Ogni volta che il cielo dell’economia europea si incupisce di più del solito, sui giornali vengono fuori le solite frasi banali su Draghi che “ha assicurato che è pronto anche a misure non convenzionali”, e tutti i draghiani italiani gonfiano il petto di orgoglio per avere un connazionale così potente, bravo e risoluto. Un italiano che batte il pugno sul tavolo dei mercati e li mette tutti in riga.
Lo stesso Padoan ha invocato questi interventi risoluti da parte della Bce rivolgendosi personalmente al presidente in un’intervista. Segno questo che si pongono ancora una volta tutte le speranze sulla politica monetaria. Ma dovrebbe essere ormai chiaro che si tratta di speranze vane se si ha come obiettivo l’inversione del ciclo. Questo può avvenire solo con un’iniezione di domanda con provvedimenti di economia reale.
E’ lo stesso Draghi che alimenta questa illusione con le sue dichiarazioni, che subito vengono riprese dai fans, mentre dovrebbe essere più onesto e dire che con la politica monetaria al massimo si evitano i tonfi di borsa, ma non si fanno miracoli con l’economia reale, perché in una situazione di deficit cronico di domanda la politica monetaria è impotente.
In un precedente “gessetto” avevamo fatto notare che il suo collega tedesco Wiedmann, presidente della Bundesbank, uno che di solito viene indicato ancora più a destra di Draghi, più neo liberista, ha proposto che nel suo paese si cominci ad aumentare i salari per consentire alla domanda interna di crescere e così risollevare l’economia del continente intero. Prendesse esempio da lui, rilanciasse la proposta e Draghi avrà dato un contributo concreto alla crescita.
Affidarsi per la crescita solo alla politica monetaria non solo è impresa vana, ma anche pericolosa. Tutti questi soldi immessi nelle economie che non vanno a finanziare gli investimenti dove finiscono? Nella speculazione? Nel credito al consumo? Si sta preparando la prossima bolla?
Se non si ricrea il circolo virtuoso della finanza che fornisce mezzi all’economia reale, che li usa per finanziare gli investimenti e con la resa di questi restituisce i finanziamenti ricevuti ed effettua nuovi investimenti e crea occupazione, tutta la liquidità immessa gonfierà nuovamente gli investimenti finanziari con le conseguenze che abbiamo già sperimentato.
Per riattivare il circolo virtuoso è necessario ricreare un domanda adeguata alla capacità produttiva esistente, che oggi è ampiamente sotto utilizzata. E la proposta di Wiedmann va in questa direzione.
Si compiono veri e propri salti mortali logici pur di non ammettere la realtà delle cose. Fino a poco tempo fa si usava dire che i consumi stagnavano perché non c’era la fiducia nel futuro e quindi si preferiva risparmiare (la “fata fiducia”, come la chiama Krugman), oggi i neoliberisti di ogni tipo si attaccano a un altro fumo di pipa: i consumi ristagnano perché siccome c’è la deflazione i consumatori si aspettano ulteriori riduzioni di prezzo, e così rinviano gli acquisti, anzi la cosa colpirebbe anche gli investimenti delle imprese.
Anche queste farebbero parte delle famose “aspettative razionali”, tutte cose che potrebbero anche avere una loro consistenza “al margine”, ma che se vengono presentate come circostanze generalizzate e determinanti nell’attuale situazione appaiono mere fuffe dialettiche escogitate per non ammettere l’unica verità vera: i consumi ristagnano perché i redditi sono insufficienti, e gli investimenti sono fermi perché le imprese non saprebbero a chi vendere la produzione incrementale, dato che non riescono neanche a saturare l’attuale capacità produttiva.
Ci pensate a un giovane che lavora in un call center o in un fast food, che si e no riesce a racimolare 700-800 euro al mese, di cui la metà va via solo per avere un tetto la notte? Secondo la maggior parte dei commentatori non spende o perché non ha fiducia o perché aspetta che si riducano ancora i prezzi. Cioè, dato che quelle persone spendono tutto per bisogni primari, aspettano, non so, che il prezzo degli spaghetti diminuisca e nel frattempo non mangiano.
Come pure, sempre per non guardare in faccia la realtà, si attribuisce il differenziale di crescita tra Usa e GB da un lato e l’Europa dall’altro alla diversa politica monetaria, al famoso “quantitative easing”, e si sottace che il deficit di bilancio di quei paesi oscilla dall’8% al 12% del Pil, e che è questo il vero motivo del differenziale.
E’ chiaro che finché le analisi sull’attuale situazione saranno di questo tipo, dalla crisi non usciremo mai in maniera sana e duratura. Forse si tornerà di nuovo a dilatare il credito al consumo o a qualche altra artificiosità e così si nasconderà di nuovo l’insufficienza della domanda, e questo fino a quando anche la nuova bolla non scoppierà.