Oggi e’ con noi Giovanni Sandiano (vedi presentazione a fine articolo; grazie!), che scrive di calo prezzi del petrolio e suoi effetti.
In seguito alla perdurante caduta del prezzo del greggio sui mercati internazionali, colgo l’occasione per approfondire sia le ragioni che le eventuali conseguenze di una situazione del genere.
Partiamo dal contesto macro-economico in cui ci troviamo: anche se qualcuno sosteneva che una caduta dei prezzi si sarebbe potuta verificare, neanche la sfera di cristallo del migliore stregone poteva prevedere che ciò potesse avvenire in concomitanza con una serie di crisi geopolitiche senza precedenti, (Russia-Ucraina, Israele-Hamas, Iran, Iraq, Libia, Siria, Sudan, Yemen) che avevano già dato il loro forte contributo nel contrarre la domanda.
“Il surplus di rischi geopolitici – ha scritto Daniel Yergin – è stato sovrastato da un surplus ancor più grande di petrolio”
La caduta dei prezzi è riconducibile, in buona sostanza, a due grandi ordini di variabili:
- Dal punto di vista dell’offerta, abbiamo decisamente investito troppo a livello mondiale per aumentare l’offerta corrente di petrolio di oltre 100 mil.bbl/g.
- Per quel che riguarda la domanda, ad una migliore efficienza dei nostri processi abbiamo unito la recessione globale e il rallentamento della crescita della domanda nei paesi emergenti (specialmente quelli asiatici).
E’ quindi ancora la Cina a fare il mercato? Forse no. O meglio non solo. Determinanti sono stati anche gli USA, che per una politica di indipendenza economica sempre più aggressiva, hanno fatto crollare le loro importazioni nette di petrolio, fino agli attuali 5,5 mil. bbl/g.
Probabilmente, se non avessero agito in questo modo, oggi pagheremmo il petrolio ben oltre gli 85 dollari al barile, per la felicità degli sceicchi.
A proposito degli sceicchi, vuoi mica che non ci mettessero lo zampino…
L’Arabia Saudita si è dimostrata indisponibile a contrastare la caduta dei prezzi con una riduzione della sua produzione, con lo scopo di difendere le loro quote di mercato più di loro stessi. Sono disposti a pagare oggi un prezzo molto salato per fermare l’erosione della domanda, specialmente in Europa e rallentare la crescita delle produzioni concorrenti. Fedeli a questa linea, hanno deciso che i prezzi trovassero da soli il loro punto di equilibrio.
Siamo in uno di quei periodi della vita di un oligopolio, ha scritto il Financial Times, in cui minori prezzi dovrebbero insegnare ai suoi membri che tutti starebbero meglio se ciascuno rispettasse una maggior disciplina.
E quindi che si fa? Cosa potrebbe accadere?
Non pretendo di avere la risposta in tasca (altrimenti sarei milionario speculando sulle borse di tutto il mondo), ma voglio comunque fare almeno un cenno a due dei molti effetti collaterali che avrebbe una duratura flessione dei prezzi del petrolio.
- La “grid parity” che piace tanto agli ecologisti si allontanerebbe sempre più, rallentando fortemente lo sviluppo delle risorse rinnovabili in Europa e nel mondo. In una situazione del genere, saremmo costretti a tornare ai cari vecchi incentivi per “drogare” un settore che sarebbe potuto rimanere in piedi da solo. Sussidi che farebbero nuovamente la gioia dei produttori, ma non certo dei consumatori, che in Italia si trovano già a dover finanziare questi contributi con circa il 25% del totale della loro bolletta elettrica e che non tollererebbero ulteriori aumenti.
- Il costo del metano potrebbe tornare a crescere, avendo dimostrato di avere una dinamica di segno opposto rispetto a quella del petrolio. Infatti, sono solo i movimenti dei prezzi del petrolio che modificano i prezzi del gas naturale, ma non viceversa. Essendo trasportato attraverso metanodotti e quindi con costi fissi elevatissimi, il venditore deve investire molto nella struttura di trasporto. Per questa ragione, i contratti di vendita prevedono clausole che impongono al compratore l’acquisto di un quantitativo minimo di gas ed altre che indicizzano il costo di questa materia prima a quello del petrolio per tutelare il venditore in una vendita effettuata anche in un periodo successivo a quello della stipula. Ma la liberalizzazione del mercato ha permesso lo sviluppo di mercati fisici del gas che, insieme alla diminuzione della domanda di energia elettrica, hanno spinto diversi operatori a richiedere una riduzione del peso del petrolio nel calcolo del prezzo del gas. Nel lungo periodo quindi, è molto probabile che il prezzo del metano si differenzi sempre più rispetto a quello del petrolio, con tendenza opposta.
Alla prossima!
Giovanni Sandiano
Fonti: The Financial Times, Gestore dei Mercati energetici spa.
* Giovanni Sandiano,
nato il 14/12/86 ad Asti, dopo un percorso di studi presso il Politecnico di Torino, lavora nel settore dell’energia dal 2010. Ha collaborato con multinazionali italiane, estere e consorzi del Nord Italia per risolvere le problematiche dei clienti nel settore energetico.
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