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Nei giorni scorsi un post sul colore di un vestito ha fatto impennare gli analytics dei siti di tutto il mondo, un terremoto partito da Buzzfeed, che prendendo un contenuto trovato in rete, l’ha rilanciato contagiando in poche ore tutto il web.
Due cose, giusto per farvi capire le dimensioni del fenomeno: la prima è banale, ed è che tutti coloro che hanno accesso a Facebook si sono visti passare quel topic davanti agli occhi, e non è per niente poco; la seconda è bestiale, perché dopo aver pubblicato la notizia, Buzzfeed pare abbia avuto 670mila accessi al sito nello stesso istante e, dal 27 febbraio ad oggi, il post ha accumulato 38 milioni di pagine viste.
Tra i mille articoli di commento e di valutazione del caso Justin Peters, di Slate, ha scritto un articolo — tradotto in italiano dal Post — molto interessante, ma con cui non sono affatto d’accordo. La maggior parte delle mie critiche le ha scritte prima e meglio di come potrei scriverle io Massimo Mantellini, in un post che si intitola Il giornalismo delle cazzate (da qui il titolo di questo post), pubblicato sul suo blog, leggetelo.
C’è però una cosa che vorrei aggiungere, ed è legata a una presa di posizione molto forte di Peters, che a un certo punto del suo articolo scrive: «Il traffico ottenuto dalle storie sceme aiuta a sostenere e rendere possibili le altre».
Il dibattito sul colore del vestito o i lama che scappano sono notizie che non hanno alcun valore giornalistico. Fanno click, certo, ma fanno veramente “mercato”?
Nel mondo del giornalismo online, quei milioni di click potrebbero valere meno di quanto possa sembrare e, paradossalmente, nel caso di contenuti virali non esclusivi, più sono e meno valgono. Sì, perché se i soldi che ci sono sul piatto sono quelli, non vengono moltiplicati all’infinito se il numero dei click aumenta. Anche perché il numero dei click non ha praticamente limiti, gli investimenti pubblicitari invece ce li hanno.
Insomma, questo non è un campo in cui si ragiona in valori assoluti, ma in valori relativi.
Ovvero, se sul piatto c’è da dividere 1 milione di euro, non importa se il più figo di tutti con un post fa 1 milione o 1 miliardo di click, la fetta più grande di quella torta da un milione di dollari non si ingrandirà. Quei 670 milioni di click accumulati da Buzzfeed non allargano il mercato, ma semplicemente rafforzano la posizione di Buzzfeed sul mercato.
E se per Buzzfeed forse il gioco vale la candela, visto che hanno costruito il loro modello di business su quello, per tutti gli altri vale la pena continuare a inseguire i click con le cazzate e inseguire le voglie di un pubblico sempre più indistinto? O piuttosto sarebbe meglio lavorare sempre meglio per farsi un pubblico solido, fidelizzato, verticale e riconoscibile, un pubblico a cui vendere le proprie notizie — magari esclusive — ma anche un pubblico solido e riconosciuto di cui si conoscono i gusti e i metadati, da vendere agli inserzionisti? La risposta, nonostante Buzzfeed, non è così scontata.