From Paris with blog“Bruxelles è paralizzata e nessuno sa perché”

Da qualche giorno le forze speciali della polizia belga hanno rubato Bruxelles ai suoi cittadini. Prima la chiusura della Grand Place, domenica scorsa, poi l'obbligo di rimanere dentro casa e addir...

Da qualche giorno le forze speciali della polizia belga hanno rubato Bruxelles ai suoi cittadini. Prima la chiusura della Grand Place, domenica scorsa, poi l’obbligo di rimanere dentro casa e addirittura di non uscire dai ristoranti nei quali la gente mangiava, finché i bruxellois si sono ritrovati a vivere un lunedì sospeso nel tempo e a sbirciare da dietro la finestra di casa propria una città blindata e deserta che non ha nulla da invidiare alla New York devastata dagli zombie di “Io sono leggenda”.

Giacomo Lozzi è un italiano di 29 anni che lavora nel quartiere europeo di Bruxelles. Anche lui, come tutti i cittadini della Capitale d’Europa, sta vivendo una situazione fuori dal comune senza comprenderne fino in fondo il motivo:

L’impressione è che la polizia belga non sappia cosa sta cercando, ed è questo che è faticoso da accettare. Se fai un blitz che paralizza la città, e domenica sera era davvero paralizzata, devi ottenere qualcosa. Invece niente. Non ho paura, non credo neanche che il Belgio sia un obiettivo reale, ma è l’incertezza che logora.

Ieri, visto che la città era completamente paralizzata, Giacomo ha addirittura avuto la possibilità di scegliere se andare al lavoro o meno:

Alla fine ho scelto di andare al lavoro perché vivere da recluso è brutto, anche se solo per due giorni. Non percepisci quello che ti succede intorno e a me personalmente questo aspetto stressa abbastanza. In più il lavoro distrae e ti dà l’impressione di continuare la vita normale. E’ quello che dicono sempre, ma effettivamente in questo caso per me è cosi.

Il fatto che una serie più o meno presunta di blitz anti-terroristici da parte della polizia sia in grado di paralizzare un’intera città, senza che gli abitanti ne abbiano capito realmente il motivo, è probabilmente l’indizio di una cittadinanza quantomeno disunita, completamente vittima della paura e dell’incertezza.

Qui a Bruxelles esistono mondi paralleli che non si incontrano mai. Ci sono i belgi, divisi tra fiamminghi e valloni, che non si piacciono tra di loro e non amano questa città, che reputano caotica e invasa. Ci sono le istituzioni europee, che però non hanno nessuna giurisdizione sulla città e sono percepite come un corpo estraneo. Poi ci siamo tutti noi occidentali che gravitiamo intorno alle suddette istituzioni: ci chiamano “expats” e ci distinguono dagli “immigrati”, una massa infinita di arabi, quasi tutti marocchini (la prima comunità straniera) e centro-africani che vivono nei loro quartieri.

Secondo Giacomo, Bruxelles è una città trascurata perché nessuno si sente a casa sua e quindi nessuno si prende la briga di averne cura:

In un momento di difficoltà, quando di solito ti giri per cercare chi deve prendere in mano la situazione, hai la percezione che tutti facciano un po’ i vaghi alzando le mani.

Anche Giacomo, come tanti altri, continua a farsi delle domande che sembrano banali ma restano comunque senza risposta. “Perché domani riaprono scuole e metro? – si chiede. – Cosa è cambiato? Chi stiamo cercando, gli attentatori di Parigi? O stiamo stanando cellule jihadiste locali?”. Ma soprattutto: “Dove cazzo sta Salah?”.