I gessetti di SylosEnergie sprecate da Renzi e Draghi per falsi obiettivi

I due nostri attuali paladini in Europa, Matteo Renzi e Mario Draghi, stanno profondendo energie elevatissime (almeno apparentemente), in termini psicologici e politici, per perseguire obiettivi ch...

I due nostri attuali paladini in Europa, Matteo Renzi e Mario Draghi, stanno profondendo energie elevatissime (almeno apparentemente), in termini psicologici e politici, per perseguire obiettivi che non servono a niente, né per l’Europa né tanto meno per l’Italia.

Il nostro capo del governo continua a sgolarsi (a detta di Junker solo quando ha davanti un microfono) per strappare a Bruxelles qualche decimale in più di deficit per il nostro bilancio, oltre tutto rispetto alle precedenti previsioni e non rispetto al dato dello scorso anno, come ho già dimostrato in un precedente “gessetto”. Tutta fatica inutile, che non produrrebbe alcun effetto tangibile sull’economia reale anche in caso di accoglimento. Su questa sterile discussione sta mandando in fumo il semestre di presidenza italiana.

Come abbiamo detto tante volte, vista la tenacia e la veemenza con cui Renzi dice di portare avanti le sue idee e i suoi obiettivi, era il caso di investire tutte le energie politiche e psicologiche di cui dispone per aprire una discussione seria (e severa) sulla politica economica adottata dalla Germania negli ultimi lustri, che è sanzionabile a termini di trattato dell’Ue (tant’è che è stata anche aperta una procedura di infrazione, di cui però non si sa più niente) e dello statuto Fmi.

Invece di convocare i capi di governo e i ministri per l’ennesimo convegno sul lavoro, come ha fatto, doveva invitarli a discutere la politica deflazionistica della Germania, dopo aver ascoltato le relazioni di autorevoli economisti di fama mondiale.

Draghi, dal canto suo, sta conducendo su un altro fronte una battaglia ugualmente sterile, dispiegando energie psicologiche su questioni le quali, anche se accolte, non produrrebbero alcun effetto sull’economia reale, ma che verrebbero messe a debito del presidente della Bce in un ipotetico bilancio di do ut des.

Il minacciato acquisto di titoli del debito pubblico da parte della Bce, che tanto sta spaventando i tedeschi e tanta polemica sta suscitando tra i governanti e i banchieri centrali europei, non servirebbe a nulla, come non sono servite a nulla le annunciate disponibilità a scontare attivi delle banche per fornire liquidità al sistema.

Nell’impossibilità di aumentare i deficit di bilancio, quegli acquisti servirebbero solo a togliere parte dei titoli dal portafoglio delle banche, con la certezza che poi le banche medesime, come già avvenuto in passato, non immetterebbero la liquidità acquisita nell’economia reale, e verrebbero se mai indotte in tentazione per impieghi speculativi.

I commentatori hanno spesso la memoria corta. Ci chiediamo come non ci si renda conto che l’attuale politica monetaria perseguita da Draghi, ripetiamo: in assenza di manovre reali di rilancio della domanda, rappresenti una copia, sia pure sbiadita, di quello che fu chiamato il Greenspan put, cioè l’iniezione di moneta al solo scopo di sostenere i corsi di borsa. Manovra utile se si avesse la certezza di una sostenuta ripresa dell’economia reale, ma oltre modo pericolosa se detta economia reale non dovesse riprendersi. Paradossalmente, considerato tutto il contesto, mi trovo d’accordo con chi sostiene che la politica monetaria espansiva proposta da Draghi potrebbe fare più male che bene.

Anche Draghi potrebbe impiegare meglio le proprie energie gridando che la politica monetaria è impotente di fronte a politiche “reali” deflattive, e denunciare queste ultime. Come pure potrebbe elencarci una volta per tutte le famose “riforme strutturali” di cui va predicando, a suo dire inascoltato, da anni. Ma dubitiamo che possa mai cambiare orientamento, almeno fino a quando leggerà su autorevoli giornali italiani elogi acritici di questo tipo: “Draghi si sta dimostrando insuperabile nel capire la psicologia degli investitori e agire su di essa”. Certo! Ma di quali investitori? Di quelli che speculano in titoli, non certo di quelli che investono nell’economia reale.

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