Juncker è l’uomo giusto per la presidenza della Commissione Ue?

  Mercoledì 9 luglio, Jean Claude Juncker completerà il suo tour dei gruppi al Parlamento europeo, per cercare di consolidare la maggioranza che lo dovrà sostenere nei prossimi 10 anni.  “Decisione...

Mercoledì 9 luglio, Jean Claude Juncker completerà il suo tour dei gruppi al Parlamento europeo, per cercare di consolidare la maggioranza che lo dovrà sostenere nei prossimi 10 anni.  “Decisione presa – aveva twittato Herman Van Rompuy – il Consiglio Europeo propone Juncker come prossimo presidente della Commissione Ue”. La palla è così passata al Parlamento Europeo, che martedì 15 luglio dovrà votare la fiducia al candidato lussemburghese: resta più aperta che mai la domanda: è Juncker l’uomo giusto per la Presidenza dell’esecutivo europeo? Dipenderà ovviamente da come avrà intenzione di affrontare le principali sfide che la nuova Commissione Ue si troverà davanti: a cominciare dalla rottura con le insostenibili politiche di sola austerità, fino alla definizione del Pacchetto Clima ed Energia 2030 o delle priorità della politica di immigrazione e del Trattato con gli Stati Uniti. Il punto decisivo per il prossimo Presidente sarà dimostrare che l’UE può ancora avere un ruolo positivo nella soluzione della crisi economica e sociale di una parte importante della UE. Superando magari la pratica della “troika”, simbolo più nefasto, inefficace e crudele delle ricette Merkel/Barroso degli ultimi 5 anni e della dottrina controproducente dei tagli alla spesa pubblica come unica strada per uscire dalla crisi. Nelle sue “priorità per la Presidenza” (1), Juncker parla della necessità di affiancare alle politiche di stabilità una valutazione sul loro impatto sociale, ma questo non indica la volontà di davvero cambiare strada, né presenta una proposta d’insieme di uscita dalla crisi, a parte l’indicazione un po’ del “digital single market” come grande iniziativa da prendere per creare innovazione ed occupazione (chissà perché poi solo il Digital single market…). Un modo per segnalare una rottura rispetto al passato sarebbe senz’altro quello di attaccare l’evasione e l’elusione fiscale. È evidente che con 1.000mld di euro (2) di evasione e di frode fiscale all’anno ogni “taglio” alle spese sociali pare un vero delitto. La Commissione Barroso non ha mai davvero agito con decisione su lotta ai paradisi e all’evasione fiscale (siamo ansiosi di scoprire come Jucker intende affrontare questo problema) e in fondo nemmeno sulla Tassa sulle Transazioni Finanziarie (FTT), nonostante la sua positiva proposta iniziale: sarà bene precisare che da un progetto che voleva arrivare ad ottenere più di 100mld di euro all’anno oggi siamo finiti, anche per il ruolo molto negativo che hanno giocato al riparo da ogni controllo dell’opinione pubblica Francia e Italia,  a 5mld, un’inezia.

Un secondo tema fondamentale dei prossimi mesi dell’Ue sarà l’energia. Non che Juncker non ne abbia tenuto conto, anzi, si legge nel secondo punto delle sue “Priorità” che darà la necessaria importanza all’Unione europea per l’Energia, insistendo molto sulla necessità di spingere sulle energie rinnovabili e questo è positivo, visti la costante azione di delegittimazione in atto. Ma tace sull’efficienza energetica, e invece è proprio da una politica ambiziosa in questo settore che si potrà fare la differenza. L’Ue ha un appuntamento al quale deve arrivare preparata, la COP di Parigi 2015, ultima fermata per rilanciare un accordo multilaterale su dopo Kyoto. Juncker afferma che dobbiamo ridurre la nostra dipendenza energetica, ma è pronto a far cambiare rotta alla Commissione e rimettersi all’avanguardia della battaglia sul clima che, come lui stesso dice, rappresenta anche una grande sfida di politica industriale oltre che la migliore garanzia per  la nostra sicurezza energetica? O si adatterà all’idea  di Donald Tusk, il primo Ministro polacco, di nascondere dietro il pomposo titolo di UE per l’energia un centro di acquisto comune europeo per comprare il gas dalla Russia, rinunciando, con la scusa dell’opposizione di USA e Cina, a una vera battaglia ai negoziati sul Clima a Parigi?

Un’altra importante prova per Juncker sarà il suo modo di gestire il negoziato con gli Stati Uniti. Pur se questo non dipende solo da lui, Juncker può andare molto lontano nell’assicurare una reale apertura e trasparenza su cosa davvero si sta negoziando: e questo sarebbe davvero un segnale di discontinuità, non solo nella politica, ma anche e soprattutto nel metodo di “fare” l’Europa. Infine, l’immigrazione e i diritti, dentro e fuori i confini della UE. Non basta Frontex: la gestione delle frontiere esterne è solo uno dei temi sui quali è necessario agire: nonostante la Lega e gli altri euro-rompiscatole urlanti, solo la definizione di regole chiare e rigorose per un’immigrazione legale, la revisione della Convenzione di Dublino sulle regole sull’asilo e l’applicazione della protezione temporanea di chi scappa dalla guerra per rispondere ai mercanti di morte potranno aiutarci a non continuare con lo stillicidio delle morti nel Mediterraneo. Corredata naturalmente con una politica di vicinato e una rete di accordi con i paesi da cui provengono in particolare i migranti del Nordafrica, possibilmente non basati sul dogma del libero scambio che ammazza la produzione locale e ingrossa le file di chi non trova alcuna prospettiva di lavoro nel proprio paese, come ben dimostra l’accordo con il Senegal. Sono molti altri i temi che la Commissione e il suo nuovo Presidente si troveranno ad affrontare nei prossimi anni. Ma dal modo in cui Juncker deciderà di affrontare austerità, energia, TTP e migrazioni dipenderà molto della capacità della UE di rispondere a euroscettici e euro-delusi. Che sono oggi un numero troppo elevato per permettersi di ignorarli o illudersi di tenerli fuori dai giochi.

 Il dibattito con i Verdi (9h/11h30) é disponibile in streaming http://www.greens-efa.eu/ec-presidency-12551.html

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