Da un po’ di tempo ci preoccupano le notizie che provengono dalla Ucraina e dal medio oriente,da un lato si teme una forte ingerenza russa ,che soffia sulle braci del separatismo, affinché lo Stato ucraino venga diviso anche in una zona sotto l’influenza della grande madre Russia ,dall’altro c’è la guerra santa delle falangi jihadiste che vogliono far risorgere il vecchio califfato su ex territori siriani ed irakeni ,sottomessi con la guerra. Abbiamo faticato a scoprire le atrocità che sottostanno a questi attacchi violenti alla integrità degli Stati sia nell’est europeo sia nella Siria e nell’Irak perché distratti dalla nostra crisi economica e dalla propaganda mediatica. Ad est ci è voluto l’abbattimento dell’aereo civile malese per scoprire d’incanto ,quest’estate ,che laggiù si faceva sul serio, che le morti erano effettive,che gli scontri di carriarmati e di milizie erano drammaticamente reali. Fino ad allora pensavamo che il vecchio ed ideologico pachiderma sovietico si fosse rammollito e non potesse aver mire espansionistiche dopo l’estinzione ed il fallimento del suo impero da Kiev a Vladivostok.Pensavamo male ,perché una costante della politica russa era l’espansione sia verso ovest sia verso est:una espansione territoriale e continentale dal mar Nero,dal Baltico all’oceano Pacifico. In questo quadro difficilmente, al suo risveglio, il gigante russo potrebbe lasciare piena autonomia ad un paese come l’Ucraina ,soprattutto per l’importanza che ha la penisola di Crimea, considerata da sempre nei disegni sovietici come un punto strategico della federazione sovietica ed ora russa. Per il medio oriente ,ci siamo svegliati dalla nostra quotidianità,dopo le prime decapitazioni di civili occidentali e dopo i rapimenti di giornalisti e di volontari,questi ultimi si dice per scambiare con denaro. Avevamo accolto favorevolmente i moti della primavera araba contro i despoti di quei paesi governati da oltre quaranta anni da politici corrotti e contaminati dall’affarismo ,che avevano ,si può dire,amministrato contro il popolo ,lasciato in una condizione sociale assai poco gratificante, sebbene fossero a due passi dall’occidente opulento ,che poteva essere almeno un modello da seguire tramite politiche riformiste. Spesso,inoltre, i figli di quei popoli studiavano nelle nostre università o giungevano per lavoro nei nostri Paesi ricchi perché in patria non trovavano allora le condizioni ideologiche né economiche né istituzionali per praticare una lungimirante politica di modernizzazione delle strutture culturali arcaiche o, semplicemente,per migliorare la vita quotidiana con la creazione di buone opportunità economiche. In definitiva ,i regimi dispotici di quei paesi avevano abbracciato un pensiero soffuso da un finto laicismo , buono per l’occidente, ma contrario ad ogni pretesa di rinascita democratica e ragionevole delle plebi. Verso la Russia siamo stati più vigili ,ma esclusivamente per deformazione mediatica,in quanto essa costantemente è stata il nostro avversario sia ideologico sia commerciale sia imperiale.
Ma non si capisce tutto ciò che ora avviene se non ci rifacciamo agli sviluppi storici della civiltà e della civilizzazione dell’occidente. Mai come questa volta ci sembra ovvio rifarci alla storia del nostro passato che è determinante per leggere ed interpretare i tragici sviluppi odierni.
Negli ultimi tre secoli le potenze occidentali ,sia nel vecchio sia nel nuovo mondo,si sono scontrate inizialmente per salvaguardare la propria signoria nei rispettivi contadi, progressivamente più grandi e coesi tramite anche la strumentalizzazione della religione del Signore,che venne estesa ai sudditi(ricordate il “cuius regio eius religio”?).Successivamente alla costituzione dei Regni -Nazione lo scontro è diventato più attento agli interessi materiali degli Stati ,che hanno voluto espandersi territorialmente,sia per lo sviluppo mercantile sia per generalizzare la loro influenza politica. I conflitti sono stati numerosi ed anche sanguinosi,soprattutto in Europa.
Non è il caso di analizzare oltre ,perché dovremmo ampliare il quadro anche con la storia degli altri continenti in altre latitudini geografiche. Pensiamo che la storia delle zone citate ,comunque, dipenda dalle relazioni che esse hanno intrattenuto con le nazioni del “vecchio e del nuovo mondo”,nel senso che senza il fenomeno del colonialismo non si potrebbe ad esempio capire che cosa sia avvenuto nel nord e nel sud America, come soprattutto in Africa ed in Asia. Meno conosciuti sono invece gli influssi indiretti ,sotterranei,della storia e delle vicende del colonialismo o dell’imperialismo in queste parti del mondo ,probabilmente perché la narrazione degli eventi è stata fino ad un certo punto eurocentrica o meglio occidentale- centrica. In effetti ,la storia della penetrazione “civilizzatrice” è stata prevalentemente il racconto dei viaggi,delle scoperte e della importanza del commercio con le colonie. E’ stata un rapporto di scambio quantitativo, di resoconti, di aneddoti ,di mappe geografiche e di libri contabili,inquadrati in una relazione dall’alto al basso , piuttosto che una analisi sui profondi influssi e sulle modificazioni di mentalità arrecati a quelle popolazioni dalla qualità degli esempi e delle informazioni ,che in quei territori giungevano tramite i messaggeri occidentali(merci,persone,istituzioni e modi di vita). Per conoscere le storie di quei territori bisogna infatti rifarsi alla storia delle idee di libertà individuale ,di promozione di sé, di autonomia dai rispettivi poteri coloniali o dai rispettivi regnanti ,idee ed atteggiamenti che comunque sono di matrice europea, quindi illuministici. Per questi motivi potremmo sintetizzare che la “storia mondiale”è il frutto del fermento ideale nato in Europa ,in occidente,ragione per cui nella storia mondiale c’è un orizzonte eurocentrico che forse oggi non va più bene e su cui dovremmo seriamente riflettere. Infatti,buona parte delle nostre analisi,commenti e giudizi sono condizionati da questi filtri culturali:ad esempio,abbiamo pensato che certe regioni possano normalizzarsi solo con l’innesto della forma democratica di governo tout-court, sebbene le popolazioni lì risiedenti vi siano disabituate da secoli ,avendo comunque,storicamente, bisogno di una guida illuminata ,ayatollah o dittatore ,da seguire perché l’unica figura in grado di riunificare gli obiettivi di tribù e clan divisi.
La deoccidentalizzazione degli avvenimenti della storia mondiale deve essere intrapresa con vigore per capire i fenomeni che avvengono e che ci sorprendono,contemporaneamente dovremmo sottoporre a critica l’armamentario intellettuale con cui ci siamo confrontati con i fenomeni e gli eventi anche sanguinosi che hanno punteggiato la storia delle relazioni mondiali in questi ultimi decenni. Sia ben chiaro ,la cultura occidentale non è direttamente la causa delle difficoltà e dei problemi del terzo mondo,ma funge da modello cui tutti i popoli ,dopo la fase coloniale, mirano di perseguire ed a cui aspirano.
Dal punto di vista metodologico,si potrebbe salvare di essa solo le “dialettiche e le polarità” tradizionalismo-modernismo,localismo- universalismo,i gradi di apertura e di chiusura nelle rispettive culture(permeabilità – impermeabilità al nuovo),i problemi dell’intensità e delle condizioni oggettive per l’assimilazione e l’acculturazione dei modelli sociali e culturali. Attraversare gli avvenimenti fausti o drammatici o tragici del mondo tramite gli occhiali di queste relazioni ci sembra il modo più giusto e significativo per interpretare gli accadimenti e ciò che si dipana di fronte ai nostri occhi e di fronte alla nostra mente. Secondo noi la più importante chiave di lettura è indubbiamente la prima coppia, poiché è considerata vitale in tutte le culture e perché tutti gli altri rapporti sembrano discendere da essa come elementi di conseguenza automatica e naturale. E’ chiaro infatti che ,se c’è maggiore rispetto ed ossequio alla forza della tradizione, una cultura in generale sia meno aperta al contatto con altre forme culturali ,così come in tale situazione si registri una minore o nulla assimilazione mentre potrebbero notarsi dei processi estrinseci di acculturazione.
Tuttavia merita approfondire anche la polarità concettuale “apertura e chiusura”di un qualsiasi ambiente perché raffina e qualifica la relazione principale e ci consente di dare una luce esistenziale ed animata alle relazioni ed ai contatti umani ed ai loro bisogni. Necessità e aspirazioni di eccellenza,di efficienza,di protezione,di difesa,di promozione,di estensione dell’io,di conquista e soprattutto di regole,infatti,sono elementi che determinano e costituiscono la vita individuale e collettiva . La vita sociale in generale,per avere un significato positivo o negativo, è costituita più da aperture che da separazioni,ed è esemplificata dalla nascita di un amore:entrambe sono fondate sullo scambio ,sulla reciprocità e sulla fiducia non solo materiale,ma anche di percezioni,emozioni ed oggetti ,che consentono di trasformare lo scambio in vita e forse anche di consumare volontariamente e fisiologicamente la propria vita per garantire l’evolversi della vita. Infatti i genitori si amano ,generano vita sebbene poi muoiano. Tale modalità relazionale non è immune però da minacce e da rischi. La storia delle relazioni culturali ed umane riporta infatti numerosi casi di incontri finiti nel conflitto o nella reciproca ripulsa quando non si è tramutata in coabitazione forzata o in sottomissione mal elaborata e mal tollerata. In tali circostanze è naturale che i minacciati od offesi ricerchino per altra via la propria sicurezza. Un modo per ritrovare la tranquillità e la serenità è indubbiamente la riscoperta della tradizione originaria del luogo natio o di un ambiente amato,”la storia patria”,di cui si esaltano sproporzionatamente le intrinseche qualità,considerate come le virtù portentose del seno materno, da giudicare l’altro luogo ,o gli influssi diversi,esclusivamente come impuri ed intoccabili. Un mondo tradizionalistico,interpretato come il luogo felice ed innocente, specifico dei sogni della propria fanciullezza incantata, teme perciò il rischio dell’incognito,dello scacco, perché qualsiasi contatto è sinonimo di vita o di morte,di edificazione o di distruzione di certezze ,in uguale misura. Pertanto in un clima di depressione economica come l’odierno è più facile erigere steccati,divisioni e contrapposizioni tra aree geografiche e culture dissimili,piuttosto che offrire condizioni effettive per sperare nel futuro.
La relazione tradizionalismo-modernismo ,coniugata con un grado elevato di assimilazione o di acculturazione ,permea il mondo occidentale maggiormente di quello orientale,anzi da noi essa è stata la leva e l’acceleratore del progresso economico,tecnologico , sociale e politico. Ha permesso ad una moltitudine di individui di uscire dal guscio delle tradizioni ed assaporare i frutti della socializzazione dei beni e dei servizi, dei diritti e dei consumi,di godere della democrazia. Ma tale rapporto, per varie ragioni,storiche e culturali, talvolta può guardare nostalgicamente alla purezza originaria della tradizione ,considerata come una summa di costumi e di valori superiore alle eventuali novità,che nel confronto sono sempre elementi di corruzione, interpretabili come il male assoluto. Secondo questo filone interpretativo,la vita in oriente è stata refrattaria all’innovazione e lentamente sembra si sia addormentata tra le maglie del tradizionalismo, del localismo e del tribalismo, sanciti come virtù contro l’invadenza delle fedi laiche e trasgressive ,che tendevano a colonizzare i costumi e le usanze locali. Nel medio e vicino oriente musulmano questo sonno dogmatico è iniziato ,a detta di alcuni studiosi, con il divieto della invenzione di Gutenberg e con l’impossibilità di stampare e di tradurre libri e testi , avvelenando laggiù le sorgenti del pensiero libero e critico. Sembra che per tale divieto,da allora le letture del popolo e la sua educazione siano state ispirate fortemente dalle scritture sacre del Profeta,che in mancanza di alternative, hanno rigidamente elaborato la cornice ed il paesaggio mentale delle plebi. Il sapere si fermò inoltre quando si spensero i legami più vivaci col mondo ellenico , alessandrino, con la scienza ed i centri del saper nonché con le biblioteche dei territori occupati. I principi temevano le idee scismatiche perché corrodevano il loro potere temporale e religioso. Nessuna cosa era tollerata al di fuori dello spirito e della parola di Maometto.La fede in lui ha fatto molti proseliti,tanto che l’osservanza alla sua dottrina divenne l’inizio di conquista e di espansione imperiale e religiosa in tutto il mondo allora conosciuto ,nel senso di territorio raggiungibile e percorribile. Celebre il detto popolare :”se la montagna non va da Maometto ,egli va alla montagna”,che esprime in modo significativo la caparbietà e tenacia di perseguire gli obiettivi prestabiliti. Tutti gli stati con una traccia di fondamentalismo teocratico hanno impostato la vita dei propri cittadini nell’alveo del rispetto dogmatico alle scritture,della divulgazione forzata del credo religioso ed hanno ritenuto che il proprio Dio ed i propri profeti fossero superiori alla benevolenza degli altri dei,della tecnica e delle leggi. Comunque l’analisi dell’espansione bellica dell’ISIS si può calcolare come la rinascita del culto della originaria tradizione coranica e della realizzazione di quei precetti in quelle realtà territoriali ed in tale visione vanno anche valutate le efferatezze insensate per noi, ma regolari per loro, che devono impegnarsi per costruire la civiltà del califfo. Le decapitazioni infatti sono un modo per scatenare la rappresaglia occidentale ed eventualmente riproporre nel mondo la contrapposizione Russia USA ed avere delle chances per battere il diavolo del modernismo occidentale. La forza e l’energia dei giovani “califfi” dipende,secondo una chiave di lettura, dalla riscoperta del vero messaggio rappacificatore dopo le impure contaminazioni con la cultura ed i simulacri della civiltà occidentale,che non sono una esperienza di vita nella verità. La concreta delusione economica ,che ha afflitto molti musulmani ,costringendoli a partire dall’Europa per arruolarsi nell’esercito jihadista ,dipende ,oltre che dalle naturali incomprensioni culturali -che i migranti ,spesso di seconda o terza generazione,hanno sperimentato da noi-, soprattutto dalla nostra crisi economica e culturale,in sintesi dall’imballatura della società occidentale. Pertanto la crisi del nostro benessere, del nostro welfare, fa crescere le contraddizioni culturali nei paradigmi sociali finora in auge nel nostro mondo industrializzato e libero,riflettendosi con tanta delusione ed asprezza nell’oriente, i cui giovani avevano sognato,venendo e dimorando da noi, di rompere le catene della povertà endemica. L’occidente e le frange del musulmanesimo meno ortodosse al tradizionalismo vengono visti come il nemico della purezza del messaggio profetico e della vera vita,che sono il vero eden mitico per il buon miliziano ,che si comporta e vive secondo quei precetti in modo sostanziale e convinto sia quando fatalmente si sottomette ad essi sia allorché ricerca la gloria ,il martirio o la conquista. La ribellione della jihad contro i valori occidentali e la parte dell’islam verso di essi acquiescenti o tolleranti- il cosiddetto islam moderato e filooccidentale per gli scambi commerciali- è l’espressione estremizzata di un rapporto fallito perché non ha consentito delle soddisfazioni materiali più che intellettuali e perché nella relazione non c’è stato tentativo di reciproca assimilazione dei diversi mondi ,ma pura accidentale acculturazione da entrambe la parti,che prima o poi fa rifiorire dalle cavità abissali delle culture le incomprensioni ed i disagi più assurdi e distruttori.
Molto diversa la crisi in Ucraina. Lì si contrastano il disegno di vecchia matrice zarista della edificazione della grande Russia ,perseguita da Putin ,ed il desiderio degli ucraini di vedere sancita l’ autonomia e l’ indipendenza della loro terra dal centralismo moscovita ,che l’ ha ridotta ,durante il regime, al rango delle altre anonime e numerose repubbliche e che soprattutto ,in nome dell’uguaglianza sovietica ,ha livellato e snaturato ogni caratteristica peculiare dell’ originario stato ucraino. Il vecchio e schematico concetto imperiale di espansione territoriale e ideologica,munito dei suoi totem e tabu ,per la prima volta nella storia russa non guarda più ad oriente,alla Siberia ed all’Asia, ma bussa ai confini dell’occidente. Per verità di cronaca, gli zar fecero già dei timidi tentativi verso un lembo d’occidente per la conquista della Crimea ,ma allora li intrapresero sempre a danno del disfatto impero ottomano,loro storico nemico. Infatti, lo scontro col pericolo del fondamentalismo musulmano è ,azzardiamo un pochino,una costante della politica russa ,una paura che è riemersa anche di recente dopo le liberalizzazioni della rivoluzione del 1990-91. Ma in questo caso,della Ucraina , al di là dei vari motivi accampati,si tratta di un disegno di una superpotenza ,quella russa,che cerca uno stabile sbocco al mare per motivi essenzialmente geopolitici e che non intende essere emarginata dai giochi dell’equilibrio mondiale in vorticoso mutamento.
Quali differenze principali tra le due sorgenti di destabilizzazione?
Per quanto concerne la bellicosità dell’ISIS ,il conflitto con gli Stati del vicino oriente,coinvolti dalla guerra,nasce dalla interpretazione circa il significato e la realizzazione terrena della purezza religiosa delle scritture. Si vuole l’edificazione di uno Stato islamico libero dagli influssi affaristici col mondo occidentale,che è stata una contaminazione velenosa dell’azione dei governi sedicenti laici, corrotti e miscredenti progressivamente poco amati dal popolo.
Piuttosto che per l’occidente,la situazione ,nell’immediato e nel breve termine, è più pericolosa per le popolazioni di quei territori ,che vengono terrorizzate e taglieggiate se di corrente religiosa diversa da quella della jihad o se si sono opposte o si oppongono tiepidamente ai governi legittimi. In quei luoghi si registra infatti la presenza di nuclei cristiani,di musulmani sciiti,di sunniti che sono la maggioranza, e di comunità appartenenti ad altri filoni islamici o religiosi. Pertanto ,si può prevedere che nonostante si riesca a normalizzare la situazione di quei Paesi con interventi ed aiuti militari,ci sarà una continua instabilità politica ed istituzionale se le odierne e storiche classi dirigenti non saranno allontanate e sostituite da altre più capaci e meno corrotte ,col favore ed il coinvolgimento popolare. Soprattutto in Irak ed in Siria. Sempre nel breve periodo ,l’eventuale Stato dei califfi non scalfirebbe più di tanto lo scambio commerciale né riuscirebbe ad alzare il prezzo del petrolio perché il regime rivoluzionario sarebbe comunque dipendente per i suoi bisogni dall’intermediazione delle compagnie e di qualche governo occidentali. Ma nel lungo periodo tale appoggio non sarà più tanto certo. Si può prevedere,invece, che se la risposta occidentale e dei governi legittimi sarà aggressiva e determinata fino alla sconfitta sul campo delle milizie e del loro disegno restauratore ,la diaspora degli scampati,confondendosi e mimetizzandosi tra il popolo, potrebbe intensificare l’azione terroristica globale ,probabilmente dopo l’armistizio ed una nuova alleanza con le frange estreme di al-qaida. Affinché la situazione nel vicino e medio oriente sia sotto controllo, però ,l’occidente dovrebbe allontanare la minaccia incombente di una sollevazione popolare e di un clima di simpatia per le idee del regno jihadista,soprattutto quando esse si coagulano contro i valori occidentali,considerati da quei popoli come la causa principale del loro male:come su lasciato intravedere,la Umma ed il sogno panarabo,sarebbero una minaccia costante per la pace in quelle zone e nel mondo. Importante perciò diventa la negoziazione e le relazioni diplomatiche non solo con quei Paesi ,ma a livello globale,in caso contrario,è giusto ri-sottolineare, il panarabismo,nazionalistico e religioso,l’interpretazione amministrativa dell’ispirazione coranica sarebbero una fonte di concreta destabilizzazione mondiale. Di rilievo , è comprendere la concezione della”fede amministrata”, che necessità da parte dell’individuo di abbandonarsi alla volontà divina che si traduce in comando precettistico ed osservanza da permeare tutta la vita sociale. Se tutto discende da Dio,che è valore assoluto, ci troviamo di fronte ad una fede amministrata mentre in altre religioni la fede in Dio è rivelata e separata dalla gestione dello Stato. Il rimettersi a Dio perciò non richiede particolari intermediazioni perché l’originaria conversione è totale,non c’è uno specifico ordinamento se non l’ubbidienza alle regole,mentre in altre religioni esiste una gerarchia di intermediari ,che si manifesta anche nelle assemblee per la interpretazione della scrittura. A prima vista,l’islam sembrerebbe meno gerarchico nel rapporto tra un fedele e Dio,ma potrebbe esserci comunque un “qualsiasi iman” che interpreti ,per nascosti interessi personali, le sure con esiti inconciliabili con la vera scrittura. E questo è il vero pericolo. Inoltre ,nell’islam l’espiazione delle trasgressioni dei fedeli è anche spettacolare monito ed esempio per la comunità circostante,in altre religioni avviene esclusivamente tramite il sacramento della confessione e la struttura sociale di riferimento non è teocratica. Differenze sostanziali e non irrilevanti.
L’Ucraina presenta un quadro locale e geopolitico diverso. Sul terreno si scontrano due orgogli nazionalistici per interessi materiali contrapposti:l’integrità territoriale,economica, e l’autonomia politica decisionale da un lato,dall’altro il timore di perdere l’influenza della direzione politica su minoranze russofone e su Stati che sono stati ,storicamente, l’obiettivo delle mire zariste prima e sotto l’influenza e dominazione sovietica poi .C’è inoltre una caratteristica che ci dovrebbe far riflettere:il confronto avviene tra due nazionalismi di stampo occidentale,caratteristica che nel passato ha portato allo scontro aperto e duro tra le fazioni ,sebbene in maniera meno efferata e spettacolare delle violenze improvvise e rabbiose dello jihadismo.Inoltre qui si oppongono le aspirazioni di un contendente verso la politica dello “storico e mitico ovest”, e da parte di un’altro verso” l’est”,due stratificazioni ideologiche ed imperiali,due condensati di idee e valori, che hanno condizionato nel passato con la guerra fredda l’intero mondo, confrontandosi ovunque per il predominio economico,politico e strategico-militare tramite la ferrea dottrina di “ simmetrica interdizione” dalle rispettive zone d’influenza e di alleanze.
L’impatto economico e finanziario per l’Europa e per la Russia nonché con il resto del mondo , prolungandosi lo scontro, sarebbe oneroso per tutti,ed ancora di più in piena crisi recessiva,occupazionale e bancaria mondiali. Non si tralasci inoltre il fatto che in tale situazione la Russia tenderebbe ad uscire dall’angolo-sempre che lo sia-prospettando alleanze strategiche coi Paesi dei BRICS con cui sta costituendo un consorzio bancario ,alternativo al FMI e con le medesime finalità, dopo aver installato una piattaforma per lo scambio elettronico e rapido di denaro. Infine ,se le posizioni non si avvicineranno per trovare le ragioni di un duraturo e soddisfacente accordo-a nostro parere sempre più lontano-, sarà molto difficile garantire con ogni mezzo la pace e la stabilità. Così siamo ripiombati nell’inverno gelido di un nuovo confronto fatto di reciproci veti tra le potenze globali e le rispettive zone d’influenza. Come trent’anni fa.
Per finire,di queste caratteristiche non si può non discutere perché esse sono il risultato della politica degli ultimi secoli perseguita dalle potenze occidentali. Finora la relazione tra le parti del mondo sono state improntate ad una relazione quantitativa materiale,più commerci per la patria,più migrazioni di maestranze, più influenza politica ,più “scambio estrattivo”,di rapina o di spoliazione, delle materie prime piuttosto che un commercio ed un rapporto meno colonialistico e più orientato allo sviluppo delle rispettive potenzialità ,sebbene guidate e conciliate con le peculiari culture.
Siamo consapevoli che non dovrà essere più così , perché le zone in contrasto di interessi sono diverse ed ognuna tenta di preservare un po’ di libertà e di autonomia della propria tradizione politica nazionale. Infatti ogni paese ci tiene alle proprie credenze , alle proprie modalità di vita ed alle proprie opportunità ,nonostante l’ideologia imperante del libero commercio,una istituzione voluta specificamente per abbattere steccati e divisioni. Che secondo noi è stata deliberata troppo in fretta. Infatti una” apertura” reclamizzata tra parti tra di loro assai diverse e differenti partorisce un assortimento malriuscito ed ingiusto,ed è purtroppo la situazione di precarietà e di fragilità con cui viviamo oggi il valore ed il bene della stabilità .
A questo punto possiamo azzardare alcune conclusioni. La prima è che lo studio e l’analisi approfonditi delle tradizioni religiose ed etnico-culturali dei popoli porterà in breve alla rinascita di spinte nazionalistiche che ,in alcune parti del globo, sfoceranno in conflitti locali per la conquista del potere e per subordinare altre etnie e popoli. Non ci sarà quindi tregua al conflitto ed alla guerra. Sul piano delle relazioni e degli scambi culturali ,in generale, ci sarà un blocco poiché ognuno vorrà proteggere ed imporre i propri legami e le proprie origini tradizionali in un determinato territorio. Anche con la violenza.
Di conseguenza il mondo si farà sempre più chiuso,separato politicamente, e, forse, in una qualche misura ,anche economicamente:ogni Stato inizierà a pensare alle proprie magagne interne ed ai problemi inerenti,cercando di tutelarsi da eventuali pericoli esterni.
La pace e la eventuale riapertura culturale e commerciale dipenderanno comunque ancora una volta dall’incontro tra USA e RUSSIA perché ,anche se non ne hanno consapevolezza , sono due potenze nate allo stesso modo e col medesimo pensiero strategico. In effetti sono molto simili perché la loro espansione fu territoriale e pionieristica:gli uni vero il Pacifico dall’Atlantico,i secondi verso il Pacifico partendo dallo sbocco ricercato nel Mediterraneo. Le due espansioni furono contermini nell’Alaska prima che gli Zar la cedessero agli Usa. Non si può dire che le due culture,che probabilmente sono accomunate in diversa misura dal mito della” frontiera”, siano state fortemente antagoniste prima della rivoluzione d’ottobre e del successivo scontro imperiale ed ideologico. Ora ciò che può infastidire gli USA è che la Russia ,come di consueto, guardi verso oriente sia per confrontarsi sia per allearsi. Laggiù ci sono i colossi Cina e Giappone, ma anche le nuove potenze economiche , in alcuni casi sostenute da una fragile o da una rigida impostazione politica , che le rende comunque vulnerabili ed esposte ad un influente potere politico esterno. La Russia teme invece la presenza tenace degli americani,sia economica sia strategico-militare, negli autonomi ex Stati sovietici o in quelli satelliti.
In tale situazione variegata e mossa da conflitti locali , da ambizioni globali e di affermazione culturale ,mancano regole efficienti di una convivenza universale , riconosciute e rispettate da tutti gli stati e da tutte le nazioni. Mancano delle regole eque e giuste per garantire degli scambi paritari e per dar il tempo necessario ai popoli di assimilare nuovi modelli sociali e culturali senza omologarsi a quelli economicamente più forti ed espansionistici .L’accettazione di regole generali,nei costumi,nella cultura e nella etica vanno assimilate gradualmente solo se ,e solo se, i popoli sono d’accordo e trovano conveniente e giusto per essi e per la loro dignità acculturarsi ad alcuni valori ed ideali piuttosto che ad altri.. Viene in tale modo preservato il libero arbitrio e la libera valutazione. I migliori ambasciatori dello stile occidentale nella salute, nell’igiene, nell’economia, nella istruzione e nel funzionamento di uno stato sono gli studenti di quei paesi ed i commercianti, che vengono da noi per apprendere delle tecniche e delle conoscenze. Tale contatto è più efficiente del rapporto aggressivo di un tempo,cioè il colonialismo,la guerra per lo spazio vitale o il libero e selvaggio mercato odierno del turbo capitalismo. Quest’ultimo accultura materialmente dall’esterno ed esporta una mentalità di possesso delle cose ,non fa interiorizzare un modello culturale da perseguire consapevolmente,quindi non genera consenso ma diventa fomite di incomprensioni e di egocentrismi culturali assai pericolosi per la stabilità mondiale.
Il problema è trovare dei punti di contatto tra le diverse culture mondiali e si può partire dal rispetto e dalla implementazione delle idee che sono scritte nelle carte dell’ONU. Penso che la rilettura e l’aggiornamento dei trattati sui diritti degli uomini e dei popoli nonché giuste ed eque regole economiche e finanziarie siano fondamentali per riportare un alito di speranza in questo mondo disseminato da schegge impazzite e dai rigurgiti nazionalistici ed imperialistici eruttati dai meandri più indecifrabili,inconfessabili e bui della storia.
Almeno quattro piccole riforme sarebbero essenziali per avere maggiore giustizia. La prima riguarda l’eliminazione del diritto di veto sulle questioni cruciali da parte di ciascuno dei rappresentanti permanenti nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il diritto di veto è contrario alla democrazia ed esautora e svuota l’assunzione di responsabilità ,di fronte all’opinione pubblica mondiale, che ogni Stato dovrebbe esercitare allorché si pronuncia sulle delicate situazioni discusse e vagliate. Il mondo può camminare da solo,è può trovare col dialogo e la ragionevolezza la via per risolvere conflitti e problemi,senza la super decisione di monitori o di guardiani ,come sono ora i delegati del gruppo permanente,che finora peraltro hanno giudicato ,-sembrerebbe- ,in base alle alleanze di comodo ed alla affinità ideologica ,piuttosto che sulla oggettiva analisi dei singoli casi e delle ingiustizie effettive . Se un contendente si macchia di crimini o se rompe unilateralmente un patto, per intervenire in quel luogo non deve esserci bisogno dell’unanimità ,ma solo della maggioranza dei voti dei cinque membri permanenti. Se si fosse operato così e si incominciasse ad applicare questa regola forse il mondo avrebbe goduto e godrebbe di un maggiore rappacificazione. Al gruppo delle nazioni leader del mondo,presenti nel comitato di sicurezza,resterebbe comunque il diritto dell’agenda operativa e politica ,votata sempre a maggioranza ,con un metodo di discussione interna che garantisca oltre che la democrazia anche la maggiore oggettività possibile delle decisioni.
La seconda misura importante sarebbe la revisione eventuale dei confini degli ex stati coloniali,tracciati allora col righello sulle carte geografiche e la fissazione dello sbocco al mare,senza tenere conto delle varie nazionalità , ma essendo ormai quasi impossibile realizzarla per ragioni di opportunità storica, perché dalla indipendenza sono trascorsi molti decenni,bisognerebbe garantire almeno a quelli Stati che non hanno diretto sbocco al mare il diritto di corridoi commerciali aerei e terrestri,consentendo la libera ed inviolabile circolazione di persone,mezzi e merci comunque nell’ambito della legalità e della sicurezza per tutti. I Paesi ospitanti la “servitù” avrebbero il diritto di vigilare con forme autonome sul traffico e sui passaggi,ma non impedirli se essi sono legittimi. Nell’ambito di questa questione,complessa per rilievi giuridici,economici e relazioni internazionali,si dovrebbe approfondire il problema dell’autonomia giuridica e politico-amministrativa di alcuni territori inseriti in uno Stato di cultura e storia differenti. I casi nel mondo sono numerosi,e non sempre gli annunci di autonomia e di indipendenza sono lo sfogo di un estemporaneo capriccio,ma presentano dei fatti e delle richieste oggettive,che ,secondo noi,andrebbero comunque ristudiati per una riorganizzazione di quelle regioni ,considerando altresì che oggi, nella globalizzazione, una effettiva autonomia o una indipendenza di un modesto territorio avrebbe senso solo se essa si rapportasse ad un’area economica approssimativamente più vasta ed economicamente autosufficiente. Pensando alle migrazioni di una moltitudine di gente che scappa dalla miseria o dalle guerre,ci sembra che diventi urgente trovare una soluzione negoziata e più equa,riparatrice delle palesi negligenze e della fretta causate dal colonialismo o da governi dispotici,eventualmente anche superando la concezione di Stato o di Nazione come la intendiamo oggi.
La terza riforma consiste nella armonizzazione delle procedure della giustizia penale e civile in base alle indicazioni universali dei diritti dell’uomo , cui si dovrebbero attenere sia nei tempi sia nei modi l’organizzazione e l’iter dei processi in tutti gli stati membri. A tutti dovrebbe essere garantito un equo ed oggettivo processo ed una sentenza corrispondente all’ effettivo riscontro dei fatti. Un crimine,una sistematica discriminazione ,una repressione o una negazione dei diritti contro un popolo o un individuo dovrebbero essere trattati con priorità presso la corte dell’Aia o in succursali costituite ad hoc e veloci le sentenze esecutive.
La quarta misura riguarda i diritti e l’economia. I vari diritti dovrebbero essere riconosciuti dagli Stati e dalle nuove regioni a larga autonomia ,la loro implementazione monitorata dagli uffici e commissari dell’ONU con diritto di ispezione anche in incognito. Soprattutto i diritti ad una fanciullezza serena ,alla conoscenza,alla salute ,al rifugio politico,ad una vita dignitosa e al lavoro,quest’ultimo in base alle individuali capacità ,valutate oggettivamente,dovrebbero essere estesi e garantiti ad un maggior numero di persone,secondo il principio della godibilità e sostenibilità universale degli stessi. Il diritto alla salute dovrebbe essere particolarmente curato perché oggi c’è il pericolo di epidemie e pandemie con l’incubazione di virus letali per gli organismi viventi che in possesso di mani sbagliate possono diventare delle armi silenziose e micidiali. Mentre per l’economia, le principali istituzioni mondiali- FMI ,BEI – dovrebbero essere potenziate,cambiando anche le loro finalità e dando priorità alle relazioni di aiuto e di sviluppo , affinché il loro potere di intervento e di giudizio preceda l’eventuale crisi e l’implementazione di ristrutturazioni o di aiuti economici in un Paese. Inoltre,i mercati delle materie prime ed alimentari nonché i prezzi dei relativi beni nelle varie borse mondiali dovrebbero essere regolamentati e monitorati affinché le variazioni non siano enormi e surrettiziamente gonfiate.
In conclusione è utile rammentare che ,a nostro parere, la pericolosità della crisi in Ucraina è più pressante per gli interessi occidentali,mentre la guerra nel vicino oriente allo stato attuale può essere ancora guidata e normalizzata facendo leva sulle alleanze con i settori islamici poco attratti dalla jihad e propensi alla rappacificazione della regione con successive forme di governo più democratiche. Pensare che lì il richiamo religioso si muova per occupare solo le fonti energetiche,costituire di facciata uno stato fondamentalista con cui ricattare il commercio mondiale ,secondo noi,porta fuori strada perché l’oligopolio della finanza e del commercio mondiali sono al momento irricattabili e dettano e detteranno per lungo tempo ancora legge ed indirizzo agli affari mondiali. Secondo noi lì ci troviamo di fronte,oggettivamente,al tentativo di una élite di ricostituire la potenza religiosa e regionale del califfato panarabo : ciò è comunque preoccupante ,ma non immediatamente minaccioso per l’occidente,tranne che per le eventuali azioni terroristiche.
Forse chiarendo questi aspetti ,finora negletti, si troverebbe la possibilità di uscire in un modo dignitoso dalla crisi devastante che percorre con brutalità il mondo ricco e povero. Per la pace c’è perentorio bisogno di un alito nuovo che raggruppi gli uomini di buona volontà e faccia trionfare l’altruismo e la professionalità in un mondo che sembra rinchiudersi senza speranza in un sordo sarcasmo distruttore,e che inizia ad odiare tutte le conquiste di una buona società finora acquisite. Paradossalmente ,non è una chiusa melensa e conservatrice,bensì rivoluzionaria. Semplicemente,far fare un passo avanti alla buona volontà.
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