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In un momento in cui pare assai forzato e stridente andare contro corrente non riesco proprio a non pensare quanto sia molto forzato e stridente, quasi un raschiare con le unghie su di una lavagna, il vedere fianco a fianco sfilare a Parigi per la libertà e la democrazia leaders che libertà e democrazia non sanno neppure cosa siano.
Incredibile, e decisamente fuori luogo, l’ipocrisia di questi Paesi che in patria osteggiano qualunque Charlie Hebdo e poi passeggiano in corteo sui Campi Elisi al grido di “io sono Charlie Hebdo”.
Tant’è che l’organizzazione non governativa Reporters sans Frontières ha protestato contro la presenza nel corteo di Paesi come l’Egitto (al 159° posto su 180 nella classifica della libertà di stampa 2014), Turchia (154°), Russia (148°) o Emirati Arabi Uniti (118°).
«È intollerabile che quanti riducono al silenzio i giornalisti nei loro Paesi approfittino di Charlie per cercare di migliorare la loro immagine internazionale», ha spiegato il segretario di Rsf, Christophe Deloire.
Ed uno dei casi più interessanti, perché nell’Unione Europea, è quello di Viktor Orbán, Premier Ungherese, che non solo dal 2011 punisce per legge l’«informazione non equilibrata», cioè critica nei confronti del suo potere, ma ha pure approfittato della marcia della fraternità per dire alla tv di Stato di Budapest che i massacri di Parigi dovrebbero servire da lezione: «Non vogliamo vedere tra noi minoranze con caratteristiche culturali diverse. Vogliamo che l’Ungheria resti l’Ungheria».
La sintesi migliore è stata quella di Luz, un vignettista superstite di Charlie Hebdo, che ha commentato con la solita tagliente, ed amara, ironia: «Abbiamo visto sfilare tutti i nostri personaggi. Pure l’assurdità contro la quale ci battiamo, era alla marcia».
*foto tratta da “Corriere della Sera”