Quando ero piccolo ci dicevano che se si dicono le bugie cresce il naso. E che le bugie hanno le gambe corte.
La prima affermazione mi era chiara, avevo visto il cartone animato di Pinocchio, la seconda meno, ma non mi ponevo il problema. Se le bugie hanno le gambe corte un motivo ci sarà, mi dicevo con la sicumera del bambino a cui siccome lo hanno detto i grandi c’è da fidarsi.
Passati svariati anni da quelle elucubrazioni devo dissentire. Non è vero che le bugie hanno le gambe corte. Perché si possono dire e non succede niente, anzi, si cresce nei sondaggi, si vendono i giornali, si fanno un sacco di click, e un sacco di commenti. Uno peggio dell’altro.
Non hanno le gambe corte le bugie che parlano del “problema Rom” che tutti hanno definito come assolutamente residuale, poche decine di migliaia di persone in tutta Italia che sono brutti e paurosi, ma come emergenza sembrano un po’ scarsini. E quindi se si scrive che c’è un problema Rom e lo si ripete abbastanza volte, ecco che migliaia di persone cominciano a credere che il problema c’è e che bisogno risolverlo. E già che ci siamo è opportuno risolverlo una volta per tutte, con una bella soluzione definitiva (sì perché l’aggettivo giusto è così ripugnante che non c’è nulla su cui ironizzare) e quindi “bruciamoli” “gasiamoli” e nel migliore dei casi “sterilizziamoli” e avanti con queste amenità.
Le bugie non hanno le gambe corte quando dicono che ci sono gli immigrati (clandestini ovviamente) a cui danno 50 euro al giorno, la stanza d’albergo con piscina e questi si lamentano.
Che mi piacerebbe capire chi dovrebbe dare questi soldi, e chi dovrebbe pagare questi hotel a 5 stelle. E la risposta è “lo stato” ma quando chiedo lo stato chi? (Regioni, Comuni, ASL o altro) tutti soggetti che piangono miseria e non hanno i soldi per fare queste cose, nessuno sa rispondermi, ma “lo stato” è un nemico buono per tutti, e quindi tutta colpa dello stato. E ancora migliaia di commenti con la bava alla bocca perché questa vergongna deve finire, e prima gli italiani, eccetera eccetera.
E le bugie non hanno le gambe corte quando dicono che gli immigrati (di solito definiti stranieri) passano davanit alle famiglie italiane nell’assegnazione delle case popolari, solo perché stranieri. Come se fosse possibile che, nella fila all’anagrafe per la carta d’identità, una volta arrivato il turno, l’impiegato dicesse: “No scusi, si sposti, che è entrato uno straniero, il documentolo faccio prima a lui”…
Dimenticandosi che se hanno diritto alla casa popolare è perché il percorso di ottenimento dello status di cittadino italiano è compiuto, perché nessuno di quei “burocrati” che assegnano le case popolari si assumerebbe mai la responsabilità di fare passare avanti qualcuno.
E siccome le bugie non hanno le gambe corte allora succede che “un buon padre di famiglia” con moglie meravigliosa e figli bellissimi, a detta sua, scriva su Twitter che augura buon appetito ai pesci che si mangeranno quelli che sarebbero venuti a togliere il cibo a noi.
Io non mi ritengo un “buonista” (parola vuota che campeggia sulle prime pagine di alcuni giornali di cui ormai si è smarrito il significato). Sono convinto della necessità di gestire un problema serio e grave con misure serie e gravi.
Non sono certo che affondare i barconi possa essere la soluzione, ma, evidentemente, tra l’accoglienza indiscriminata (non mi risulata che sia mai avvenuta) e passare per le armi chi attenta alle nostre frontiere credo proprio ci sia più che una ragionevole soluzione, ma pazienza. E’ irrilevante, sono irrilevante.
Meglio urlare con la bava alla bocca che bisogna ucciderli tutti (tutti chi poi?) per salvaguardare quel tantino di benessere che ci è rimasto dimenticando, tra un urlo e una parolaccia, che consegnare la soluzione dei problemi alla forza cieca e definitiva, in tutti questi anni di storia, non ha portato niente di buono né di bello. Ma tanto, quegli scemi che hanno letto Hanna Arendt, la sua Banalità del male, e si pongono il problema di gestire la complessità sono vecchi, polverosi, oscuri, inutili: “piazza pulità bisogna fare”.
Ecco, protesto, non sono d’accordo!