Vivere liberiLa conferenza stampa di Beppe Grillo e i papareporter

Milano, 13 maggio 2014, ore 15:20, 40 minuti alla conferenza stampa di Beppe Grillo a Milano. Un nugolo di giornalisti, fotografi e cameramen si mettono in fila per accreditarsi davanti alla discot...

Milano, 13 maggio 2014, ore 15:20, 40 minuti alla conferenza stampa di Beppe Grillo a Milano. Un nugolo di giornalisti, fotografi e cameramen si mettono in fila per accreditarsi davanti alla discoteca Le Banque. Comincia a piovere, via Bassano Porrone esplode e i cronisti si lamentano: “Ma proprio in una viuzza così piccola la doveva fare?!” La location è una banca dissacrata a pochi passi dalla sede dell’EXPO della corruzione dove Matteo Renzi sta cercando di salvare la faccia prendendo le distanze dai compagni G e Q come l’anno scorso fece Bersani con la faccenda Mps (“Vi sbraniamo!” diceva).

Ore 15:30. La tensione sale: la pista comincia a riempirsi, sulla scrivania vengono posizionati una dozzina di mircofoni; dietro alle sedie una trentina di telecamere, 3 in più dell’incoronazione del Papa. “Fermo, quello non lo toccare!” urla isterico uno dei tecnici quando un omologo di un’altra tv sfiora appena il suo microfono. Per poco non vengono alle mani.

Ore 15:43. Continua ad arrivare gente: si passano cavi, si fanno sound check, si ricaricano le batterie delle fotocamere, ci si connette a ponti radio, reti wi-fi, uplink satellitari. Ma ancora non c’è nessuno su cui puntare i cannoni mediatici. “Forse ci ha radunato tutti qui per farci fuori…” suggerisce un fotografo al collega. “Sì, probabilmente vuole gassarci!” risponde l’altro.

Ore 15:51. Dalla consolle del DJ arrivà un urlo: “10 minuti! 10 minuti!” Come le formiche di un formicaio nel quale un bimbo pestifero ha appena ficcato un bastoncino, i nostri papareporter impazziscono e corrono ai posti di combattimento armati di qualsiasi dispositivo di acquisizione oggi disponibile in commercio.

Ore 16:03. Si accendono i riflettori, si sente un boato, poi la ressa. Tutti puntano le telecamere da una parte ma i 5 stelle entrano dall’altra. Urla, grida, calci, spintoni. Tutti si accalcano vicino al tavolo per fotografare anche l’interno del naso di Beppe Grillo e magari pubblicare lo scoop del secolo: una caccola in fuorigioco.

Ore 16:26. “C’è una rapina in corso! Siamo in guerra!” ricorda Beppe riferendosi allo scandalo di Expo e alla corruzione che sta disintegrando questo Paese. Ma ai giornalisti non interessano i contenuti e le uniche raffiche che si sentono sono quelle delle reflex che scattano decine di foto al secondo.

Ore 16:42. Si stacca il poster del Movimento “Sotto Expo si nasconde di tutto”, alcuni consiglieri regionali cercano di riattaccarlo e i paparazzi spostano subito l’obiettivo su di loro. Poi Beppe chiude gli occhi per una frazione di secondo, quanto basta per riempire le memory card con altri giga mentre solo 2 o 3 giornalisti prendono appunti su un block notes.

Ore 16:58. Question time. La giornalista della Gabbia si attacca con quello del TG3: “Ce l’ho io il microfono, ora tocca a me fare la domanda!”

Ore 17:16. Beppe sbotta: “Questa stampa fa schifo!” Dal fondo della sala arriva allora la ripicca di qualche tv: “Chiudi, stacca tutto!”

Sì, meglio smontare, spegnere tutto, stendere un velo pietoso sul mondo dell’informazione ormai alla deriva. Perdono copie, perdono abbonati, perdono soldi e non capiscono perché. I settimanali non li legge più nessuno, tra un po’ ci pagheranno loro per farceli leggere e tenere alta l’audience di cui hanno bisogno per continuare a vendere gli spazi pubblicitari. I quotidiani sono in picchiata: la tiratura è un terzo rispetto a quella di 10/15 anni fa. E anche sul digitale le cose non vanno tanto meglio: meno spazi e di minor valore, quindi meno ricavi.

Forse non possiamo e non potremo mai fare a meno dei mass media, ma certamente potremo fare a meno di giornali di gossip, tabloid travestiti da autorevoli testate giornalistiche di proprietà dei soliti noti: banche, (im)prenditori e finanzieri che li usano come i loro uffici stampa personali. Certamente potremo fare a meno di questo giornalismo, di questi paparazzi camuffati da reporter che non sanno neanche scrivere in italiano, figuriamoci riportare le notizie. Mio nonno era un giornalista, mio padre e mio zio sono giornalisti ma io per fortuna faccio un altro mestiere altrimenti a quest’ora mi vergognerei di avere dei colleghi come la maggior parte di quelli che ho visto alla conferenza stampa di ieri pomeriggio.

Se vorrete mantenere il vostro lavoro, dovrete ripensarlo daccapo e dovete cominciare da subito: siete già in tremendo ritardo.
E’ necessaria una moderna legge sulla diffamazione: se scrivi cazzate, devi essere punito, e subito.
Inoltre bisogna fare in modo che gruppi finanziari che hanno interessi prevalenti in altri settori non possano controllare i media: solo gli editori puri devono poter possedere mezzi di informazione.
Servono organi di stampa ad azionariato diffuso, in cui ogni socio non possa avere più di una certa percentuale di controllo e in cui la linea editoriale debba essere perlomeno validata o approvata dai giornalisti.

Basta inseguimenti in auto alla Bo e Luke, basta appostamenti sotto casa alla Starsky e Hutch, basta dossier su calzini e mutande: vogliamo sapere cosa diavolo sta succedendo in questo Paese, vogliamo avere un punto di vista alternativo, una stampa che diffonda le notizie invece che rituittare i piani industriali dei loro proprietari.

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