Quando Paolo Becchi ha scritto sul suo blog su Ilfattoquotidiano.it che il Movimento 5 Stelle, sull’elezione dei membri della Corte Costituzionale e del Csm, avesse cambiato identità non rappresentando la democrazia diretta bensì una ratifica di decisioni già prese, beh l’ho contestato. E la penso ancora così nel caso specifico, perché l’idea di far scegliere i nomi agli iscritti al Movimento senza essere elastici nel riuscire a far eleggere qualcuno (serve una maggioranza dei tre quinti) è fuoriluogo. Accadde per i presidenti di Camera e Senato, per il presidente della Repubblica rappresentando una posizione isolata non in grado di influenzare le scelte finali. Tutto lecito ma dalla logica parlamentare inadeguata. Invece, dopo gli ultimi accadimenti, devo rivalutare e chiedere scusa a Becchi per aver sottovalutato il suo ragionamento generale. Perché a questo punto quella votazione degli organi costituzionali si può interpretarla come un esperimento per un cambio di rotta. Basta guardare l’improvvisa trovata del Direttorio, subito posta al voto degli iscritti senza alcun dibattito. Quanti attivisti 5 stelle sarebbero potuti andare contro questa scelta decisa dal loro leader Beppe Grillo? Pochi appunto.
Stavolta però la scelta non era su organi costituzionali, di rapporto con altri partiti, la faccenda era tutta interna. Perché aver proposto i cinque nomi in blocco anziché domandare prima se si era d’accordo con l’idea e poi quali nomi portare avanti (come si è chiesto il consigliere comunale romano Marcello De Vito che però ha votato a favore) potendo scegliere i singoli nomi? Proprio Grillo che ha fatto una battaglia contro le liste bloccate e una raccolta firme sul ripristino delle preferenze. Anche in questo caso si è chiesta una semplice ratifica. Il che significa che probabilmente sarà questa la modalità che verrà portata avanti nelle prossime votazioni, tra cui il prossimo presidente della Repubblica. Qualcosa che assomiglia più a un plebiscito che a una votazione pienamente democratica.
Ma andiamo alle cinque persone scelte da Grillo dopo l’espulsione di altri due parlamentari la cui accusa è ancora tutta da chiarire ma che ha aumentato il disagio e il dissenso interno. Sono stati selezionati quattro uomini e una donna: Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia.
Sono tutti deputati, al momento nessun senatore (il che influisce sull’età media). Tutti del Centro-Sud e escludendo Di Battista tutti meridionali. Non solo, sono tutti campani. Se entriamo più nel dettaglio troviamo due nati a Napoli (Fico e Ruocco) e due nati a Avellino (Di Maio e Sibilia), fonte Wikipedia.
Questi dati possono fare pensare che le zone di provenienza di queste persone non siano propriamente casuali. Sappiamo infatti che ci saranno tra pochi mesi le elezioni in regione Campania e, se Luigi De Magistris resta “in sella”, le elezioni comunali a Napoli in primavera 2016. Fico è già stato candidato a Napoli (e in regione Campania) per il Movimento 5 Stelle, prendendo meno voti della lista, non mi meraviglierei se fosse di nuovo candidato lui o l’unica donna del direttorio. Anche Alessandro Di Battista, assieme a Di Maio il volto più noto, potrebbe avere un ruolo alle elezioni comunali a Roma (così si è vociferato tempo fa) qualora il sindaco Ignazio Marino fosse sfiduciato dalla sua maggioranza.
I cinque hanno un certo seguito sui social network, Facebook in particolare, l’unico che non ha una pagina ma un account è Carlo Sibilia. Escluso l’ultimo hanno tutti dato prova di buona presenza televisiva e capacità di rispondere alle domande.
Dei cinque Sibilia è quello la cui presenza è poco chiara, ultimamente noto per le sue uscite discutibili e per, tra le varie cose, una proposta per fare i matrimoni di gruppo e tra specie diverse, fonte Wikipedia (cosa che sarà stata chiesta da tanti cittadini immagino).
Se vogliamo essere cinici Sibilia può essere utile per far scatenare infiammati dibattiti sulle sue uscite, aiutando la visibilità del Movimento e del blog di Grillo, nello stile “bene o male purché se ne parli”.
Molti stanno affermando che così il Movimento 5 Stelle diventerà un partito. In realtà un partito vero ha delle chiare regole a tutela degli iscritti, ha degli organi democraticamente eletti e non ratificati (poi spesso la votazione è più forma che sostanza, quindi simile a una ratifica), si sa quali sono competenze dei nominati e termini del mandato. Nel caso del direttorio tutto questo non è dato sapere, quanto meno a noi comuni mortali. Quindi, salvo precisazioni nei prossimi giorni, i magnifici cinque scelti da Grillo sono dei plenipotenziari, dei mediatori e dei “consulenti” di Grillo e, perché no, della Casaleggio Associati che gestisce il blog e la comunicazione a 5 stelle. Ecco, diciamo che il motto “uno vale uno” ha un po’ perso di senso a queste condizioni. Senza contare che Beppe Grillo, proponendo i cinque nomi del direttorio, ha di fatto smentito quello che ancora oggi continua ad affermare, cioé di essere solo un megafono, un garante. Lo sa benissimo che è molto di più.