Era attesa per questo mese la finalizzazione dell’accordo di libero scambio tra Unione europea e Vietnam. Il primo ministro Nguyen Tan Dung avrebbe voluto poter annunciare la conclusione dell’accordo durante il viaggio che lo vedrà impegnato in Europa e in particolare a Milano in occasione del summit ASEM 10 (Asia-Europe Meeting), che si terrà tra il 16 e il 17 prossimi nella città che ospiterà l’EXPO 2015. Stando però alle dichiarazioni emerse al termine degli ultimi round di negoziati tenutisi tra giugno e settembre, la firma finale, che dovrà essere poi approvata dal parlamento europeo, dovrebbe arrivare all’inizio del nuovo anno.
Un accordo che dovrebbe dare nuova linfa ai rapporti politico economici tra il Paese est asiatico e un’Unione sempre più in cerca di nuove prospettive in un periodo di crisi non solo economica. L’accordo di libero scambio con il Vietnam rientra nel quadro più ampio di interscambio con l’intera regione ASEAN (Associazione delle Nazioni del sudest asiatico). Fu infatti nel 2007–tra l’altro anno d’ingresso del Vietnam nell’organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization – WTO)–che i ministri dell’economia europei e asiatici decisero in Brunei di avviare negoziati per accordi di libero scambio. Dopo sette incontri, però, nel 2009 le due parti decisero comunemente di prendersi un periodo di studio per delineare al meglio una struttura negoziale per il futuro. Fu allora che la Commissione europea decise di reindirizzare il proprio obiettivo dando maggiore enfasi ad accordi bilaterali con i singoli membri dell’Associazione (Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam).
Dopo aver concluso l’accordo con Singapore nel dicembre del 2012, l’UE sta negoziando appunto con Vietnam, Malaysia e Thailandia, sebbene con quest utlimo i negoziati abbiano visto una battuta d’arresto già prima del colpo di Stato avvenuto nel maggio scorso. La recente nomina di un ‘ambasciatore speciale’ presso l’Associazione con sede diplomatica nella capitale indonesiana di Giacarta da parte di Bruxelles rappresenta quindi la ferma volontà da parte della Commissione europea di voler finalizzare accordi bilaterali in funzione di quello che resta l’obiettivo primario: riprendere i negoziati con l’ASEAN, che a partire dal 2015 sarà sempre più integrata in quella che è stata definita una ‘comunità economica’. Una comunità in cui il Vietnam ricopre sempre più un ruolo importante sia dal punto di vista economico, che politico.
Nonostante un rallentamento in termini di crescita del Pil, caratterizzata da picchi dell’8,46% negli ultimi 15 anni e attestatasi intorno al 6% negli ultimi tre anni, (dati General Statistic Office of Vietnam), e da un periodo di crisi economica che ha sicuramente investito maggiormente il continente europeo più che la regione est asiatica, dall’inizio dei negoziati nel giugno del 2012 ad oggi, le due delegazioni sono riuscite a superare numerosi ostacoli, sia tecnici che politici. Grazie anche alla ferma volontà vietnamita di voler concludere quanto prima un accordo con Bruxelles per ragioni non solo economico commerciali, ma che potremmo definire strategico-politiche. Dopo l’acuirsi di tensioni nel mar cinese meridionale—mar dell’est secondo Hanoi—dove sei Paesi si contendono la sovranità sui due arcipelaghi Paracels e Spratly, Hanoi sta cercando di creare un fronte diplomatico che dia forza alla sue rivendicazioni, soprattutto per limitare l’atteggiamento sempre più aggressivo ed ingombrante del vicino cinese.
Dal punto di vista economico, invece, ad aver velocizzato l’avvicinamento di Hanoi a Bruxelles, è il rallentamento nei negoziati di un altro accordo di libero scambio, il Trans-Pacific Partnership (TPP)–accordo di libero scambio su base regionale promosso dagli Stati Uniti e che vede coinvolti oltre al Vietnam anche altri tre Paesi ASEAN: Brunei, Malaysia e Singapore. D’altra parte, l’Unione europea resta, ad oggi, il maggior mercato d’importazione dei prodotti ‘Made in Vietnam’ e il secondo più importante partner commerciale, con circa 27 miliardi di euro di interscambio.