Perché non si può ancora parlare di concorrenza ? Due ragioni di fondo
Il processo di liberalizzazione della rete ferroviaria incontra ostacoli che sembrano, per ora, difficili da superare.
Dal giorno in cui il primo treno Italo è stato messo sulle rotaie veloci, forse anche un po’ prima, l’azienda che è parte del gruppo NTV si è ritrovata in una guerra dove a comandare è solo Trenitalia.
L’unica a dettare sviluppi e prezzi è solo l’azienda completamente statale. L’incumbent, per usare un termine da tecnici, è ancora troppo forte.
La prima ragione che spinge a dire che non siamo in contesti concorrenziali è legata alla struttura della proprietà del colosso dei trasporti ferroviari. L’azienda fa parte del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane che ne possiede l’intera quota. Fin qui nessun problema, ma se si amplia lo spettro d’indagine si nota che lo stesso gruppo è detentore del 100 % di RFI e del 60% di Grandi stazioni.
E’ qui che il ponte che porta alla concorrenza si blocca.
La RFI è proprietaria dei binari e gestisce il traffico ferroviario in ogni suo contesto (anche quello dell’alta velocità che a noi interessa). Grandi stazioni, invece, è un gruppo che controlla 14 stazioni Italiane molte delle quali raggiunte dai treni veloci.
A questo punto non serve la teoria economica per capire che viaggiare sulle strade del rivale per arrivare in casa sua non è così vantaggioso per i concorrenti.
Si possono causare ritardi gestendo con un occhio di riguardo i treni di Trenitalia o si possono assegnare delle fasce orarie privilegiate a qualcuno e lasciare le rimanenze ai nuovi arrivati.
Grazie alla gestione di Grandi stazioni (e Centostazioni altra società gestita dal gruppo) si possono allocare desk informativi e biglietterie in zone non comode da raggiungere o di dimensioni inadatte.
Certo è che NTV non ha tardato nel denunciare tutto all’autorità competente (AGCM). Si è intervenuti limitando molti di questi problemi.
Il prezzo del pedaggio si è ridotto ulteriormente, molti più orari sono stati assegnati al nuovo entrante e maggiore impegno è stato richiesto alle gestioni per la localizzazione di desk e pubblicità.
Allora è andato tutto come doveva ? Certo che no. Il vantaggio informativo che Trenitalia può ottenere da queste aziende è immenso e può essere usato in modo strategico per anticipare le mosse dell’avversario e adottare comportamenti che limitano l’accrescimento dei bilanci di NTV.
La seconda ragione per cui non si parla ancora di mercato concorrenziale è data dall’identità dell’investitore del gruppo: lo Stato. Pochi vincoli di investimento, o almeno non quanti se ne profilano nel mondo privato, soprattutto se consideriamo che ancora oggi non esiste un bilancio separato per l’AV e quindi le cosiddette “sovvenzioni” potrebbero anche essere usate completamente in quel segmento per combattere il rivale attraverso promozioni (che aumentino gli switching cost per i clienti) o investimenti.
Proprio questi ultimi possono assumere una duplice natura che non è poi così facile da dimostrare. Da un lato si può investire per crescere ed aumentare la capacità per un eventuale incremento della domanda di mercato e dall’altro si può giocare in modo strategico rendendo la vita al rivale più costosa e minacciando comportamenti aggressivi verso altri potenziali entranti. Non dimentichiamoci che questo è un settore ancora troppo concentrato con asimmetrie fortissime, altri entranti sarebbero graditi dai consumatori per incrementare il proprio surplus.
Ed è qui che le autorità hanno da lavorare tantissimo, è realmente molto difficile discernere la natura degli investimenti ma quelli per limitare la concorrenza non potrebbero essere tollerati.
Ntv sta combattendo contro qualcuno che non ha vincoli di risorse e nemmeno vincoli informativi verso terzi. Si può combattere contro qualcuno protetto dallo Stato che non può mai fallire?
Direi che date le premesse l’unica risposta possibile è davvero scoraggiante.
L’idea di liberalizzare un mercato può essere condivisibile o meno, ma se si avvia un programma di questo tipo è chiaro che lo si fa nel migliore dei modi rispettando il principio liberale che lo guida.
Lo si fa considerando che uno scenario con più imprese può aumentare non di poco il surplus di tutti i consumatori.
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