votare. Se non lo fa, forse si aspetta un’Unione diversa, e non si fida neppure dei partiti Euro critici. Attenzione pero’, perche’ il rischio vero, a giochi fatti, e’ quello di un’ennesima e stagnante ‘grande coalizione’. Quest’ultima rischierebbe di essere una caricatura, un ‘copia incolla’ della sua versione tedesca, che da eccezione e’ diventata ‘norma’ in non pochi paesi europei. Occorre stare attenti. E’ un passaggio delicato, e richiede scelte coraggiose.