From Paris with blogLa tragedia di Parigi si vende un tanto al chilo

Abbiamo già parlato di sciacallaggio mediatico sugli attentati di Parigi: dalla compravendita di video amatoriali tra "reporter diffusi" e canali televisivi al proprietario della pizzeria "Casa Nos...

Abbiamo già parlato di sciacallaggio mediatico sugli attentati di Parigi: dalla compravendita di video amatoriali tra “reporter diffusi” e canali televisivi al proprietario della pizzeria “Casa Nostra” – uno dei teatri delle sparatorie di venerdì 13 novembre – che ha venduto le immagini di quegli attimi orribili al sito del Daily Mail per la modica cifra di 50mila euro. A quando le visite guidate a pagamento sui luoghi dell’attentato, i menu speciali con le bistecche al sangue o le torte a forma di Kalashnikov?

Ci ho pensato qualche sera fa, tornando a casa, quando una famiglia di spagnoli mi ha fermato per la strada e mi ha chiesto da che parte fosse il Bataclan. Manco fosse il Louvre o la Tour Eiffel. A un certo punto mi sono chiesto: ma che ci vanno a fare? A scattarsi un selfie? Sembrerebbe una battuta, ma purtroppo non lo è. Chi ha avuto l’occasione di farsi un giro nei luoghi delle sparatorie se n’è già reso conto da un pezzo. Qual è il confine tra il giusto omaggio alle vittime degli attentati e il voler comunicare a tutti i propri contatti Facebook o WhatsApp: io ci sono stato? Perfino la povera Valeria Solesin, morta come tanti altri sfortunati durante il concerto al Bataclan, quel maledetto venerdì, è stata divorata dagli sciacalli per un po’ di pubblicità: prima la dichiarazione a caldo di Matteo Renzi che vuole dedicarle una borsa di studio, poi dicono che le intitoleranno un ponte a Venezia, fino ai funerali di Stato, ovviamente iper-mediatizzati. Meno male che ci hanno pensato i genitori a non cavalcare l’onda e a dare prova di dignità e di discrezione senza mai svendersi per un quarto d’ora di notorietà al circo mediatico.

Con il passare dei giorni sembra che Parigi si stia trasformando sempre di più in un enorme negozio di souvenir. Non che questo specifico tipo di cancro non avesse già riempito di metastasi il tessuto urbano della capitale francese, che da tempo oramai sembra una Disneyland per turisti. Ma farlo sulla pelle dei morti mi sembra un tantino di cattivo gusto. E’ vero, Parigi ha bisogno di riprendersi il prima possibile dallo shock: per colpa degli attentati ci sono il 20% di visitatori in meno e sono molte altre le mete di villeggiatura francesi, anche fuori Parigi, a risentirne – emblematico il caso del Mont Saint-Michel. E’ vero anche che bisogna tornare a sorridere, a guardare positivo, e non mi va di fare la parte della vedova che si veste di nero per il resto della sua vita, però la Tour Eiffel blu, bianco e rossa – che ci sta, ma dopo un po’ anche basta – le prime pagine dei giornali che titolano sull’incremento delle vendite delle bandiera tricolori, il presidente Hollande che continua a farsi pubblicità sugli attentati invitando costantemente i francesi all’orgoglio nazionalista, il simbolo della pace a forma di Tour Eiffel utilizzato come tatuaggio “per non dimenticare” o riciclato sulle prime pagine di giornali patinati come Grazia quasi fosse il brand di un prodotto di cosmetici mi sembrano delle esagerazioni.

Perfino Jawad Bendaoud, il tizio che ha ospitato “a sua insaputa” il terrorista Abaaoud e la sua cricca nell’appartamento di Saint-Denis – quindi stiamo parlando di una cosa seria – è diventato oramai un eroe della Rete con tanto di memes, eventi e pagine Facebook con decine di migliaia di iscritti, T-Shirt dedicate a lui e via dicendo. E’ nato addirittura l’hashtag #JeSuisChezJawad. Mi sa che ho detto tutto.

Per carità, non è un delitto farsi quattro risate dopo tanta tristezza, ma la sensazione che tutto oggi possa trasformarsi in un prodotto o in uno sponsor proprio non riesco a sopportarla.

X