Se qualcuno aveva ancora dei dubbi con il recentissimo acquisto di Pirelli da parte del gruppo statale Chemchina abbiamo la conferma definitiva dell’interesse del “Regno di Mezzo” verso la vecchia Europa. Qualcuno guarda con preoccupazione queste operazioni sottolineando il potere crescente della Cina nell’economia globale. Altri invece considerano la crescita del Paese Asiatico come un’opportunità per attrarre nuovi capitali nella nostra economia stagnante.
Su un punto però pessimisti ed ottimisti in questi anni si sono sempre trovati d’accordo: milioni di turisti cinesi arriveranno in Europa e in Italia a spendere miliardi di yuan. Il “turista cinese” è così diventato una figura mitologica superato nelle fantasie degli operatori turistici solo dal leggendario “magnate russo”. Nella trilogia mitologica manca solo il “principe arabo” ma quest’ultimo fa troppo primi anni duemila.
Quando si tratta di turismo non c’è Europa che tenga, ogni Paese vuole giocare la propria partita, l’Italia avrebbe avuto la sua fetta dell’invasione (pacifica) del turismo cinese. Il ragionamento è semplice: milioni di cinesi sono ormai diventati classe media, dopo aver soddisfatto i bisogni di base si concentreranno sui bisogni voluttuari di cui viaggi e turismo sono una componente fondamentale. L’Italia è uno dei punti di riferimento mondiali per l’arte, la cultura e ovviamente per l’enogastronomia, e poi i marchi italiani sono amatissimi in Cina, insomma tutto combacia, dobbiamo solo accoglierli ed il successo è assicurato.
Tutto comprensibile se ad esprimere questi ragionamenti non fossero stati anche gli addetti ai lavori, trasformando il sentir comune nella grande strategia per l’attrazione del turismo cinese in Italia. Il risultato è che su 50 milioni di arrivi stranieri in Italia nel 2013 solo l’1,5% proviene dalla Cina (ISTAT). Forse prima di imparare tutti il cinese conviene continuare a ripassare il tedesco dato che dalla Germania arrivano ancora il 28,5% dei nostri flussi turistici. Perché prima di sviluppare nuovi mercati, meglio non perdere quelli acquisiti. Non che il resto d’Europa se la passi meglio, in tutto il continente sono giunti solo il 3,6% dei cinesi che hanno viaggiato all’estero, che continuano invece a preferire viaggi di prossimità tanto che in Asia si concentrano l’89,7% dei turisti cinesi.
Per provare a capire se alla fine quella del turismo cinese in Italia è la grande speranza o la grande bufala meglio rivolgere alcune domande a Massimo Ceccarelli che dopo un’esperienza come ricercatore al Censis ha deciso dieci anni fa, di andare ad investire in Cina, concentrandosi sul settore del vino per poi avviare anche Italia Ni Hao per favorire l’incoming dei turisti cinesi in Italia. Ogni giorno sul blog vaffancina e su twitter Ceccarelli racconta la sua esperienza e documenta con precisione le opportunità del turismo cinese.
Quando e perchè hai deciso di andare in Cina?
Dieci anni fa guardavamo alla Cina quasi esclusivamente come “fabbrica del mondo”, per cui il mio approccio fu inizialmente quello classico di chi andava in Cina a produrre o a comprare per poi importare in Italia. Nel tempo ho potuto toccare con mano i profondi cambiamenti della Cina e la sua veloce trasformazione in un paese consumatore.
Perche hai deciso di investire nel settore vitivinicolo e cos’è cambiato nel tempo?
Quando arrivai la prima volta nel 2005 il vino era un argomento ancora per pochi eletti. Nel tempo ho potuto vedere come il Pútáojiǔ, il nome del vino in mandarino, sia diventato un prodotto importante per la società cinese. E lo sarà sempre di più nei prossimi anni considerando che da qualche anno la Cina è diventata anche un paese produttore di vino. Sono stato recentemente nella provincia di Ningxia, al confine con la Mongolia interna, dove si producono dei vini che hanno tutte le carte per imporsi anche a livello internazionale.
Perchè hai deciso di investire anche nel turismo?
In questi ultimi tre anni ho potuto misurare il crescente interesse della popolazione cinese a viaggiare all’estero. Fino a 5 anni fa era un mercato ancora agli albori a causa di ostacoli burocratici e al fatto che la maggior parte della popolazione non aveva i mezzi se non per viaggiare all’interno del proprio enorme paese. Ora le cose sono cambiate e sono convinto che per i prossimi 15-20 anni il turismo cinese rappresenterà uno dei maggiori business del pianeta. Sarebbe bello che cominciassimo a rendercene conto anche noi italiani. Per promuovere il nostro Paese sto organizzando per settembre “Viaggio in Italia”, un grande evento per la promozione turistica dei territori italiani nella città di Xi’an, antico punto di partenza e di arrivo della Via della Seta.
Come l’Italia si propone in Cina?
Voglio essere molto franco: si propone bene quando a proporsi è il privato. Si propone poco e male quando a proporsi è il “pubblico”. I privati in questi anni non hanno potuto beneficiare come altri paesi (ad esempio la Francia) del supporto istituzionale. E questo è uno dei motivi del nostro ritardo in molti settori. Pensiamo al vino: se avessimo avuto anche il 10% di quello che la Francia o l’Australia hanno ricevuto dal mondo istituzionale del proprio Paese, oggi saremmo ai primi posti nell’export di vino in Cina. Invece dobbiamo risalire la china.
Il tema del turismo digitale è ovviamente sempre più importante, l’Italia è presente sui social cinesi? Che immagine ne appare del nostro Paese?
Praticamente non esiste. Diamo per scontato che i cinesi conoscano l’Italia e qui commettiamo un grave errore, così come facciamo con i vini. Rimaniamo fermi ad aspettare i turisti cinesi perché abbiamo la presunzione che il nostro sia il Paese più bello del mondo. Nella realtà i cinesi possono scegliere decine di paesi in cui andare a fare turismo oggi, dalla Nuova Zelanda al Canada. Perché mai dovrebbero scegliere di venire nel nostro paese se non ci andiamo a proporre (e a far conoscere) come fanno ormai da anni le altre nazioni? Sui social cinesi (Weibo, Wechat, Renren ed altri)* poi praticamente non esistiamo, anche se sappiamo quanto siano importanti i social oggi per promuovere un brand o un territorio. Sarà bene che si cominci a far conoscere una nostra regione anche al cinese di Zhengzhou o di Wuhan, tanto per citare due delle oltre duecento città cinesi con più di un milione di abitanti.
*in Cina i social network “occidentali” Facebook, Twitter, Google+ o non sono presenti o operano con forti limitazioni, il governo cinese ha invece appoggiato la nascita di attori locali. Oggi il sito di micro blogging Weibo ha 900 milioni di account registrati e l’alternativa cinese a Facebook, Renren oltre 800 milioni.
Cosa cerca il turista cinese medio in Italia? Per lui che cos’è l’Italia?
Dividerei i turisti cinesi di oggi in 4 categorie:
1) Il turista mordi e fuggi
2) Il turista di ritorno
3) I giovani
4) Il turista d’elitè
Il primo è colui che deve recuperare il tempo perduto. Ha un’età tra i 45 e i 60 anni e fino a qualche anno fa non poteva viaggiare all’estero e ora vuole visitare più posti possibili in un breve arco di tempo. Esistono viaggi di due settimane in cui le agenzie di viaggio riescono a inserire 4 paesi (ad es. Italia, Francia, Germania, Svizzera) in cui ogni giorno si visita almeno una città, talvolta due. Questo significa che in due settimane il turista cinese mordi e fuggi ha visitato anche 20 città. Questa categoria rappresenta la maggioranza di coloro che visitano il nostro Paese in questo momento.
La seconda tipologia è quella del turista che dopo aver viaggiato in modalità “mordi e fuggi” ha deciso di concentrarsi su un area specifica ritornando a visitare un paese, piuttosto che una regione ed è più interessato ad approfondire e a scoprire.
La terza categoria è costituita dai giovani, i quali hanno minore fretta, maggiore cultura e una simbiosi con la rete e i social, per cui tendono a mirare maggiormente la scelta della meta turistica e amano viaggiare in maniera indipendente.
La quarta tipologia è rappresentata dal turista d’elitè, che si muove in maniera molto più “raffinata”, cerca esperienze esclusive: cerca il luogo il meno possibile battuto dai connazionali (e se ne vanta sui social postando foto), esperienze più esclusive, e al contrario di quello che si pensa non ama gli outlet a differenza del turista mordi e fuggi.
Dopo l’expo di Shanghaisi arriva tra poco all’expo di Milano, è un attrattore per i turisti cinesi?
In verità di Expo 2015 se ne parla molto poco in Cina. Arriveranno (forse) un numero consistente di cinesi ma la grande beffa sarà che si fermeranno pochi giorni nel nostro Paese e poi proseguiranno per Francia, Germania, Gran Bretagna, al limite Emirati Arabi, perché è da lì che arriveranno e ripartiranno dal momento che i nostri voli diretti con la Cina sono praticamente nulli e molto più cari rispetto alle offerte praticate da Air France, Lufhtansa, British Airways ed Emirates. Una buona notizia viene dalla nuova tratta Chongqing-Roma praticata dalla compagnia cinese Hainan Airlines che sarà operativa da aprile. Ma comunque in questi anni non c’è stata traccia in Cina di attività promozionali dei nostri territori e regioni a esclusione di qualche effimero evento fieristico. Senza contare che a poco più da un mese dall’inizio di questo grande evento mondiale, il sito ufficiale delle promozione turistica italiana in Cina, yidalinihao, risulta ancora in manutenzione.
Un destino simile a quello di verybello, come a dire che ancora una volta le imprese e gli operatori italiani devono contare sulle proprie forze, perchè i concorrenti stranieri non stanno ad aspettare. I 130 milioni di turisti cinesi attesi per il 2015 andranno dove tutti gli attori, pubblici e privati hanno fatto la propria parte, dove si è mosso un intero sistema Paese e dove si è condivisa una strategia di futuro.Ancora una volta l’Italia non rimanga ferma.