La ‘ndrangheta che al nord non spara e non uccide è un falso storico. Il caso forse più clamoroso riguarda l’uccisione di Carmelo Novella, boss della ‘ndrangheta ucciso a colpi di pistola il 14 luglio 2008 in un bar a San Vittore Olona. Per l’omicidio sono stati condannati gli esecutori materiali, i due oggi collaboratori di giustizia Antonino Belnome e Michael Panajia, e il mandante, Cosimo Giuseppe Leuzzi.
Non è neppure stato l’ultimo episodio di ‘ndrangheta e pistole, anzi, tra il 2012 e il 2013 volano altri proiettili, uno letale per Giuseppe Nista, pregiudicato 44 enne, nato a Melzo, legato ad ambienti della criminalità calabrese, morto al Policlinico di Milano proprio dopo una sparatoria.
Ci sono però bersagli e bersagli. E l’altra sera una scarica di proiettili ha raggiunto un bersaglio sensibile. Riporta la notizia l’edizione milanese del Corriere della Sera: raggiunto da sei pallottole è Ludovico Muscatello, 23 anni, nipote del vecchio boss Salvatore, 81 anni e capolocale di Mariano Comense. Da lui, condannato nell’ambito del processo “Infinito” a 16 anni, si recavano affiliati, imprenditori e politici.
“Ora“, chi ha sparato alle 5 di sabato mattina davanti a un panificio di via Al Monte a Cantù a Como, scrive Cesare Giuzzi sul Corriere, “più delle indagini della polizia, dovrà temere la vendetta del clan, uno dei più temuti e pericolosi della ‘ndrangheta in Lombardia”.
La ‘ndrangheta che (non) spara dal nord c’era, non se ne è mai andata e ci sarà, perché chi ha sparato lo ha fatto per uccidere e, come scrive Giuzzi sul Corriere, sapeva perfettamente cosa volesse dire sparare a un Muscatello.