Da qualche giorno siamo diventati un po’ tutti Charlie Hebdo. Lo è diventato pure Salvini, che evidentemente non sa che il giornale satirico francese non aveva esattamente una visione d’insieme simile alla sua e i razzisti li prendeva abbastanza per i fondelli. Lo sono diventati anche tutti gli intellettuali di sinistra che ostentano ogni tipo di buonismo, figuriamoci in caso di vignette satiriche sulla religione (sappiamo, in Italia non si può toccare). Anche gli atei sono tutti Charlie Hebdo, perchè inveire sulla reglione anche quando è usato solo come mezzo per scopi politici va sempre bene. Probabilmente, anzi lo spero, che anche gran parte dell’8,55% dei musulmani in Francia siano stati un po’ Charlie Hebdo, ed è proprio qui che vorrei porre l’attenzione.
La società occidentale ha fatto, e sta facendo ancora, i suoi grandissimi errori: la generalizzazione del popolo e della cultura musulmana in primis. I concetti di “invasione” e “fuori tutti dai coglioni” non fanno bene a nessuno, e sicuramente fanno molto male agli elettori italiani. Errori però, ne sta facendo troppi anche un’istituzione che dovrebbe essere la prima paladina contro l’estremismo, contro l’errata lettura i precetti che, senza dubbi, professano pace e fede. Questa istituzione è lo stesso Islam moderato, un Islam che ora come ora non c’è e che non fa sentire la sua voce. La Francia ed i fatti di Parigi è solo l’ultimo di molti casi in cui la religione che professano un miliardo e mezzo di persone non si è vista: le autorità intellettuali dell’Islam moderato, per il momento si spera, non riescono a staccarsi definitivamente da un radicalismo che per forza di cose è riconducibile alla cultura araba e islamica. Non bastano le scuse e la solidarietà dopo gli avvenimenti, serve una drastica introspezione delle autorità religiose. Il loro scopo dovrebbe essere quello di farci pensare alla fede islamica senza per forza farci collegare ad Al Qaida, ISIS ed i numerosi attentati “a matrice islamica”. L’ho scritto tra virgolette perchè sentire urlare Allah akbar non vuol dire che l’attentatore sia credente e che lo faccia in nome dell’Islam, altrimenti potremmo dire che anche il nostro Dio cristiano abbia voluto il massacro di Utoya da parte di Anders Breivik.
Il fatto però che resta sembra evidente: l’estremismo islamico in Europa è presente ed è pericoloso, e non solo in Francia. Il territorio transalpino è solo la seconda zona europea che, da centro religioso moderato e laico, è purtroppo diventato un fascio di tensioni. L’organizzazione e la preparazione militare degli attentatori di Parigi possono portare alla mente un altro focolaio simile: la Bosnia, la Bosnia isolata e lasciata a se stessa delle guerre balcaniche. Un altro centro di laicismo e islamismo pacifico diventato presto una pericolosa zona di fanatismo. Nel 1993 la Bosnia era infatti sotto il fuoco serbo, costretta a subire anche a causa dell’embrago sulle armi istituito dall’ONU. Il presidente del tempo, Alija Izetbegovic (uno a cui uno stato di fede islamica a dir la verità non dispiaceva affatto), fu costretto a ricorrere all’appoggio degli stati arabi più ricchi, dando vita ad un traffico di armi provenienti dal Kuwait, Arabia Saudita e Siria. Non a caso gli stati attualmente più attivi e che donano più reclute a quella che è considerata la jihad globale.
I mujaheddin, ovvero i combattenti stranieri provenuti dagli stati islamici, diedero vita ad una delle organizzazioni paramilitari più feroci e carnefici delle guerra balcaniche e rimasero molto attivi fino al 1997. Nonostante l’impopolarità che riscossero nella popolazione bosniaca e dallo stesso Izetbegovic, i mujaheddin rimasero un filo conduttore tra l’Islam estremista e l’Europa. La stessa zona balcanica divenne presto un centro di reclutamento importante per le organizzazioni terroristiche che ben conosciamo. E’ questo il grande errore che l’Islam moderato ha fatto anche in Francia: l’incapacità di ribadire la propria identità europea senza lasciare andare il cordone che lo lega ad una cultura nociva per l’integrazione è la più grande falla delle autorità musulmane odierne. Questo è l’Islam che non c’è, un Islam che ha sicuramente la volontà di non essere più additato come religione violenta e ribelle ma che evidentemente non ha ancora trovato gli esponenti per staccarsi dalle ali estremistiche che danneggiano i musulmani quanto (se non di più) danneggiano quelli che noi consideriamo occidentali.
A noi resta solo un pensiero. Un pensiero che vorrei riassumere nella frase di Robert Pape, esperto di terrorismo dell’università di Chicago: “i nostri nemici hanno studiato il terrorismo per oltre vent’anni. E’ giunto anche per noi il momento di farlo
“.