Tra poche settimane gli statunitensi voteranno per le elezioni di mid-term, che segnano sei anni di presidenza Obama. Che cosa ha ottenuto l’America in sei anni di politica estera, tra le trombe del pivot to Asia e i guai scaturiti dalla ‘primavera araba’?
Piu’ che altro, gli USA hanno trovato nuovi nemici e terreni di scontro; dalla Siria all’Ucraina, passando per gli orrori dell’ISIL. Ma davvero si tratta di ‘nemici’, o sono stati creati e ‘costruiti’ dagli USA, con la connivenza europea? Sarebbe ora che Obama gettasse la maschera, e con lui l’intero establishment statunitense, che non e’ molto diverso da quello delle ere Clinton e Bush Jr.
Molti commentatori si dilettano con le conspiracy theories, e cercano di ricostruire chi sia veramente Al-Baghdadi, o quanto di Mossad ci sia nell’ISIL. Non e’ il punto. Il punto e’ che gli USA (e i paesi del Golfo) hanno fino a ieri aiutato i fondamentalisti (inclusi i fondatori dell’ISIL) contro il ‘tiranno’ siriano Assad. Ora pero’ i fondamentalisti si sono rivelati ben piu’ ‘cattivi’ del tiranno, e Washington, per dirla tutta, non sa che pesci pigliare. Persino l’Iran diventa un potenziale fiancheggiatore…ma il regime khomeinista non era la summa di tutti i mali? Parafrasando Patrick Cockburn dell’Independent, in Medio oriente si ritrovano strange bedfellows.
Tra l’altro, il supporto ai fondamentalisti non e’ cosa nuova. Prima dell’ISIL ci sono stati i Taliban, al Qaida, i mujahedeen, e altri gruppi la cui giustificazione era la lotta al ‘nemico’ sovietico. Poi ci sono stati gruppi (in Libia, Siria, Nord Africa) giustificati dalla lotta ai despoti laici – Gheddafi, Assad, e altri.
Il problema di fondo pero’ e’ un altro. Occorre andare a piu’ a Sud. Secondo Forbes, l’ottava persona piu’ potente del mondo e’ Abdullah Al Saud, ormai ottuagenario ma custode delle piu’ grandi riserve petrolifere del pianeta, oltre che dei Luoghi Santi dell’Islam, Mecca e Medina. La dinastia saudita, fatta Stato per volonta’ USA nel 1945, sovrintende a un paese enigmatico, legatissimo all’America e dotato di grandi ricchezze (anche finanziarie – banche, Borsa, etc.), ma anche roccaforte di una temuta polizia religiosa, la ‘Commissione per la Promozione della Virtu’ e la Punizione del Vizio’, un nome che lascia un po’ attoniti ma su cui si scrive ben poco, a differenza delle frequenti levate di scudi contro avversari degli USA quali l’Iran o la stessa Russia.
Russia o Russie? E’ tempo di dire cio’ che veramente sta dietro alla crisi ucraina e all’ostilita’ occidentale a Putin. Gli USA temono l’Unione Eurasiatica, che consentirebbe alla Russia di istituzionalizzare la propria egemonia nello spazio ex sovietico e soprattutto nell’Asia centrale ricca di risorse. Inoltre, una Russia frammentata in un numero di Stati piu’ piccoli, formatisi intorno a nazionalita’ piu’ o meno riconoscibili, sarebbe politicamente controllabile ed economicamente vantaggiosa.
Zbigniew Brzezinski, gia’ Consigliere per la Sicurezza Nazionale e arci nemico di ogni cosa russa, e’ sempre influente. Tra l’altro, la sua veneranda eta’ (86 anni) suggerisce che chi e’ venuto dopo i cold warriors non ha molte frecce nel proprio arco. Nel 1997 Brzezinski teorizzava una loosely confederated Russia, una vaga unione di tre repubbliche (Russia europea, Siberia e Repubblica dell’Estremo Oriente) fondamentalmente indipendente e deboli. Almeno, a differenza dei mediocri delle amministrazioni piu’ recenti, Brzezinski lo aveva anche scritto: “Given the country’s size and diversity, a decentralized political system and free-market economics would be most likely to unleash the creative potential of the Russian people and Russia’s vast natural resources.” (sempre dal suo A geostrategy for Eurasia, 1997). Tradotto, tante piccole Russie al servizio dell’economia globale guidata da Washington, e alla merce’ della NATO. L’Ucraina vi svolgerebbe un ruolo chiave, sia strategico sia economico (il corridoio Parigi-Berlino-Varsavia-Kiev).
A distanza di qualche anno, la risorgente Russia di Putin sta riprendendo controllo dell’Eurasia, e gli USA hanno ridato fiato alle trombe di Brzezinski e dei suoi piu’ modesti seguaci. Il gioco delle ‘rivoluzioni colorate’, mobilitazioni via mass media, finanziamenti delle varie fondazioni legate a Clinton e Soros, che ha nutrito la rivolta ucraina, ha pero’ il fiato corto. Organizzare l’insurrezione durante i giochi di Sochi, che in fondo erano un’occasione di dialogo, e a pochi mesi dalla partenza dell’Unione Economica Eurasiatica, non e’ stato molto fair. Certo, la Russia non e’ una democrazia e gli ucraini hanno sofferto decenni di povertà e corruzione sotto oligarchi sostenuti dall’una come dall’altra parte. Ora pero’ e’ peggio, perche’ si spara. E continuare a costruire il nemico russo attraverso i media non giova a nessuno. Nel discorso del 29 Agosto, Obama ha parlato di Russia in economic decline, con massiccia capital flight… non sono gli USA in declino da anni? Non e’ un caso che cerchino di ‘forzare’ in Ucraina e in Asia anche per rimediare ai guai interni, e comunque senza avere la forza di portare avanti ‘vere’ iniziative militari?
A chi giova il caos della politica estera USA? A chi giova una ‘Russia come nemico’? Certo non all’Unione europea, che continua a pagare dazio. Anche altri alleati degli USA (piu’ o meno formalmente), Giappone, India, Turchia, stanno da tempo andando un po’ per conto loro. Quali sono dunque le strategie di Obama? Che cosa si cela sotto la maschera? Grandi piani o confusione? A quanto sembra, soprattutto confusione. E ad ammetterlo in fondo e’ lo stesso Obama. Proprio nel discorso chiave del 29 Agosto, riferendosi al Medio oriente, il presidente ha messo in chiaro: We don’t have a strategy yet…Appunto. Prendiamo atto che il ‘mondo unipolare’ e’ finito e, come europei, cerchiamo di emanciparci.