The ®esistanceRegionali, il vero vincitore è l’astensionismo

Renzi e Orfini in attesa degli exit poll È 5 a 2 per i democratici. Ma il vero vincitore è l'astensionismo. Poco più di un elettore su due si è recato ieri alle urne per eleggere sette gover...

Renzi e Orfini in attesa degli exit poll

È 5 a 2 per i democratici. Ma il vero vincitore è l’astensionismo. Poco più di un elettore su due si è recato ieri alle urne per eleggere sette governatori. L’affluenza è del 52,2%: la conferma che nessun partito sembra ancora in grado di trascinare l’Italia al voto. È la pancia del Paese che non digerisce lo sfaldarsi dei partiti tradizionali indigesti. È l’elettorato che, seppur affamato di cambiamento, vota il digiuno. È il cittadino che, annoiato, com-patisce  l’anemia del ceto politico. Intollerante alla mancanza di leadership e di visione, prende le distanze dal balbettio del Palazzo. 

È la notte della resa dei conti, delle alleanze saltate e delle certezze che crollano. È il mal di urne. Il sogno di Renzi del 6 a 1 infranto dagli exit poll. Il premier, sperando verosimilmente grandi cose, ha tentato di rastrellare voti fino all’ultimo, predicando calma e gesso anche nel mezzo della bufera sugli impresentabili. Ma ha dovuto accontentarsi. Dovendo, addirittura, battere i pugni sul tavolo. 

È vero, in Campania, né la prospettiva di non poter governare perché soggetto agli effetti della legge Severino, né l’inserimento, all’ultimo giorno di campagna elettorale, nella liste degli impresentabili stilata dalla commissione parlamentare Antimafia, hanno frenato l’ascesa di Vincenzo De Luca (Pd). L’impresentabile la spunta, anche se per pochi voti, su Stefano Caldoro (centrodestra). In Umbria,  Catiuscia Marini (Pd) supera  Claudio Ricci (centrodestra). Netta affermazione di Michele Emiliano (Pd) in Puglia ed di Enrico Rossi (Pd) in Toscana dove, a sorpresa, il leghista Claudio Borghi arriva secondo. Nelle Marche in testa Luca Ceriscioli (Pd) che distacca di molte lunghezze il candidato grillino Gianni Maggi. 

Peccato però che Renzi non sia riuscito a mettere Silvio Berlusconi in un angolo. Il Cavaliere conquista la «rossa» Liguria con Giovanni Toti (Forza Italia) che prevale su Antonella Paita (Pd). Ecco, il mito dell’eterno ritorno esiste. E mentre Renzi rantola, Salvini gongola: Luca Zaia (Lega Nord) «doppia» il risultato deludente di Alessandra Moretti (Pd). E, intanto, Grillo si riscatta. Carroccio e Cinque Stelle, le due forza anti-sistema, rovinano i piani di Renzi che, però,  non vuole sentir parlare di risultato deludente. «Dopo le elezioni — ha spiegato Matteo ai collaboratori — bisognerà ragionare tutti sul modo in cui si sta insieme nel Pd e sulla lealtà e i vincoli d’appartenenza a una stessa comunità politica. C’è il rispetto delle regole e il rispetto tra di noi che siamo sulla stessa barca». Insomma, non caccerà nessuno, Renzi, però non ritiene più «accettabile» che ci si comporti come «una corrente organizzata» dentro il Pd e che un gruppo compatto «come un partito dentro un partito» voti «contro riforme che il governo considera delle priorità». Già, peccato però che nel regno di Matteo viga esclusivamente l’autoritarismo. L’unica concessione ai “siniscalchi” è quella di decidere se restare o scavalcare le mura del Palazzo. E la seconda, ultimamente, sembra essere la più in voga. Matteo è rimandato sul mito dell’invincibilità.

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