Gli appassionati della serie di culto The Newsroom la conoscono per averla intravista in qualche episodio. I più attenti cinefili, se ne saranno accorti perché appare nel film Tower Heist (“Colpo ad alto livello”) con Eddie Murphy e Ben Stiller e nella commedia romantica Something Borrowed (“L’amore non ha regole”). Chi invece ha avuto occasione di recarsi in viaggio a New York, nell’ultimo decennio, sicuramente ci sarà passato davanti diverse volte, o ancora meglio sarà entrato per dare un’occhiata. Anzi, per dare un assaggio. Perché la catena Shake Shack, per prendere in prestito un modo di dire anglosassone, è “the next big thing”, ovvero un astro nascente della ristorazione a stelle e strisce, da tempo in crescita e, da qualche giorno, anche quotata in borsa.
Tutto è cominciato con un carretto degli hot dog. Letteralmente. Le origini di “Shake Shack” sono piuttosto recenti, e risalgono a circa quindici anni or sono. La sua storia ebbe inizio con l’avvio del nuovo millennio, a Madison Square Park, a Manhattan, quando lo Union Square Hospitality Group (USHG) del ristoratore Danny Mayer decise di piazzare un carrello di hot-dog, di quelli tipici che si vedono nei film americani, per sostenere la prima installazione d’arte nell’ambito di una riqualificazione dell’area e del parco di Madison Square. L’idea funzionò, e non poco: per tre estati consecutive, tutti i giorni, di fronte al carretto si formarono lunghe code di clienti. Un successo clamoroso, che portò all’apertura, nel luglio 2004, di un chiosco permanente nel parco. Fu il primo ristorante targato Shake Shack. Che, sebbene non ideato per diventare una catena, diede il via a una serie di successive aperture. Prima Manhattan, poi il mondo.
Come comprensibile dal nome, il core business di Shake Shack sono – o almeno, dovrebbero essere – gli “shake”, ovvero i milk-shake frullati, tra i migliori presenti sul mercato. Tuttavia, all’interno dei locali della giovane catena, che rientra nella categoria dei “fast casual” che tanto piacciono ai consumatori americani di questi tempi per via della migliore qualità dei prodotti e di ingredienti più sani, è possibile trovare un’ampia gamma di hamburger, hot dog, patate fritte, gelati, birra, vino e molto altro ancora. Un ricco menù – al quale si aggiunge anche una selezione di…cibo per cani – che convince sempre più clienti: in circa dieci anni, il marchio è cresciuto in maniera impressionante, varcando i confini newyorkesi. Shake Shack conta oggi 63 ristoranti in tutto il globo, trentuno sulla costa orientale degli Stati Uniti, gli altri al di fuori degli USA, in capitali quali Londra, Istanbul, Mosca, e anche in Medio Oriente, territorio con i maggiori margini di crescita per la compagnia.
L’ascesa di Shake Shack è passata anche attraverso una massiccia campagna pubblicitaria – non c’è show televisivo di New York che non l’abbia menzionata, dal Saturday Night Live al Daily Show di Jon Stewart, passando per il Late Night di Jimmy Fallon e Sunday Morning sulla CBS – e una proficua strategia sui social media, con quasi 130 mila fan su Facebook, 140 mila follower su Instagram e 33 mila follower su Twitter, al punto da guadagnarsi la decima posizione nel “Restaurant Social Media Index”, classifica dei 250 marchi della ristorazione americani che si distinguono per presenza e influenza sui social network.
Da Madison Park a Wall Street. Verso la fine del 2014, per l’esattezza nella giornata di lunedì 29 dicembre, Shake Shack ha deciso di fare il grande passo, e di presentare la documentazione richiesta dalla US Securities and Exchange Commission per essere quotata in borsa. Lo stesso giorno, i vertici della società hanno reso noti i dati relativi al proprio fatturato: nel periodo fiscale di tre anni conclusosi il 25 dicembre 2013, gli incassi totali sono saliti, dagli iniziali 19.5 milioni di dollari, a 82.5 milioni, mentre più di recente, nelle 39 settimane prima di settembre, Shake Shack ha introitato 83.76 milioni di dollari, il 41% in più rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente. Cifre importanti, a dimostrazione della centralità del mercato degli hamburger, che equivale a 135 miliardi di dollari nel mondo, 72 miliardi sul solo suolo USA. Il mercato probabilmente più importante per la ristorazione americana, nel quale anche chi è partito da un carretto di hot dog, come Shake Shack, può recitare un ruolo da protagonista.