Hic sunt lupiL’ipocrisia delle feste

Aprile 2015 "Tanti auguri. Buona pasqua". Questa cantilena riempie questi giorni. Perché si fa così, perché è un’abitudine come "buon Natale" o "buon anno". Auguri di cosa? Di star bene, mangiare b...

Aprile 2015

“Tanti auguri. Buona pasqua”. Questa cantilena riempie questi giorni. Perché si fa così, perché è un’abitudine come “buon Natale” o “buon anno”. Auguri di cosa? Di star bene, mangiare bene, di aver fortuna: non si esce da questo solco. Eppure la parola “pasqua” significa ben altro. Viene dall’ebraico “pesach” e vuol dire “passaggio”. Per cui noi augureremmo “buon passaggio”. Ma l’ignoranza dell’uomo medio non fa queste riflessioni. Anche perché caratteristica della mediocrità è proprio “il non passare” verso nulla. Ma rimanere lì, ciò che si è, in mezzo. Senza un passato da meditare e un futuro verso cui tendere che non sia l’aumento di stipendio o la salvaguardia personale. Dovremmo dire “ auguri. Buona conservazione”. Come i pelati o i sottaceti. Gli antichi invece, tra cui gli ebrei, avevano forte il concetto di “passaggio” verso una vita “fertile di vita ( non di figli)”. 

Per gli ebrei la Pasqua era l’Esodo, il grande viaggio di liberazione nel deserto verso una “Terra Promessa”, cioè verso un essere uomini umani tra umani uomini. Fecero coincidere la festa dell’Esodo, dell’ “uscita da…”, con una più antica festa pagana del primo plenilunio di Primavera, quando tutte le energie vitali della stagione della rinascita spingevano la Terra a produrre vita, cibo, bellezza e gli animali ( come le greggi di pecore) a generare nuovi agnelli, segno di continuità e di vittoria sul freddo e il sonno dell’Inverno. I cristiani ( quelli veri delle origini) posero in questo stesso giorno la memoria, per la loro fede, di un uomo giusto come Gesù che aveva pagato con la vita il suo impegno di liberazione degli uomini e a cui Dio rendeva giustizia resuscitandolo, nel senso di affermare che una vita non chiusa nella mediocrità dell’autoconservazione, ma spesa per amore-liberazione non muore, mai .  
Questa era la Pasqua nei suoi significati originari, pagani, ebraici, cristiani: “passare” dalla morte alla vita. Da tutti i tipi di morte ad una vita vera, ricca di senso, con una ciclicità che ogni anno avrebbe visto l’uomo un po’ più libero e degno del suo essere uomo.

Oggi no. 
L’ipocrisia della pace non funziona. 
Nemmeno a Pasqua.

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