Di fronte al male le risposte della filosofia sono vane, come quelle degli amici di Giobbe. Solo la fede (che senza preghiera semplicemente non è, come anche senza pratica di giustizia nonostante tutto), che invece di dare risposte, moltiplica le domande può corrispondere alla giusta e sacrosanta protesta contro l’assurdità inspiegabile del male. Ribellione che non necessariamente si compie nelle urla disperate, ma più anche compiersi nella preghiera silenziosa senza parole in cui si ricapitola ogni sgomento. E nel continuare, nonostante tutto, a dare il pane agli affamati, a consolare gli afflitti, ad accogliere i disperati, loro come noi membri sofferenti dell’umanità. Si ricapitola ma NON SI DEVE placare. La lucidità dell’avvertimento del male non può compiersi in una sedazione, sia pure religiosa. Dio non è un tappabuchi, e il dio che lo fosse non sarebbe immune dal sospetto di essere una proiezione infantile. Chi lo ha detto che la preghiera debba dare pace? E che la fede sia rassegnazione? E per chi non ha fede? Destarsi dal torpore attraverso l’avvertimento permanente dello sgomento e lottare con tutte le forze contro l’assurdo dell’ingiustizia. La non rassegnazione fecondi questo dolore. Placare gli altri e quegli altri che anche noi stessi sempre siamo della propria fame e sete di giustizia.
3 Settembre 2015