Nel ‘Gattopardo’, un famoso romanzo ambientato in Sicilia nel XIX secolo, il principe Tancredi riteneva che ‘se vogliamo che tutto rimanga così come e’, le cose dovranno cambiare’. Nel caso dei problemi finanziari greci, un bel po’ di cose sono cambiate dal loro inizio nel 2010; eppure i guai sembrano essere sempre gli stessi; Atene non e’ in grado di rimborsare i debiti. Considerazioni analoghe valgono per l’UE nel suo insieme; bailout segue a bailout, ma il futuro dell’Euro resta incerto – per usare un eufemismo. La Sicilia dell’Ottocento viveva un lungo, lento e in qualche modo inarrestabile declino; l’Europa è forse sulla stessa rotta?
Che piaccia o no, il problema fondamentale dell’Europa è che un’Unione monetaria senza Unione politica non è sostenibile. Ci sono stati e ci sono molti casi di unioni monetarie, ma sono sopravvissuti solo quando comprendevano o comprendono paesi piccoli (Svizzera e Liechtenstein) o quando uno di loro era una potenza coloniale (o ex coloniale; ad esempio la Francia e le aree del Franco in Africa occidentale e centrale). Le aree valutarie ottimali funzionano bene se ci sono un’Unione fiscale e la possibilità di trasferimenti dai paesi più ricchi ai paesi più poveri. Questo non accade nella zona Euro. Per parafrasare una frase celebre, potremmo dire ‘no Euro senza rappresentanza’, vale a dire l’Euro non è possibile senza un’Unione politica (democratica). Perché abbiamo dunque raggiunto una fase in cui il destino dei cittadini dell’Eurozona e’ deciso soprattutto da organi non eletti e autorita’ tecnocratiche?
L’integrazione europea fu innescata dalla tragedia della seconda guerra mondiale e inizio’ come un progetto politico per evitare un altro conflitto sul continente. Anche se dopo pochi anni l’aspetto economico e funzionalista prevalse sulla precedente spinta federalista, le Comunità europee furono comunque stabilite come un tentativo di combinare elementi liberali e sociali e di avanzare progressivamente verso l’integrazione politica. Soprattutto dopo la fine della guerra fredda, tuttavia, la neo-nata UE è diventata un’istituzione sempre più ibrida che, nel tentativo di competere nella globalizzazione neoliberale, si e’servita di un numero sempre crescente di corpi, politiche e organi dai nomi bizzarri e dotati di scarso contenuto democratico. Il Parlamento europeo, che rappresenta direttamente i cittadini dell’UE, ha 751 membri; l’affluenza alle elezioni 2014 e’ stata 42,54%; queste due cifre ci dicono della sua complessa composizione e debole legittimità, nonostante gli sforzi per aumentarne i poteri e la visibilità. La ‘politica alta’, d’altra parte, viene gestita dai capi degli Stati membri più grandi; in particolare, da Francia e Germania e sempre più da quest’ultimo da solo.
La Germania è certamente la più grande economia dell’eurozona e lo stato più popoloso, ma non ha alcun diritto di prendere decisioni per l’UE nel suo complesso o altri paesi. Inoltre, alcuni paesi nordici e dell’est europeo che hanno assunto posizioni critiche nei confronti della crisi greca e sono spesso presentati dai media come ‘studenti modello’ di UE e FMI, hanno di fatto risultati economici assai discutibili. La Slovacchia, la tigre dei Tatra, che ha assunto una posizione molto critica sulla Grecia (vedere http://www.ft.com/cms/s/0/692bfc12-b831-11e4-86bb-00144feab7de.html), ha un tasso di disoccupazione del 12,1% (Eurostat, 2015). La Slovenia è messa leggermente meglio con un 9,2%. La disoccupazione in Lettonia, una storia di successo del piano di salvataggio FMI, è circa 9,9%. Sono queste storie di successo per chi? Non c’è dubbio che alcuni paesi dell’ex blocco sovietico e socialista abbiano creato business environment competitivi, investito in nuovi settori (es. IT e software) e raggiunto tassi di crescita ragionevolmente elevati; eppure la disoccupazione (o sottoccupazione), soprattutto per i giovani, non e’ stata sconfitta.
La recente proposta di un governo della zona Euro da parte del Presidente francese, Hollande, sarebbe un passo nella direzione giusta (Vedere http://uk.reuters.com/article/2015/07/19/uk-eurozone-france-idUKKCN0PT0B220150719), ma quanto credibile e autorevole è al momento la Presidenza francese? Non dimentichiamo poi che il popolo e i politici francesi parecchie volte hanno rifiutato la possibilità di un’ulteriore integrazione (tra cui il rifiuto del trattato costituzionale UE il 29 maggio 2005).
Per quanto riguarda l’attuale Unione europea, è diventato sempre più chiaro che essa agisce principalmente per conto di lobby e interessi di peso (finanza, petrolio, armamenti) e, invece di ‘salvare’ i greci, ha riversato principalmente su di loro i problemi delle banche francesi e tedesche (Vedere le dichiarazioni di un direttore del FMI: http://www.keeptalkinggreece.com/2015/03/04/imfs-director-batista-greek-bailout-was-to-save-german-french-banks-video/). Dopotutto, il fatto che le banche della zona Euro siano sottocapitalizzate non e’ affatto un segreto; a partire dal 16 marzo 2015, ad esempio, le capitalizzazioni di mercato di Deutsche Bank e Credit Agricole erano rispettivamente $ 45,1 e 36,1 miliardi in confronto a 160,5 e 84,9 per i due giganti britannici, HSBC e Lloyd’s (vedere http://www.relbanks.com/worlds-top-banks/market-cap). Fin dall’inizio della crisi, le banche tedesche, francesi e italiane sono state in difficolta’ anche a causa della portata prevalentemente regionale delle loro attività, concentrate soprattutto in Europa ed ex URSS, e molto meno in mercati emergenti come Cina, India o Asia sud-orientale.
Per quanto riguarda la Grecia, la sua crisi inizio’ ufficialmente il 23 aprile 2010 con la richiesta di un prestito di € 45 miliardi da UE e FMI. Dopo cinque anni, quello che inizialmente era un problema circoscritto non è stato risolto. È colpa della Grecia? Nonostante la corruzione e la cattiva gestione che hanno certamente caratterizzato il governo di Atene, questa crisi non ha avuto origine in Grecia e ha le sue radici nell’incapacità della zona Euro nel suo insieme di affrontare le questioni economiche e politiche in un momento di crisi finanziaria, economica e sociale nel mondo occidentale. I greci sono stati spesso derisi come ‘pigri’ o ‘corrotti’ quando le responsabilità chiave erano altrove (Vedi http://www.newstatesman.com/blogs/world-affairs/2012/05/exploding- myth-feckless-lazy-greeks). L’UE ha beneficiato di tassi di interesse incredibilmente bassi (ancora oggi allo 0,05%), ma difficilmente puo’ sopravvivere senza un’Unione politica. Inoltre, il resto del mondo si muove velocemente. Gli Stati Uniti hanno promosso un ambitissimo accordo con l’Iran, anche con il sostegno di Mosca, come Obama ha riconosciuto. Ufa in Russia ha ospitato i summit di BRICS e SCO (Shanghai Cooperation Organisation), che si e’ aperta a Pakistan e India. La UE, non i greci, e’ in vacanza permanente.
Una versione in inglese dell’articolo e’ stata pubblicata su open Democracy:
https://www.opendemocracy.net/can-europe-make-it/ernesto-gallo-giovanni-…