Il Grigio. Grigio di capelli. Grigio nello stile di vita. Grigio per il modo di sussurrare. Grigio come la sua Panda. Grigio perché sembra la resurrezione della vecchia Democrazia Cristiana.
A molti, il nuovo Presidente della Repubblica appariva così.
Ma chi conosce bene Mattarella sa che si tratta di una figura atipica. Moderato e/o conservatore solo in apparenza. Tutt’altra cosa nella realtà.
Ecco perché.
La crisi dei partiti
A differenza della gran parte della dirigenza della Democrazia Cristiana Mattarella ha compreso per tempo il declino del ruolo dei partiti nella vita pubblica italiana. In questa sua capacità di lettura, ha certamente svolto un ruolo rilevante la figura di Aldo Moro. Nell’intervento svolto nel corso di un convegno dell’Accademia di studi storici Aldo Moro all’inizio degli anni ’90, Sergio Mattarella – che allora era vicesegretario della DC – riconosceva esplicitamente la fine del modello gramsciano di partito. Dopo la crisi degli anni ’70 era ormai chiaro per Mattarella che la forma partito tradizionale era in crisi e che la loro capacità di coprire in modo omnipervasivo la vita pubblica italiana fosse esaurita. Una considerazione non proprio scontata: non soltanto perché si trattava di un altissimo dirigente del partito di maggioranza relativa di allora, ma anche perché, viceversa, la gran parte dei suoi colleghi di partito si rifiutava di accettare una realtà ormai a tal punto incalzante da determinare in poco tempo la morte della stessa Democrazia Cristiana.
Ma ciò non basta. Riferendosi alla riflessione di Aldo Moro negli anni ’60, Mattarella ammetteva che la crisi dei partiti non fosse semplicemente una crisi funzionale e organizzativa, ma una molto più profonda crisi di rappresentanza provocata dalla emersione di uomini, gruppi e comunità nuovi sulla scena pubblica, capaci di organizzarsi autonomamente (dai partiti) “in un pluralismo morale e fecondo”.
L’emersione della cittadinanza attiva
Così, citando la lezione di Moro, anche Mattarella riconosce “l’affermarsi di una nuova dimensione” che viene indicata come “processo di autoliberazione della società”. Oggi sappiamo – per averla vissuta – che la progressiva emersione di una cittadinanza attiva, capace di organizzarsi in modo autonomo per lo svolgimento di attività di interesse generale, al di fuori dei tradizionali canali dei partiti, è un dato di fatto consolidato. L’aveva intuito per primo Aldo Moro già negli anni ’60. Lo riconosce Mattarella nella fase crepuscolare della Prima Repubblica. Oggi noi abbiamo parole nuove per definire questo fenomeno: cittadinanza attiva, sussidiarietà orizzontale, poliarchia. Sono osservazioni concrete che ritornano nel messaggio alle Camere del nuovo Capo dello Stato che non a caso ricalca il tema costituzionale delle formazioni sociali e valorizza il ruolo dei cittadini che offrono il proprio tempo per la cosa pubblica.
Val la pena notare, però, contro ogni possibile deriva ‘antipolitica’, che per Mattarella questo processo non è necessariamente in contrasto con la partecipazione politica tradizionale. Nel ’93, infatti, Mattarella spiegava: “L’emergere di una realtà sempre più autonoma e distinta della dimensione pubblica non è una sorta di condanna dei partiti o un fenomeno estraneo ad essi. Questo crescere civile della capacità di auto-organizzarsi e di essere autonomi, questo esistere sempre più evidente, e in maniera sempre più diffusa, di una pluralità di canali di decisione collettiva, è una conseguenza degli anni del sistema democratico del nostro paese e un esito della migliore azione della politica del nostro paese. Proprio il proliferare, il manifestarsi, il realizzarsi e consolidarsi di un tessuto di sedi e di luoghi in cui ci si occupa di interessi generali e in cui si danno risposte sul piano della decisionalità manifesta un successo della democrazia del nostro paese; il problema è la riconversione anche della cultura dei partiti rispetto a questa nuova condizione”.
La questione dei diritti
L’altro grande tema innovativo riguarda la definizione dei contenuti dell’interesse generale. Infatti, la novità della cittadinanza attiva consiste in un impegno concreto per la tutela dei diritti e la cura dei beni comuni. Si tratta di una sensibilità che Mattarella ha manifestato tra i primi nel mondo politico.
Basti pensare, per esempio, alla disponibilità offerta per sostenere una legge quadro sui diritti del malato negli anni ’80. Nel 1978 era stata approvata una importante riforma della sanità italiana che aveva creato un nuovo complesso sistema sanitario. Sull’onda dei problemi scatenati da questa riforma il Movimento Federativo Democratico (oggi Cittadinanzattiva) aveva creato il Tribunale per i diritti del malato. L’obiettivo era quello di difendere i pazienti dalle spesso disumane condizioni nelle quali erano costretti a causa di disfunzioni strutturali, anomalie istituzionali, pregiudizi culturali e comportamenti dei professionisti. Il movimento di cittadini attivi per il cambiamento delle strutture sanitarie si svolse anche attraverso una prassi di attuazione delle Carte dei diritti (se ne contarono circa 50 su base locale). La proposta di legge aveva il senso di raccogliere questa esperienza offrendo uno sviluppo dell’articolo 32 della Costituzione (diritto alla salute). Uno dei temi che ha animato proprio il messaggio di Mattarella alle Camere nel giorno del suo insediamento.
Il ruolo delle istituzioni
E’ proprio da esperienze come questa citata che il nuovo Capo dello Stato ha maturato una sensibilità per istituzioni più vicine ai bisogni e alle aspettative dei cittadini. Il riferimento reiterato al volto degli italiani che si rispecchiano nel volto della Repubblica – utilizzato nel discorso in Parlamento – è stato lo stratagemma stilistico per ricordare che la politica non è soltanto un discorso autoreferenziale su schieramenti, posizionamenti, elezioni, quorum e quant’altro. Politica è anche la concretezza delle azioni amministrative che – attraverso la scuola, l’ospedale, il museo, l’ufficio pubblico, il carcere, il tribunale – incidono in ogni momento nella vita quotidiana dei cittadini.
La legge elettorale
In fondo, anche la riforma del sistema elettorale può essere letto in questa chiave. Il diritto di voto dei cittadini è insieme il diritto a vedere rappresentato il proprio punto di vista nelle assemblee elettive e il diritto ad avere un governo libero di fronteggiare e risolvere i problemi di interesse comune. Non è un caso che i movimenti referendari a cavallo dei primi anni ’90 fossero anche movimenti di cittadini che chiedevano il cambiamento. La legge elettorale che scaturì da quella stagione referendaria – lo sappiamo tutti – è nota come Mattarellum. Grazie a quella legge il nostro paese è profondamente mutato, praticando finalmente la fisiologia della democrazia dell’alternanza. Fra tutti i sistemi elettorali che l’Italia ha avuto, il Mattarellum è certamente quello che meglio ha conciliato rappresentanza e governabilità nel rispetto dei diritti dei cittadini.
Insomma, il Presidente della Repubblica appena eletto è tutt’altro che un uomo grigio. Viceversa, ha riconosciuto e incarnato i tanti colori del cambiamento.