Nel capolavoro manzoniano, il peculiare stato d’animo di Lucia alla fine dell’VIII capitolo ci regala un “addio ai monti” che è il triste momento “di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna”.
I risvolti di quello che in molti hanno salutato, a ragione, come il capolavoro renziano nella partita del Colle ci regalano invece un addio ai Monti – e stavolta la maiuscola ci va – che in molti potrebbero leggere, nuovamente, come il triste momento “di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna”.
Che una componente di interesse personale e di breve periodo figuri tra le motivazioni del trasloco a sinistra della pattuglia sceltacivista pare un dato di fatto difficilmente negabile. Che però sullo sfondo vi sia da analizzare – e da festeggiare – qualcosa che va ben oltre la scelta singola di ciascuno dei 7-8 transfughi montiani sembra ancora più evidente, se si fa solo un po’ di attenzione.
La storia del nostro Paese ci insegna come i grandi rivolgimenti istituzionali, le grandi trasformazioni sistemiche, camminano sulle gambe dei singoli attori politico-istituzionali, ed è questa la chiave di lettura con cui guardare alla migrazione centrista avvenuta – iniziata? – ieri.
Al netto delle motivazioni e delle valutazioni relative alla scelta di ogni singolo transfuga, appare chiaro come ieri sia cominciato un lento e progressivo svuotamento del centro dello schieramento politico italiano; hic et nunc non rileva tanto il fatto che ad avvantaggiarsene sia stato in questa fase storica il centrosinistra – senza trattino, per carità! –, quanto il fatto che lo spazio al centro dello schieramento politico abbia cominciato a spopolarsi.
Eccola la sostanza di ciò che è avvenuto ieri, eccoli qui i primi frutti sistemici del capolavoro renziano: costruire un grande partito aperto, inclusivo, competitivo e disegnare una legge elettorale maggioritaria e decisiva. Con un premio di maggioranza certo ed al partito (anziché alla coalizione) i due elementi appena citati trovano una sintesi magistrale: l’incentivo è quello di costruire o rafforzare due grandi partiti, uno a destra e uno a sinistra dello schieramento. Lo spazio di agibilità politica al centro è semplicemente cancellato, sparito, puff. Niente aghi della bilancia à la Fdp tedesco o à la Casini dei bei tempi andati.
Chi vuole governare – quindi il discorso non vale per la temporanea anomalia M5S – deve decidere: o nel partito di centrosinistra, o nel partito di centrodestra. Chi rimane fuori ha accesso in Parlamento, certamente, ma non ha più alcun potere di ricatto.
Rimanere al centro col 5% da oggi non serve più. Non paga più. Ci sono volute la forza e la determinazione del Partito Democratico di Matteo Renzi per giungere finalmente a questo risultato. Scelta Civica, ieri, l’ha capito. Ha fatto le valige e si è messa in marcia.
“Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa.”