In principio è cinemaAutostrade sonore, in viaggio tra musica e documentario

Otto ore di documentario non possono essere considerate un progetto qualunque, specie se a realizzarlo è un artista come Dave Grohl (ex-batterista dei Nirvana, da vent'anni leader dei Foo Fighters...

Otto ore di documentario non possono essere considerate un progetto qualunque, specie se a realizzarlo è un artista come Dave Grohl (ex-batterista dei Nirvana, da vent’anni leader dei Foo Fighters) per una realtà produttiva importante come la rete tv USA HBO. “Sonic Highways” è un viaggio in otto tappe (da un’ora l’una) legato all’uscita dell’ultimo disco del gruppo, celebrazione e ripartenza con nuovi stimoli dopo due decadi di attività.

Grohl aveva già iniziato un personale percorso nella tradizione musicale del suo paese utilizzando il mezzo cinematografico, esordendo alla regia con il documentario “Sound City” nel 2013, lavoro in cui aveva raccontato l’omonimo studio di registrazione di Los Angeles, in procinto di chiudere per sempre dopo aver ospitato e registrato le musiche di personaggi come Fleetwood Mac, Neil Young, Eric Clapton e degli stessi Nirvana. Un omaggio sentito e applaudito dal pubblico, ospitato dal Sundance Film Festival in anteprima e uscito anche in sala in USA, Canada e Australia. “Dopo averlo realizzato – ha dichiarato Grohl – mi sono reso conto che l’abbinamento di musica e documentario funziona bene perché le storie danno sostanza e profondità alle canzoni. Così ho pensato che volevo farlo di nuovo, ma invece di camminare in uno studio e raccontare la sua storia, volevo viaggiare in tutta l’America e raccontare la sua storia”.

Da qui il passo per arrivare a “Sonic Highways” è stato tutto sommato breve: l’idea di Grohl è stata quella di scegliere otto studi di registrazione in otto città, di andarli a conoscere e raccontare e di registrare in ognuno di essi una traccia del nuovo disco (scritta, tra l’altro, sempre l’ultimo giorno di riprese), che sarebbe uscito a fine percorso ed è quindi fortemente influenzato dagli incontri e dagli ambienti in cui è nato (“Rendere creativa la routine” era l’idea, nelle parole dello stesso autore all’inizio della prima puntata). La struttura della puntata si ripete uguale (arrivo, incontri, racconto e canzone dei Foo Fighters “ispirata” alla fine) nelle otto città: Chicago, Washington, Austin, Nashville, Seattle, Los Angeles, New Orleans e New York.

“Una lettera d’amore alla storia della musica americana”, lo ha definito il musicista-regista, un progetto che ha fatto ovviamente molto parlare di sé in ambito musicale ma che merita – anche solo per la sua genesi e formula, se non per il suo valore artistico – un’attenzione cinematografica: oltre 1600 ore di registrazione sono state raccolte nel viaggio, e il successo riscontrato dalla trasmissione su HBO (l’arrivo in Italia è merito di Sky Arte, in attesa e nella speranza di un’uscita anche in home video) lascia aperta la possibilità di una seconda serie, in altre città e altri studi ovviamente.

“Sonic Highways” si è attirato critiche immeritate e pretestuose (come quelle legate alla qualità delle canzoni del disco dei Foo Fighters, o quelle per l’apparente poca influenza che le diverse città e storie possono aver avuto sulle stesse, o ancora sull’oblio in cui viene lasciata la musica registrata in altri luoghi meno ‘ufficiali’…), ma anche tanta giusta attenzione e spazio sui giornali di settore: lo storytelling si conferma sempre più mezzo espressivo adattabile e adattato a ogni genere, e “Sonic Highways” una delle idee più interessanti di raccontare la musica al cinema realizzata in questi anni. 

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