10 Cose perfette della terza stagione di Orange is The New Black (NO SPOILER)

    Non ci sono spoiler sulla terza ma sulle prime due sì, per cui, se non le avete viste girate al largo.     Ci sono riusciti. Che sollievo. Hanno tenuto anche quest’anno il livello, anzi, se p...

Non ci sono spoiler sulla terza ma sulle prime due sì, per cui, se non le avete viste girate al largo.

  1. Ci sono riusciti. Che sollievo. Hanno tenuto anche quest’anno il livello, anzi, se possibile lo hanno alzato.
    E non era facile.
    Personalmente dopo una prima stagione col botto, una seconda con alcuni (brevi) momenti di fiacca (tipo tutto il plot di Vee o la storiucola tra Polly e Larry o peggio ancora la cotta di Pussey per Taystee) avevo un po’ paura.
    Se avessero sbagliato, mi sarebbe dispiaciuto tantissimo.
    Se uno sceneggiatore pigro avesse scelto una soluzione telefonata, sarebbe stato orribile.
    Invece no. Anche la terza la abbiamo portata a casa. Ed è (stata) bellissima.
    Evviva.
    PS: Se trovate qualche sveglione che inizia a dire ‘sì però…’, sappiate che siete di fronte a un cretino. Fine della storia.

     
  2. Red, Lorna, le due tossiche della lavanderia, Niky, Flaca, Gloria, Sophia…..
    “Remeber all their faces, remember all their voices”, la sigla lo dice da subito che siamo nel bel mezzo di una serie corale. E così è.
    Un po’ come per ‘I Simpsons’, la vera forza del prodotto, sta nei personaggi collaterali: un universo a parte che funziona come un orologio svizzero e che, praticamente da subito ha rubato la scena a Piper, che sempre più, dalla prima stagione in poi, è una delle tante: certo la più carina e la più sexy. Non per forza la più interessante.

     
  3. Piper
    Sia chiaro nessuno, almeno in queste righe, vuole ridimensionare Piper.
    No, no.
    Qui siamo dei grandissimi fan di Piper e della sua bionda meschinità.
    Piper non si tocca. E niente di quello che diremo poi è in qualche modo denigratorio nei suo confronti. Piper vince su tutto, sempre.
    Due note però vanno fatte.
    a)Dopo la prima stagione non è più lei il motore di tutto, ma è decisamente più sullo sfondo. Anzi: a essere dei veri nerd bisognerebbe mettersi a contare quanti minuti sta in scena Taylor Shilling e quanto altre attrici meno blasonate. Azzardo l’ipotesi che non ci sia poi molta differenza.
    Certo quelli con Taylor Shillin/Piper sono decisamente i più divertenti, romantici e sexy, mala sua è una storia tra le altre.
    b)Piper è interpretata da un’attrice bellissima che è pure icona gay e che ha delle scene di sesso esplicito con un’altra donna bellissima. Per quanto questa cosa possa piacere a molti, spiace dirlo, ma il punto di Piper è un altro: la sua evoluzione verso il basso. Un po’ come è successo, mutatis mundis, a Walter White (che, infatti,  aun certo punto viene citato). A ogni puntata va un gradino più giù. A ogni puntata gioca sempre un pezzettino più sporco. A ogni puntata accetta un compromesso nuovo, sempre peggiore del precedente.
    Sempre un pochino più giù.
    Nella prima stagione Piper era una tizia normale, un po’ fighetta, ma sostanzialmente normale, a cui, all’improvviso veniva tolto tutto: la casa, i vestiti, il cellulare, il cibo. Persino i capelli.
    All’improvviso le tolgono tutto e, in cambio, le regalano un incubo.
    Per un po’ le rimane solo la sua arroganza e la convinzione di essere solo di passaggio in prigione, di non appartenere a quel posto, di essere diversa da tutte le altre. Piano piano, poi,  le viene tolta anche quella e diventa una detenuta.
    Quando Piper, alla fine della prima stagione, realizza di non avere più niente (non Larry, non Alex, non un lavoro, neppure più la minima autocensura che ti impedisce di pestare a sangue il tuo prossimo) allora, come in un discorso di Cartesio, può cominciare a ricostruire la sua vita distrutta.
    Fateci caso: Piper passa la prima stagione praticamente sempre al telefono o in sala visita a tenere  in vita i legami con il mondo di fuori. Nella seconda lo fa sempre meno e poi, nella terza, non lo fa per niente (in realtà in sala visita ci va, ma…..vabbé lasciamo perdere: avevamo detto niente spoiler).
    Nella secondo stagione Piper diventa una come le altre, tanto da fare da Virgilio cattivo a Soso, tanto da sentirsi a disagio quando va fuori per le sue 48 ore di permesso, tanto da muovere le pedine perché Alex torni dentro con lei.
    Nella terza stagione la trasformazioe è completata: Piper è una detenuta a tutti gli effetti come tutte le altre. Organizza loschi traffici, si muove con scaltrezza e cinismo, si comporta da veterana e fa un paio di cose per cui vorresti solo andare lì e farle ingoiare i denti.
    Non sono Jenji Kohan, ma presumo che fra un po’, tipo nella seconda metà della quarta stagione, o, più probabilmente in una quinta e verosimilmente ultima, avremo a che fare con l’uscita di galera di Piper e il suo rientro nel mondo reale. E se tanto mi da tanto anche lì, la prima notte, la passerà piangendo.

     
  4. Alex
    Mamma mia.
    Che personaggio bellissimo.
    Coraggioso, forte, sorridente, audace, drammatico, fragile.
    E’ la nemesi di Piper. Se Piper entra in prigione da vittima e si trasforma in carnefice, ad Alex succede l’esatto contrario.
    Se Piper scende verso il basso a ogni episodio, a ogni episodio Alex fa un passo avanti, cresce, acquista luce, pulizia, onestà, bellezza.
    Se all’inizio era una criminale con il controllo della situazione, adesso, in sostanza non è più una criminale e non ha più il controllo di un bel niente.
    E poi, va detto, sono dieci anni che si fa girare su un dito da Piper che le fa le peggio cose.
    Adorabile.

     
  5. Il sesso
    ‘Orange is the New Black’ ha fama di essere una serie piena zeppa di sesso.

    In realtà non ce n’è poi molto. Si vabbè, un po’ sì. Ma meno di quel che si pensi.
    Solo che quello che c’è (e che nella terza stagione si concentra praticamente tutto in una manciata di puntate) è preciso e fatto bene.
    Fatto così bene che lo senti nell’aria anche quando sono tutti vestiti e tengono le mani e posto.
    Il sesso lo senti nell’aria.
    E questo sì che è sexy.

     
  6. Norma (qui c’è uno spoiler, ma piccolo e su Norma. Se non lo volete passate al punto 10)
    Se vi è capitato di leggere le recenti interviste di Jenji Kohan avrete visto che  più volte ha detto che la terza stagione di OITNB avrebbe avuto come tema guida ‘la fede’. Ok.
    Anche i poster promozionali, con i personaggi ritratti su ceri devozionali andavano in questa direzione: quest’anno si parla di fede.
    Tutto chiaro.
    Il tema in realtà non è mai stato del tutto estraneo al carcere di Litchfield, fin dalla (bellissima, una delle mie preferite di sempre) storia della Chiesa di Pennsatucky o dal plot su sorella Ingalls. Quest’anno però il tema, è vero, ha spadroneggiato. Fin troppo, mi sento di aggiungere e con battute la cui blasfemità era talmente ‘adesso vi scandalizzo’ da risultare gratuita e un po’ stucchevole.
    Ma c’è stato un personaggio, uno, che più di tutti ha incarnato la fede. Norma, la cuoca muta succube di Red, e che diventa un po’ per caso un po’ per rivalsa una mezza santona.
    Quest’anno scopriamo la sua storia e scopriamo che lei, sì, è una donna di fede, ma allo stesso tempo è una donna che di fede e di fiducia nel futuro, anche minimo, non ne ha.
    Scopriamo che è la moglie di un ciarlatano che credeva un santone e che lei stessa ha ucciso quando ha scoperto che la sua fede era stata mal riposta.
    Allo sesso modo, però scopriamo che non è muta, ma solo balbuziente.
    E’ balbuziente.
    E per un balbuziente ogni singola parola, ogni singola cazzo di parola è una scommessa, un salto nel vuoto. Che tu debba dire ‘ciao’, ‘cappuccino’ o ‘vaffanculo’ la situazione non cambia.
    Non sai mai, perché proprio non lo sai, se riuscirai ad arrivare in fondo: apri la bocca, pigli fiato e speri che Dio te la mandi buona.
    Questa fede, minima, Norma non ce l’ha.

    Però ha tantissima forza. La forza che ogni balbuziente del mondo, almeno una volta nella vita, ha sognato di avere: quella di dire “Basta, non parlo più. Mai più”.
     
  7. Il romanzo di Crazy Eyes (Spoiler, piccolo. Se non lo volete andate al punto 10)
    La parte più comica della puntata più comica della stagione ( la 8). L’in-joke con cui gli sceneggiatori si sono fatti beffe dei fan che chiedono spoiler, avanzano ipotesi con le fan fiction, e comunque, sono sempre scontenti delle loro scelte.
    “Non prendetevela con me, sono solo uno strumento nelle mani delle muse” dice Crazy Eyes a chi si lamenta del finale della sua storia. Insomma, cari fan, non rompete le palle via twitter, grazie.

     
  8. Daya (Spoiler, ma piccolo: se non lo volete, andate al punto 10)
    Sarà una grande madre. Anche se ancora non lo sa, anche se non ci crede e anche se l’odore di unto e di barrio non le si scucirà mai di dosso. Sarà una grande, meravigliosa, madre.

     
  9. I buchi di sceneggiatura: (Spoiler, ma piccolo: se non lo volete, andate al punto 10)
    Ci sono e sono grandi: qualcuno li aggiusti per favore.
    a) tra il primo episodio e oggi sono passati circa 9 mesi e il figlio di Sofia non può essere cresciuto di tre anni. Dai cazzo, cambiate l’attore, oppure truccate bene quello che avete. Dai, cazzo.
    b) quello che succede a Niky non ha nessun senso logico.

     
  10. I cliffangher
     Tra le mille cose strane che fa, Orange is the New Black ha rispolverato il Cliffhanger, il finale in sospeso. Personalmente non è un espediente che amo molto, ma non mi metto a fare discussioni su questo.
    Anche ‘Lost’ usava il cliffhanger (e infatti ‘Lost’ era una sola).
    Per quanto mi riguarda OITNB è una serie talmente solida, talmente ben scritta, talmente cazzuta che potrebbe anche infischiarsene di tenere ‘inchiodato’ il pubblico. Non serve. Dove cazzo vuoi che andiamo…?
    Per di più è pericoloso, perché si rischia di immolare sull’altare della suspance la solidità e la credibilità della storia.
    Però Jenji Kohan se ne infischia e cammina sul baratro.
    E siccome è una grandissima, non ha mai sbagliato un colpo.
    Anzi: fa una cosa bellissima.
    Prende il cliffhanger dell’ultimo episodio e lo distrugge nel primo.
    Prende la domanda che i fan di tutto il mondo si sono fatti per mesi, facendo ipotesi e scrivendo colate di inchiostro di fanfiction, la guarda e la liquida con un’alzata di spalle. Fa scoppiare un tormentone come se fosse una bolla di sapone, e poi inizia a parlare di altro.
    Mi spiego: la prima stagione finiva con Piper che (forse) pesta a morte Pennsatucky. I fan rimangono lì, appesi e passano gli 11 mesi e 29 giorni successivi a chiedersi: sarà morta, sarà viva, cosa succederà adesso a Piper?
    Poi Jenji Koahn, arriva, prende la faccenda, la guarda  e la liquida con un’alzata di spalle e due battute infilate in un dialogo che parla d’altro “Pensatucky is not dead. But you fucked her up pretty good). E buona notte, passiamo ad altro.
    La secondo stagione finisce con la grande macchinazione di Piper per far tornare in prigione Alex; i fan passano 11 mesi e 29 giorni a scrivere fan fiction su come e quanto Alex si incazzerà per questa cosa, poi arriva Jenji Kohan, alza le spalle e scioglie la questione in cinque minuti.
    Il cliffhanger che chiude la terza, va detto, è un po’ più impegnativo, più rischioso, più difficile da sciogliere.
    Ma mi fido di te Jenji e del tuo essere’ uno strumento nelle mani delle muse’. Solo ti prego, stai attenta.

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