L’energia elettrica in Italia è la più cara d’Europa, mediamente del 25 %, la domanda è incostante flessione, quest’anno sarà superiore al 3%.
Gli economisti che si arrovellano sui decimali di PIL dovrebbero tenerne conto, perché è un calo rilevante, e spiegarci perché il prezzo aumenta, se la domanda cala e l’offerta cresce.
I dati, pubblicati ieri da Terna, mostrano che, nei primi nove mesi di quest’anno,la produzione è calata di 8 TWh (terawattora = miliardi di kilowattora), rispetto a un anno fa.
A fine ’14 saranno 11 TWh in meno; al valore di borsa fanno 700 milioni di euro e, a valore di bolletta, comprensivo di oneri di sistema, accise, tasse e IVA, più di due miliardi.
La domanda di energia cala perché si produce meno; molte imprese se ne sono andate, le attività commerciali si sono visibilmente ridotte e in tanti si sono dati da fare per consumare di meno.
Il fotovoltaico parte nel 2010 e produrrà 23 TWh nel 2014, l’eolico dai 6 TWh del 2009 ai 15 TWh del 2013. Le centrali termoelettriche convenzionali produrranno nel 2014 quasi la metà dell’energia prodotta nel 2008.
La potenza installata è più del doppio del picco della domanda, eppure continuiamo a importare più del 15% del fabbisogno; il saldo di energia con l’estero è tutt’altro che positivo, come dichiara erroneamente Terna, nell’analisi del suo stesso rapporto.
Teniamo spente antiche centrali a olio combustibile e nuovissime centrali a gas. Alla grande invece centrali eoliche e fotovoltaiche, con una produzione non regolabile che sbilancia la rete. Non riusciamo a “sbottigliare” il sud, per portare l’energia rinnovabile al nord, e non riusciamo a “sbottigliare” la Sicilia, per portare l’energia sull’isola.
http://edoardobeltrame.com/2014/09/16/i-gattopardi-e-lenergia-elettrica-siciliana/
Invece di linee di trasmissione, abbiamo costruito centrali che paghiamo con la bolletta, anche se restano spente.
L’obiettivo europeo del 20-20-20 è stato raggiunto otto anni prima del 2020, e le rinnovabili ci costeranno nove miliardi all’anno per i prossimi venti, o venticinque, se il premier riuscirà a spalmare gl’incentivi, operazione inutile e pericolosa.
Sconsigliabile puntare sul nucleare, se non altro perché non lo faranno mai fare, ma è un errore. Il carbone resta il combustibile, più economico e più sicuro al mondo e viene sempre più utilizzato.
In Francia sono ripartiti alla grande con il nucleare, mentre noi abbiamo fatto il referendum, dopo l’incidente di Chernobyl.
Nel ’92, al tramonto di Tangentopoli, che aveva messo in luce tutto il marcio che girava intorno alle commesse ENEL, si sono inventati il CIP6: non sarebbe più stata Enel a costruire le centrali, ma i privati. Il CIP6 finanziava impianti a energia rinnovabile e “assimilata”. Nella “assimilata” sono finiti rifiuti, scarti di raffineria e altre porcherie; dopo vent’anni, lo stiamo ancora pagando con le bollette.
In Spagna, Germania e Danimarca l’energia eolica prodotta è due volte la nostra; la Germania ha investito nel solare, ma con un’industria nazionale al seguito, mentre nel frattempo noi arricchivamo i Cinesi, che producevano i pannelli, i Tedeschi che li avevano progettati, e le banche.
La cronica assenza di una strategia energetica, coerente e sostenibile, ha permesso di costruire centrali a gas, sottoutilizzate o spente, e ha esageratamente incentivato le rinnovabili, indebitando i consumatori di questa, e della prossima generazione.
Bisognerebbe dedicare risorse alle reti di trasmissione e di distribuzione, al bilanciamento della rete, allo sfruttamento delle ultime centrali idroelettriche reversibili, alle centrali a carbone ed agli accumuli di energia. Bisognerebbe poi cominciare a pensare all’elettrificazione del trasporto su strada.
Il ruolo dell’energia rinnovabile, devastante per gli incentivi che paghiamo con bolletta, e sontuosa rendita per quelli che la producono, o ci hanno investito, è sempre più importante: nel 2013 si sono prodotti 37 TWh, su 278 TWh.
Terna definisce questo sfacelo, come un fenomeno «repentino e inatteso» e così abbiamo un potenziale produttivo da far paura, solo perché le bollette lo sostengono!
Ma a cosa ci serve tutta questa potenza installata in piena crisi? Ora che gli impianti sono fatti, e li stiamo pagando con le bollette, Terna si accorge che “sono distanti dai luoghi classici di consumo, nei quali sorgono gli impianti manifatturieri, ossia al nord”.
Se per le rinnovabili, e per il fotovoltaico in particolare, la ovvia localizzazione è il Sud, perché centrali convenzionali a gas, soprattutto al Sud, se non servivano?
Perché dobbiamo pagare in bolletta il “capacity payment” se non era nostra la geniale idea di costruire centrali a gas al sud? Per salvare le banche che hanno finanziato Sorgenia?
Nel 2010, si prevedeva una costante crescita della domanda e siamo tornati invece alla produzione di dieci anni fa.
Ora ci chiediamo perché dovremmo diventare un hub europeo del gas; perché dovremmo finanziare noi, con le bollette, la ricerca d’idrocarburi?
Forse per esportare energia? Chi e come la esporterà? E cosa ci guadagna il consumatore, che ha finanziato il tutto con le bollette?
Sull’energia purtroppo non si scherza e aver lasciato il settore in balia delle “per nulla libere” forze di mercato, dal decreto Bersani in poi, ha portato a queste tragiche conseguenze, il tutto sulle spalle dei consumatori.
La logica di mercato è di breve termine, mentre il ciclo degli investimenti di questa entità è su scala, come minimo, trentennale.
Il mercato va bene se limitato ai beni di consumo: telefonini, dentifrici e moto mentre, sulle infrastrutture energetiche, occorreva una logica nazionale, se non continentale, coerente e univoca, per non distruggere valore.
Tutti s’illudono, e gli economisti per primi, che il mercato sia la forma di allocazione ottimale delle risorse ma questa teoria, e il mercato elettrico ne è un chiarissimo esempio, non sempre funziona: ne stiamo pagando, e ne pagheremo le conseguenze.