Guarda bene la bollettaCi sono alternative al gas russo?

Ad ogni crisi del gas tra Russia e Ucraina, che dal 2006 ha una cadenza triennale, gli eventi politici che coinvolgono la Russia vengono interpretati come minacce alla sicurezza energetica europea ...

Ad ogni crisi del gas tra Russia e Ucraina, che dal 2006 ha una cadenza triennale, gli eventi politici che coinvolgono la Russia vengono interpretati come minacce alla sicurezza energetica europea e  tutti si mettono a discutere su come ridurne la dipendenza.

Sul tema l’ OIES di Oxford ha appena pubblicato un interessante rapporto.

http://www.oxfordenergy.org/wpcms/wp-content/uploads/2014/10/NG-92.pdf

I modelli elaborati portano alla conclusione che, oltre a quanto già previsto dai contratti a lungo termine con i Russi, da qui al 2030, l’Europa avrà sicuramente bisogno, a seconda degli scenari, dai 100 ai 200 miliardi di m3/anno. 

Con i contratti in essere, i Russi ne hanno forniti 160 nel 2013, ne dovranno fornire 115 nel 2020, e 65 nel 2030.

L’estrazione di gas europeo è prevista in costante calo e, solo dopo il 2020, la metà del calo potrà ottimisticamente essere rimpiazzata con gas non convenzionali, biogas, carbone e con la riduzione dei consumi, un’impresa che lo studio definisce “eroica”.

L’unico gas da gasdotto, alternativo a quello dei Russi e già contrattato, è azero; attraverso il Trans Anatolian Pipeline che aprirà, per la prima volta, un collegamento diretto tra i giacimenti di gas dell’Asia Centrale e i gasdotti europei.

Il gas che arriverà in Italia andrà a compensare parte della riduzione, già prevista, del gas nordafricano.

La principale alternativa al gas russo, sarà il mercato globale del GNL – gas naturale liquefatto – che comprende molti paesi, tra i quali gli USA; il commercio globale di GNL potrebbe così raddoppiare a 700 miliardi di m3/anno, entro il 2030.

Con quasi 200 miliardi di m3/anno di capacità di ri-gassificazione – di cui solo il 22% è stato utilizzato nel 2013,  rispetto al 48% nel 2010 – è evidente che l’Europa potrebbe importarne volumi considerevoli.

I fattori determinanti la disponibilità di GNL in Europa saranno l’effettiva volontà degli Stati Uniti ad esportare,  che però comporterà un aumento del prezzo del gas per la sua industria, e la domanda Cinese; nella misura in cui la Cina riceverà grandi volumi di gas tramite i gasdotti russi, potrebbe essere liberato GNL  a beneficio  dell’Europa.

Ciò ovviamante comporta l’entrata in servizio, non prima del 2020, di nuovi terminali e di svariati gasdotti di connessione, sia nell’area del Baltico, che a sud dell’Europa.

Il rapporto non quantifica il contributo delle fonti rinnovabili e del nucleare, ma afferma che l’Europa, minacciata dal blocco delle forniture russe in caso di nuove tensioni con l’Ucraina, non è assolutamente in grado di diversificare rapidamente le sue fonti energetiche.

Le discussioni sulla dipendenza europea dal gas russo vertono esclusivamente sulle opzioni europee, ma quali sono quelle russe, alle prese con i problemi in Ucraina ? Anche la Russia si trova di fronte a una scelta difficile: investire pesantemente nei gasdotti europei, per dare prova della sua affidabilità di fornitore, oppure lasciare l’Europa a se stessa.

Il rapporto fa capire che la reciproca dipendenza ha più vantaggi che svantaggi e che i Russi hanno ampi spazi per mantenere il loro gas competitivo, da qui al 2030.

Significativo il prezzo di 20€/MWh (8$/Mbtu) che il rapporto indica per il gas prodotto dal pozzo più caro. Il prezzo attuale è di 25€/MWh.

In linea con le conclusioni del rapporto, numerosi osservatori appoggiano da tempo una “politica energetica comunitaria e l’acquisto collettivo di gas”, in contrasto con le sanzioni recentemente imposte alla Russia.

Fino ad ora, la politica di liberalizzazione nel settore energetico, perseguita da più di dieci anni a Bruxelles, non ha avuto successo perché fatalmente assimmetrica: l’apertura al mercato veniva imposta a valle, nella distribuzione, e non a monte dove l’UE è sempre stata costretta a fare i conti con l’oligopolio dei fornitori, del nord africa e della stessa Russia.

Agli choc petroliferi degli anni ’70, le democrazie avanzate dell’Ocse risposero creando riserve strategiche nazionali di greggio e la stessa cosa si dovrebbe fare ora con il gas, su scala molto più vasta di come può fare ogni singolo Paese.

Una riserva strategica dei 28 Paesi, finanziata e gestita da Bruxelles, il cui stoccaggio potrebbe essere assicurato dai giacimenti esauriti del Mare del Nord. Non è un caso che negli ultimi dieci anni, e partendo da zero, il Regno Unito sia diventato il quarto importatore europeo di gas russo.

Vale la pena ricordare le posizioni di alcuni nostri personaggi di spicco : “usciamo da South Stream per fare male a Putin” ( Mucchetti ), “le importazioni dal nord africa si sono dimezzate” ( Descalzi – AD di Eni ), “Eni mai e poi mai potrebbe, con l’attuale situazione, mettere 2,4 miliardi sulla realizzazione di South Stream” ( Descalzi ) – “Faremo dell’Italia un hub del gas” ( Passera ), “perforiamo il paese alla ricerca di idrocarburi” (i Saggi del SEN – documento di Strategia Energetica Nazionale).

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