Io voglio essere dimenticato. Con la morte si chiude tutto. Non esiste più niente. Torni da dove sei venuto. Che cosa vuoi che m’importi di come sarò ricordato? Ci penseranno gli altri a tenermi vivo nel ricordo, come meglio potranno.
Umberto Veronesi, eroe dell’oncologia mondiale, dà questa risposta alla giornalista Annalisa Chirico che, in uno straordinario libro che ne ripercorre la vita, gli chiede come desideri essere ricordato. Lei, Annalisa Chirico, affermata giornalista ventinovenne (Panorama, Giornale, Foglio), alla domanda su come abbia fatto a passare da libri sui carcerati preventivi, sugli emarginati dai media e della società ad una rock star come il prof. Umberto Veronesi, risponde senza tentennamenti: “Di chi vorresti raccontare la vita se non dell’uomo di cui sei innamorata?”
Cos’è esattamente Confessioni di un anticonformista – Storia della mia vita (ed. Marsilio Nodi): è una biografia scritta a quattro mani con il prof Veronesi, un testamento o un libro-intervista?
E’ un racconto di vita privata, senza censure. Per la prima volta, alla soglia dei 90 anni, Umberto Veronesi sfoglia l’album dei ricordi, dall’infanzia in una cascina di campagna alla perdita prematura del padre, il trasferimento in città, l’apprendistato sessuale con le prostitute, l’esperienza di soldato riluttante nella Seconda guerra mondiale … fino agli studi e alla fenomenale carriera di oncologo che lo rende uno degli italiani viventi più conosciuti all’estero. Veronesi racconta delle sue scappatelle, del settimo figlio avuto a 60 anni da una donna che non era la moglie…E’ l’umiltà di un grande uomo che non si atteggia a super uomo.
Nonostante il non sentire più “una grande spinta verso la vita”, nel dialogo tra te e il professore, lui sembra più ottimista di te…
Io sono una cinica realista, lui è un adorabile sognatore. Quando parla di malattia, il professore veste i panni del medico che ha tenuto il bisturi in mano per una vita intera operando migliaia di donne. Ha innovato la tecnica chirurgica mammaria: fino agli anni 70 l’asportazione del tumore al seno comportava l’asportazione dell’intera ghiandola mammaria. Lui ha detto: basta, dobbiamo riuscire a eliminare il tumore senza privare la donna di un organo che è culla di femminilità. I suoi colleghi lo guardavano come un marziano: ‘Ma sei pazzo ad assumerti un tale rischio per conservare un organo sostanzialmente inutile come il seno?’. In questo Veronesi è stato un femminista ante litteram. Quando si parla invece di pace nel mondo e di dialogo con l’Isis, io ho difficoltà a seguirlo nel suo idealismo visionario. Forse sono troppo vecchia io.
Mi racconti un aneddoto sul prof. Veronesi?
Il professore è freddolosissimo, nel suo ufficio la temperatura raggiunge anche i 28 gradi. Così lui parlava con gilet e giacca indosso, io lo ascoltavo in canotta con il ventaglio in mano e il sudore sulla fronte. Eravamo un duo abbastanza buffo.
Quanto e come ti ha cambiata l’incontro con il prof?
Mi ha aperto un mondo che non conoscevo, quello della malattia e del cancro. Ci siamo incontrati spesso all’Istituto europeo di oncologia. Per me, ipocondriaca come sono, è stato un esercizio quotidiano di contatto con situazioni estreme di sofferenza.
Annalisa, nei tuoi libri ti sei sempre occupata degli ultimi. Come sei passata dai carcerati preventivi, dagli emarginati dai media e della società ad una rock star come il prof. Umberto Veronesi?
Perché sono innamorata di Umberto Veronesi, da sempre. Ha fatto della libertà la stella polare della sua esistenza. Condivido le sue campagne per la laicità e per il superamento di un sistema penale imperniato sul carcere. Lo avevo intervistato la prima volta proprio per la sua campagna contro l’ergastolo. Quindici anni fa sono diventata vegetariana leggendo i suoi libri. La verità è che il mio è un non-mestiere: mi dà il privilegio assoluto di poter raccontare le storie che scelgo, di poter incontrare le persone che desidero incontrare. Di chi vorresti raccontare la vita se non dell’uomo di cui sei innamorata?