In un recente evento tenutosi a Londra, durante la serata di gala Thinkers50, si è tenuta la celebrazione di un grande numero di idee e concetti. Anche se dobbiamo considerarlo più come un evento mondano che altro, il Thinkers50 riesce a riunire alcune delle menti più brillanti dell’economia del pianeta in un unico evento e in un unico luogo in una serata di un normale giorno di pioggia a Londra. Ciò che è stato celebrato durante l’evento, tra le varie idee avanzate da molti brillanti pensatori, è stato il concetto di mercati in rapida espansione. Questo concetto ha ormai quasi 3 anni e il suo fondamento principale risiede nella rilevazione della crescita al livello più micro possibile.
Questa idea non è nata per diventare un’alternativa al modello di crescita tradizionale ma, portata dalle ricerche condotte finora, sia per esposizione diretta o indiretta, è un indicatore, che suggerisce effettivamente che la crescita è una risposta comportamentale ai bisogni che diventano nuove esigenze, suscitati dalle tendenze sociali, dalle opportunità economiche e dagli imprenditori.
In realtà, non c’è nessuna novità in tutto questo. E non c’è nemmeno una reale distanza dalla teoria del libero mercato, dalla libera circolazione di persone e merci e dalle politiche governative aperte. Si tratta pur sempre di capitalismo e di un’economia di mercato liberista nella sua forma più pura. Cerchiamo di essere chiari. Non importa quanto decostruzionisti siamo o si sia in generale del modello di crescita attuale, ci troviamo ancora nell’ambito dell’apologia del sistema capitalista, che continua ad essere l’unico modello economico che pare funzionare.
È ampiamente dimostrato che i Paesi che liberalizzano aumentano le opportunità per i loro cittadini di avere una vita che vale la pena di vivere e di esprimere il loro potenziale. Mentre molti aspetti del capitalismo sono ancora imperfetti e auto-diretti verso un numero molto ridotto di privilegiati, gli ideali sono ancora fondamentali rispetto alle ambizioni che dovrebbero avere le società moderne. Piuttosto, ciò su cui siamo diventati scettici è l’applicazione del modello di crescita alle esigenze attuali e su quanto quello che funzionava nel passato abbia smesso semplicemente di funzionare oggi a causa dell’inevitabile invecchiamento dei modelli e delle loro idee. Il che non dovrebbe sorprendere. I modelli vengono creati rispetto alla mentalità del tempo, con aspettative e problematiche plasmate dal contesto in cui gli eventi si svolgono. Che la crescita sia stata,da un punto di vista storico, un concetto esclusivamente misurabile nella forma dell’offerta e della domanda complessivi è dovuto al fatto che questo era l’unico modo per riuscire a organizzare una realtà disordinata e complessa. Non è difficile vedere come il PIL, e il suo obiettivo di analisi macroeconomica, sia uno strumento che è stato creato come una conseguenza della Grande Depressione del 1929. In quegli anni, i Governi erano ancora i principali azionisti e i Paesi lottavano per ottenere prerogative federaliste ed emergere dalla frammentazione controversa dei territori.
La geografia politica ed economica non era certo paragonabile a quella di oggi e il vecchio modello occidentale di dominio coloniale era, in quei giorni, ancora d’attualità in molti Paesi. Il mondo era più monotono rispetto alle infinite sfumature di colori che presenta oggi. I concetti di aggregazione proponevano nuovi ed eccellenti livelli di analisi, considerando che il progresso, le invenzioni scientifiche e mediche e i bisogni umani fondamentali erano all’inizio del loro percorso. Da molto tempo abbiamo emancipato le nostre civiltà da ciò, e dalla seconda metà del 20° secolo le nostre società si sono mosse verso ideali di convivenza, accoglienza, multiculturalismo e liberalismo. Oggi il mondo è molto diverso e, anche se lo riconosciamo, non vogliamo cadere nell’ovvio. Quello che vogliamo è riconoscere che la crescita, ormai da decenni, si è in gran parte trasferita dai Governi al settore privato. Sappiamo ormai che le aziende sono i maggiori motori per la crescita e i Governi sono diventati attori minori, ma ingombranti, con una limitata capacità di creare progresso e una tendenza involontaria di ammassare debito. Le aziende non hanno rivali nel loro contributo alla creazione di ricchezza. Non vi è spesa pubblica, organizzazione non governativa o senza scopo di lucro che possano avvicinarsi a rivaleggiare con ciò che fanno le aziende. I Governi possono agevolare, vietare, promuovere, ma non possono creare ricchezza. Almeno, non possono farlo in nessun senso fondamentale. D’altra parte, i micro-attori come le imprese, i consumatori e le attività commerciali possono farlo, perché la crescita si verifica come moneta di scambio del prendere rischi e riuscendo ad aumentare progressivamente. Questo è il motivo per cui celebriamo i mercati che crescono al livello grassroots, dal momento che è lì che si suppone che la crescita avvenga davvero. Quindi, alla luce di tutto questo, il nostro concetto di crescita e il suo rilevamento devono essere aggiornati. Riteniamo che la crescita sia ovunque e che permei le pieghe della società, in modi sconosciuti agli economisti del secolo scorso.
La crescita è organica per definizione e cresce dal basso. È collegata e predisposta ad aspirare a nuove altezze, ma non necessariamente la crescita verticalizza sempre. Può anche espandersi in modalità in cui non raggiunge mai una massa critica e può essere difficilmente rappresentata da modelli binari o da assunzioni rigorose dal punto di vista matematico. Per misurare la crescita bisogna in primo luogo seguirne l’evoluzione, un po’ come un aquilone nel cielo. Indipendentemente dalla traiettoria prevista, saranno i venti a determinarne i movimenti. ”Ballando con la crescita” è l’immagine che dipinge i mercati in rapida espansione e sta diventando evidente per molti. Si tratta di riorganizzare le nostre riflessioni e le nostre azioni per sostenere i trend che emergono dall’economia reale in forme e dimensioni che caratterizzino il modo in cui le società avanzano. I mercati in rapida espansione propongono una rappresentazione non scientifica del senso di progresso che non ha di per sé valore cognitivo ma che è, per dirla semplicemente, incentrata sull’uomo. Se vogliamo parlare di crescita, in sostanza, è arrivato il momento di porre al centro del processo le persone e non solo delle astrazioni lineari.