Il leader dei falchi dell’Eurogruppo, Wolfgang Schaeuble, ha definito l’Ue “prototipo unico al mondo di governance globale”. Peccato, però, che le politiche messe in atto nei Palazzi di Bruxelles contribuiscano a solcare la distanza tra il mondo reale e quello di chi si arroga la presunzione di risolvere, con queste regole, i problemi della Grecia. Il ministro tedesco capirà, dunque, se ad Atene lo vedranno come un novello Führer.
Sotto la maschera del cognitivismo oggettivo, gli occhi dell’Eurozona guardano ad un’ ottica individualistica, prettamente soggettiva. L’atto del “monopolio del potere politico” mette in scena la recita della discussione collettiva dove l’oscura chiarezza e’ affidata alla superiorità tecnocratica. Il tono dell’austerità, reso ancor più aspro dall’ossessione per la disciplina di bilancio, scandisce la distanza che separa i vertici europei dai cittadini. L’apparente complessità dell’intreccio narrativo opacizza il risultato della scelta (forzata). E mentre aspettiamo il prossimo “tableu”, nel bel mezzo di una depressione economica, assistiamo alla dipartita della democrazia, la sola reale assente tra i commedianti, ingessati e noiosi, di Eurolandia.
Quella che i circensi in giacca e cravatta spacciano per democrazia, in realtà è solo un ipocrita meccanismo elitario di controllo. Si gioca sporco, insomma, sotto il tendone dell’Europa. In un’arena dove, purtroppo, neanche l’intelligenza critica puó districare i nodi dell’ordinaria occlusione del progetto europeo, profondamente superficiale. A chi cerca di cambiare le regole, chissà perché, esce sempre la carta sbagliata. O, peggio ancora, resta in panchina con l’amara illusione di poter entrare in campo. Chi glielo dice che non potrà mai segnare? La partita, d’altronde, è già stata comprata.
L’ostentata esibizione del rischio gonfia i cosiddetti salvataggi in extremis. Ma l’eccentrica mamma Europa non prende per mano i propri figli, si cura solo di sfilare tra l’ipocrisia della vicinanza preconfezionata.