C’è un momento preciso, tra mille momenti e mille episodi, in cui Valentino Rossi varca la linea d’ombra che separa la ragione dal torto. È il momento in cui, dopo aver superato Marc Marquez, a Sepang, rallenta e lo aspetta. Per dirgli qualcosa, per “dargli un colpetto”, per sbatterlo fuori non lo sapremo mai. Ma rallenta e lo aspetta. Ed è lì che si gioca tutto, in quella frazione di secondo in cui perde di vista l’obiettivo per regolare i conti con lo spagnolo.
È lì che le tessere del domino cominciano a cadere: il calcetto e il colpetto, la caduta e la penalizzazione, i fischi e le parole, la rimonta e il biscotto. E in mezzo un mare di parole, di accuse, di dietrologie e di alibi. Quelli di Valentino Rossi, soprattutto, che dovrebbe incolpare solo se stesso di un Mondiale buttato alle ortiche a due gare dalla fine. Dal clima avvelenato che ha concorso ad alimentare, roso dal rumore dei nemici – quello che esaltava José Mourinho – e dalla paranoia che fossero tutti contro di lui.
Sarebbe bastato un po’ di sangue freddo in più, in fondo. Fosse andato per la sua strada, a Sepang, una volta passato Marquez, avrebbe corso una gara diversa a Valencia. Non avrebbe avuto venti posizioni da recuperare, lasciando il destino della stagione nelle mani di tre spagnoli, nel gran premio di Spagna. Avrebbe vinto, con ogni probabilità, perché più abile ed esperto a gestire la pressione. E invece dalla pressione si è fatto mangiare.
La colpa è sempre dell’altro, il complotto dietro l’angolo, la buona fede un miraggio, gli errori non si pagano mai, ma si nascondono sotto sei metri di chiacchiere. E la ragione, ovviamente, sempre dalla nostra parte
Il problema però siamo anche noi. Che non accettiamo la caduta di Valentino tra noi comuni mortali, così come non siamo capaci di accettare che sia nostro figlio ad aver sbagliato e non il compagno di banco o la professoressa. La colpa è sempre dell’altro, il complotto dietro l’angolo – e pazienza se un bel po’ di piloti hanno lasciato cortesemente passare Rossi: a parti invertite, tutto regolare, altroché – la buona fede un miraggio, gli errori non si pagano mai, ma si nascondono sotto sei metri di chiacchiere. E la ragione, ovviamente, sempre dalla nostra parte.
Oggi c’erano un bel po’ di bimbi, davanti alla tv, con magliette e cappellini gialli. Sarebbe stato il momento giusto per spiegare un bel po’ di cose, tra un sorpasso e l’altro. Abbiamo perso due volte: il mondiale del MotoGp e una buona occasione. Peccato.