Homo sumPericolo inquinamento: «la causa della MCS è neurotossica, non psicologica»

di Francesco Carini A prescindere dall’allarme sull’incremento delle malattie causate dallo smog lanciato dal prof. Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore della Sanità, sembrava che ...

di Francesco Carini

A prescindere dall’allarme sull’incremento delle malattie causate dallo smog lanciato dal prof. Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore della Sanità, sembrava che il 2015 potesse essere cruciale in Italia per la tutela di “nuove” patologie ambientali, ma l’anno si chiude diversamente e il 2016 non si apre meglio.

Quasi dodici mesi fa, lo scorso 15 gennaio, al termine del Congresso Internazionale organizzato a Roma dall’associazione A.M.I.C.A., presso la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, è stato firmato il documento titolato “Risoluzione di Roma Consenso sulle terapie e sulle strategie di prevenzione per la Sensibilità Chimica Multipla (MCS)“, da parte di 15 esperti provenienti da diverse parti del globo. In tale testo, oltre a considerare la patologia non più rara, dato il numero crescente di ammalati (soprattutto donne), gli scienziati in questione hanno dichiarato:

«La MCS è una malattia fisiologica caratterizzata da sensibilità chimica e dalla presenza di sintomi in diversi sistemi d’organo.

Nella MCS avvengono diversi cambiamenti fisiologici, tra cui lo stress ossidativo/nitrosativo, l’infiammazione cronica, disfunzioni immunologiche e neurologiche. Non ci sono prove di un’origine psichiatrica di questa malattia.

La MCS richiede un approccio di cura multidisciplinare che è utile anche per la gestione di altre malattie croniche legate all’ambiente – come il diabete di tipo II e le malattie cardiovascolari – e le malattie neurodegenerative – come l’Alzheimer, il Parkinson e la Sclerosi Laterale Amiotrofica.

Le strutture di assistenza sanitaria devono collaborare con i servizi sociali per aiutare i pazienti con MCS ad ottenere una opportuna e adeguata riabilitazione.

Come parte del trattamento, gli individui affetti da MCS devono evitare le sostanze chimiche e ciò, a sua volta, richiede un’adeguata sistemazione sul posto di lavoro e nell’ambiente domestico».

Qualche settimana più tardi, il sottosegretario alla salute Vito De Filippo, in occasione di un’interrogazione alla Commissione Affari Sociali alla Camera, riferendosi alla Sensibilità Chimica Multipla, ha replicato: «La mancanza di consolidate conoscenze epidemiologiche, cliniche e terapeutiche, rende difficile la condivisione dei criteri e dei metodi necessari per effettuare una precisa diagnosi ed una efficace gestione del paziente, identificando correttamente i destinatari dei benefici ed evitando pericolose generalizzazioni che rischierebbero di provocare solo un aumento della spesa sanitaria».

Anche se la comunità scientifica si è divisa su tale patologia, decenni di studi confermano quantomeno dei punti in comune sulla sua natura di origine ambientale, a partire dal lavoro del dott. George Cheyne, che la definì nel 1773 “Malattia Inglese”, passando per le ricerche compiute negli anni ’50 da Theodor Randolph, dal dott. Cullen nel 1987 (che ha ha dato il nome definitivo alla patologia) o da Martin Pall nel 2003 (il quale ha evidenziato nei malati un’alta concentrazione di ossido nitrico/perossinitrico), fino ad arrivare alle prese di posizione di: Germania, Paesi Scandinavi e USA, dove nel 1998 è entrato in vigore “The Americans with Disabilities Act” (legge A.D.A.), in cui trovavano tutela gli americani con disabilità, compresi quelli affetti da MCS.

In Italia, dopo gli studi negli anni ’90 del prof. Magnavita e del dott. Cipolla (Ospedale Sant’Orsola di Bologna), il professor Giuseppe Genovesi resta uno fra i massimi esperti in materia. Specialista in: immunologia, endocrinologia e psichiatria, ed ex responsabile del Centro Regionale per la Diagnosi e la Terapia della Sensibilità Chimica Multipla presso il Policlinico Universitario Umberto I di Roma (dov’erano in cura, fra il 2012 e il 2014, 460 persone), in esclusiva fa chiarezza su aspetti riguardanti la malattia (inserita nell’elenco delle malattie rare solo da alcune regioni) e sugli ultimi sviluppi in ambito diagnostico.

Professore, come definirebbe la Sensibilità Chimica Multipla?

La MCS (Multiple Chemical Sensitivity) è una patologia strettamente legata all’inquinamento ambientale implicante lo sviluppo di una condizione neurotossica che, essendo plurisistemica, si correla ad una serie di svariati sintomi: respiratori, gastrointestinali, endocrini, neurologici ed anche psichici, con questi ultimi che sono comunque conseguenti alla sindrome e non causa! Essi sono dovuti ad una neurotossicità sviluppatasi nelle aree limbiche del cervello.

Negli ultimi due anni ho potuto personalmente constatare ciò attraverso la PET cerebrale, cioè, un’indagine radiologica che implica verifiche di tipo funzionale del cervello, consistente nel misurare la distribuzione del glucosio radiomarcato, affinché si possa studiare se la stessa distribuzione risulti omogenea, come dovrebbe avvenire.

Da chi è stato compiuto e cosa ha potuto constatare in particolare attraverso tale studio?

Questo lavoro è stato svolto per due anni da un gruppo di lavoro composto da me, in collaborazione con alcuni ricercatori dell’Università Tor Vergata (prof. Marco Alessandrini e dott. Chiaravallotti, Di Pietro e Pagani) ed ha visto i natali nel febbraio scorso con la pubblicazione sulla rivista European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging.

Attraverso la PET cerebrale abbiamo valutato un gruppo di soggetti con la Sensibilità Chimica Multipla e un altro perfettamente sano, prima e dopo uno stimolo olfattivo preciso: vaniglia naturale, pertanto non tossico. Di base abbiamo notato che prima dello “sniffing”, la distribuzione era idonea in entrambi i gruppi; mentre dopo quest’ultimo, i soggetti sani non portavano nessuna differenza al contrario dei pazienti affetti da MCS, che avevano una spiccata riduzione della distribuzione, soprattutto nelle aree olfattive.

Quindi, dopo tale studio cosa cambia dal punto di vista scientifico, rispetto al recente passato?

Si può parlare di un lavoro italiano che esclude l’origine psichica del problema, in un paese in cui spesso si afferma tale origine.

Questo dettaglio è un elemento chiave, dal momento che avviene in seguito ad anni di indagini su questi soggetti che dimostravano:

1) alcune deficienze degli enzimi Catalasi e Glutatione Transferasi;

2) accumulo di sostanze tossiche in alcuni distretti cellulari;

3) deficit di acidi grassi polinsaturi;

4) sistematico deficit di Vitamina D (elemento anti-neurotossico fondamentale).

In Italia, tutti tali aspetti vengono spesso totalmente trascurati, venendo sostituiti da esami di routine che, seppur importanti, non vengono seguiti da indagini genetiche o epigenetiche.

Che ruolo hanno la genetica e l’epigenetica nella MCS?

Genetico è ciò che ci caratterizza da quando siamo stati concepiti dai nostri genitori e non si modifica. Pertanto, la trasmissione genetica implica la constatazione di caratteristiche che potrebbero essere predisponenti, come la scarsa funzionalità di enzimi o polimorfismi che implichino attività enzimatiche ridotte. In riferimento alla patologia, la conoscenza di tali dettagli ci consente di dare supporto funzionale, anche se non possiamo modificare il DNA.

Epigenetico invece, partendo dal significato greco della parola che significa “sopra”, è tutto ciò che è stato acquisito nel tempo, pertanto anche sostanze tossiche che siano andate a contaminare: DNA, proteine o membrane cellulari.

Quali sono le patologie legate alla Sensibilità Chimica Multipla? La ME/CFS (Encefalomielite Mialgica/Sindrome da Fatica Cronica) è una di queste?

Dunque, rispetto alla CFS (Chronic Fatigue Syndrome) sono diverse le manifestazioni nei sintomi, ma ci sono presupposti molto simili dal punto di vista metabolico. Ad esempio, nella MCS prevale il polimorfismo dell’enzima Glutatione Transferasi e laddove c’è un’accoppiata con il polimorfismo dell’enzima Superossido Dismutasi si verifica anche la Fatica Cronica; anche se questa è ancora più evidente in casi di malattie infettive pregresse come la mononucleosi, situazione in cui spesso si associa la Fibromialgia. Quindi è una triade, che però spesso diventa un quartetto, dal momento che interviene l’Elettrosensibilità, presente in quasi tutte le manifestazioni della Sensibilità Chimica Multipla. Pertanto ci sono notevoli convergenze dal punto di vista diagnostico

Tornando alla dimensione psicologica da lei indicata, quanto potrebbe influire su alcuni malati di MCS essere considerati pazienti alla cui base c’è un disturbo psichico?

Risulta logico che c’è una chiara conseguenza quando i pazienti vengono presi per persone con un disturbo psichico. Già è molto difficile convivere con una sintomatologia non compresa.

Conseguentemente si vengono a creare delle idiosincrasie: non dimentichiamoci che si tratta di una malattia neurotossica e pertanto ciò porta alla spiccata tendenza della paura dei sintomi, anche quando l’esposizione è magari più modesta, figuriamoci quando il tutto si spinge alla paura di essere definiti malati psichiatrici.

Che poi alcuni pazienti abbiano bisogno anche di un supporto per le difficoltà a cui vanno incontro è un dato di fatto. Nel recupero di un certo stile di vita, tecniche di supporto psicologico sono senz’altro auspicabili.

Quali sono i paesi stranieri dove la MCS è stata ufficialmente riconosciuta?

Dunque, i paesi dove la patologia è riconosciuta sono tanti. Partiamo dall’Austria, per seguire con: Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia, Norvegia e recentemente anche la Spagna. Fuori dall’Europa ci sono: Australia in particolare, Nuova Zelanda, Canada e Stati Uniti, in cui parliamo di eccellenze nel campo della medicina, come l’EHC di Dallas (Environmental Health Center), da me personalmente frequentato. Proprio in seguito a ciò mi sembra piuttosto inverosimile avere difficoltà a riconoscerla in Italia.

A quanto ammontano i costi che si deve sobbarcare un malato?

Dipende da caso a caso e dalla terapia, o se si va all’estero per cure. Diciamo che un approccio completo sul territorio nazionale, che implichi il pagamento di una serie di ticket o di esami o terapie fuori dalla convenzione con il SSN (vedesi integratori e strutture coenzimatiche), implicano un impatto di 600-800 euro di spesa iniziale, che poi possono arrivare a 300 euro ogni mese, e di conseguenza risultare inaccessibili per molti. Ci sono persone che vivono con questi stessi soldi…

Quindi è una malattia incurabile, che si può solo controllare?

Direi che è una condizione che può regredire in termini completi, perché, con lo stile di vita, un ambiente sano e un’integrazione idonea, si può indurre un miglioramento assoluto. Certamente, bisogna pur sempre tenerla sotto controllo.

Cosa si auspica?

Sarebbe fondamentale che, attraverso il Ministero della Salute, venissero organizzati corsi di aggiornamento di medicina ambientale che mettano i medici nella condizione di conoscere il problema, di constatarlo e di approcciarlo.

Nel 2010, da uno studio condotto dalla dottoressa De Luca e da altri ricercatori, fra cui lo stesso Genovesi, si era evinto che l’accelerata ossidazione lipidica, l’inibizione o la mancata espressione di alcuni enzimi detossificanti come il glutatione e l’aumento della produzione di ossido nitrico e delle citochine infiammatorie, rappresentavano l’evidenza del danno organico e pertanto da considerare tra i principali marker diagnostici della malattia.

Intanto, mentre la comunità scientifica resta ancora divisa nonostante la produzione totale di circa 150 pubblicazioni sulla MCS (che colpisce in minor misura anche i bambini), già 13 anni fa l’Istituto “Robert Koch” di Berlino definiva la qualità della vita dei malati di Sensibilità Chimica Multipla “inferiore” rispetto a chi è affetto da patologia cardiovascolare grave.

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