Una Democrazia all’italiana
Torniamo a parlare di Australia dopo un anno politicamente turbolento. Un anno nel quale il Premier Abbott e il suo governo hanno subito ripetuti attacchi: dal proprio stesso partito, dalla stampa amica e nemica e da un’opinione pubblica sempre più distante dalle politiche liberal-conservatrici del duo Abbott-Hockey (Ministro dell’Economia). Già a febbraio si vociferava di un cambio di leadership.
La scorsa settimana abbiamo assistito alla terza caduta di un premier uscito vincitore dalle urne dal 2007 ad oggi. Tra i commentatori c’è più di un sospetto che qualcosa si sia rotto nelle dinamiche del sistema politico.
Cadde sotto il fuoco amico il laburista Kevin Rudd per mano di Julia Gillard, la Gillard stessa subì il clamoroso contropiede di Rudd tre anni dopo ed è adesso il turno del Liberale Abbott, scalzato dal compagno di partito Malcolm Turnbull ( altro contropiede perché Turnbull stesso fu scalzato da Abbott sei anni prima), che proprio questa settimana ha giurato come 29° Premier della Federazione e formato il nuovo governo. Per la terza volta in 6 anni gli australiani si trovano davanti ad un Premier che non è stato prodotto dal processo elettorale.
Leadership challenge, sfida per la leadership, è l’espressione usata a queste latitudini per descrivere queste specie di colpi di stato incruenti. Il bello è che si gioca tutto nelle segrete stanze del gruppo parlamentare del Partito. Pare veramente una puntata di “House of Cards”, ma è la nuova realtà politica australiana. Una realtà che somiglia sempre più a quella dell’Italia della prima Repubblica. Guerre intestine ai partiti, divisi sempre più tra ali moderate e radicali, leadership che cambiano ( e talvolta ritornano), giochi dietro le quinte, tradimenti a freddo, vendette. Il pubblico e gli opinion leader sono sconcertati.
L’Australia ha un ciclo politico assolutamente anomalo: si vota per la camera bassa ogni tre anni con un sistema maggioritario unico al mondo (una specie di doppio turno, ma che si svolge in un giorno solo), con voto obbligatorio (la variabile dell’affluenza non entra quindi in gioco) e per il senato con metodo assolutamente proporzionale. C’è poi da considerare che il peso dei Governi degli stati della federazione è ancora rilevantissimo, siamo in presenza di un federalismo molto forte. I singoli votano a scadenze variabili, ci sono inoltre spesso elezioni suppletive. Insomma, si vive in uno stato di perenne campagna elettorale.
Ma questo non aveva mai impedito l’emersione di leadership forti e stabili: dalla lunghissima era Menzies (1949 – 1966) ai recenti 11 anni di John Howard, per non parlare dei 13 anni di dominio laburista col duo Hawke-Keating. Cosa sta invece avvenendo oggi ? Cosa è cambiato ?
Tony Abbott stesso, che da leader dell’opposizione aveva aggredito e girato il coltello nella piaga delle giravolte dei laburisti e che è adesso a sua volta caduto vittima delle stesse dinamiche, ne ha dato una sua personale visione. Nel breve discorso di commiato tenuto di fronte a Kirribilli House, la residenza ufficiale del Premier, ha puntato il dito contro il continuo susseguirsi di sondaggi e analisi di opinione, contro il sistema informativo che ormai opera 24 ore su 24 e influenza sempre più l’agenda politica. Tutte opinioni plausibili ed accettabili. Ma personalmente ritengo sia entrata in crisi anche la forma organizzativa e le procedure di costruzione della leadership del sistema politico australiano.
In uno dei suoi ultimi saggi (“Morire di Democrazia – Tra derive autoritarie e populismo” edizioni Longanesi )l’ambasciatore Sergio Romano dipingeva un esito simile anche per l’Italia e, più in generale, per tutte le democrazie occidentali. Questo clima da campagna permanente sta portando all’estinzione delle Politiche di grande respiro, quelle che possono mostrare i propri benefici nel lungo termine. Se il sistema politico è costretto a guardare i sondaggi ogni giorno o i trend d’opinione sui social network ogni ora, La politica sarà sempre più schiacciata sulla dimensione della propaganda. Ridotta a comunicazione.
Se sono vere le accuse di Abbott , allora una leadership che nasce nelle segrete stanze di un partito in cui si riuniscono un centinaio di deputati non può che avere vita breve e tormentata. I Laburisti dopo la sconfitta del 2013 sono parzialmente corsi ai ripari allargando il dibattito interno per la guida del partito alla più vasta platea degli iscritti. I Liberali saranno costretti presto ad andare in una direzione simile. Non è escluso che vedremo presto forme di consultazione “primaria” anche a queste latitudini.